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Si possono recuperare senso di appartenenza e identità cittadina?

Due recenti segnali fanno ben sperare!

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Chi ha già avuto modo di leggere i miei precedenti interventi su questa stessa piattaforma sa bene che ho più di una volta sottolineato l’anomalia che caratterizza la storia recente di San Salvo e le sue immediate conseguenze in termini di tessuto sociale.

Mi riferisco all’analisi che avevo fatto e ai risultati che ne erano scaturiti. Senza che con questa mia analisi abbia voluto individuare colpe o responsabili. Ho semplicemente cercato di risalire alle cause e tentato di immaginare possibili rimedi. Giusto per fissare i termini del discorso, devo precisare che mi riferisco all’abnorme incremento demografico degli ultimi cinquant’anni e al conseguente, indistinto meticciamento della popolazione che ha registrato nell’ordine: - flussi migratori dal nord dell’Italia (operai, impiegati, dirigenti già colà occupati, in grado di avviare le produzioni presso i nuovi, grandi insediamenti industriali nati a San Salvo) - contemporanei, imponenti flussi migratori provenienti dai paesi limitrofi, ma anche da un’area territoriale abbastanza estesa (principalmente Molise, Puglia e Campania) - significativi arrivi di stranieri (recentemente stimati in oltre l’8% della popolazione).

La prima e più evidente conseguenza (in termini sociologici) di questa esplosione demografica è stata l’inevitabile, accentuata diluizione del senso di appartenenza alla comunità, alla storia cittadina e alle stesse tradizioni locali: insomma una sorta di generalizzata perdita di identità collettiva. Ovviamente con l’eccezione di una quota (non so quanto rilevante) della popolazione originariamente sansalvese (o se si preferisce salvanese, come solo al suo interno si continua a dire). Che non sia una mia fissazione, questa che io definisco anomalia, lo dimostrano mille testimonianze, di ogni genere. Solo per fare un esempio (emblematico per questi tempi) citerò l’assoluta povertà delle notizie rintracciabili alla voce ‘San Salvo’ di Wikipedia, quell’encomiabile serbatoio di notizie che riserva ben altro trattamento a centri sicuramente meno rilevanti di San Salvo, sotto ogni profilo. Segno che non c’è chi abbia sentito la naturale spinta a impegnarsi per pubblicizzare ogni possibile informazione sulla città.

D’altronde, che non si tratti di una mia ingiustificata convinzione, lo testimonia anche l’annosa querelle sulla irrinunciabile rivitalizzazione del centro storico (sbandierata e affrontata dalla politica di destra e di sinistra, ma sempre senza risultati; continuamente rivendicata dai commercianti; agitata contro gli investimenti per la marina; e così via) ... querelle mai risolta.

Forse mai affrontata con programmi credibili, pensati senza dover rincorrere il consenso elettorale spicciolo, a destra e a sinistra. Questa è la mia convinzione, e vi assicuro che mi non mi dispiacerebbe se qualcuno potesse motivatamente confutarla. Non è però mia intenzione arrendermi, neanche all’evidenza. E perciò ho deciso di leggere nel senso più positivo possibile e prospetticamente incoraggiante le due circostanze che recentemente mi hanno fatto intravedere la possibilità che le cose possano cambiare... perfino a San Salvo. E che può forse bastare (per cominciare a far nascere l’attaccamento al posto dove si vive) l’individuazione dei percorsi più opportuni da tracciare e poi seguire.

Gli antichi romani, fra le tante che si sono inventate, ne avevano in qualche modo trovato la formula; l’avevano chiamata Genius loci. Ecco! Per San Salvo ci sarebbe la necessità di individuare il suo Genius loci, e magari anche più d’uno. Si potrebbe cominciare, tanto per non parlare di cose astratte, da un intervento apparso solo un paio di giorni fa su sansalvo.net intitolato “Le antiche mura e i tesori nascosti della nostra San Salvo”. Finalmente, direi. Ma mi accorgo che quel ‘finalmente’ potrebbe suonare come un rimprovero. E invece è soltanto un vero e proprio grido liberatorio, di approvazione.

La storia tenta di riappropriarsi, con le parole del prof. Giovanni Artese, del suo imprescindibile ruolo di tessuto connettivo di una comunità che, evidentemente e solo per incidentem, aveva perso il filo della memoria, travolto dall’invasione di tante altre memorie singole che sono andate sempre più sovrapponendosi fra loro, senza mai nemmeno cercare di scoprire la memoria storica del luogo e tanto meno di integrarsi con lei. La promessa che altri capitoli si aggiungeranno a questo primo assaggio di storia locale lascia sperare che la passione del prof. Artese possa diventare veicolo di contagio profondo e trasformarsi in autentica, augurabile pandemia, premessa per la possibile rinascita di quella consapevolezza che, sola, può giustificare tesi del tipo “sventurato quel popolo che perde la memoria collettiva”. Ma dicevo di due circostanze che mi hanno fatto pensare a una possibile inversione di tendenza.

E infatti, ancor prima di leggere le già citate note a firma Napolitano/Artese, precisamente lo scorso 18 settembre, ho assistito al concerto del Gruppo bandistico Città di San Salvo, eseguito nel Teatro del Centro Servizi Culturali Aldo Moro, in conclusione di una Master Class (di cui ho già scritto). Mi meravigliò, in quell’occasione, la partecipazione corale di un pubblico numeroso e coinvolto fino ai limiti della commozione, come solo a una banda riesce di fare.

E va bene pure che i musicisti erano tanti e che i relativi parenti bastavano forse da soli a riempire la sala. Ma non era solo questione di numeri. Sembrava davvero di essere in un paese ‘non anomalo’ (e deliberatamente non dico normale, per non urtare la suscettibilità di nessuno). Voglio dire che in ogni paese che si ritrova intorno alle sue tradizioni, la banda è da sempre elemento identificante, coagulante, emozionante; è un po’ quello che succede, soprattutto dopo la spolverata che ha fatto il mai sufficientemente rimpianto Presidente Ciampi, quando ascoltiamo l’inno di Mameli, e magari ascoltandolo cerchiamo anche di cantarci su, come possiamo, come sappiamo, anche male!

Per concludere: che siano la storia e la musica i veicoli giusti per seminare e aspettare che cresca un rinnovato spirito di appartenenza cittadino, esteso ai nuovi arrivati, e anche ai nuovissimi? Penso proprio che si possa spingere, e anche con forza, su questi due vettori, ma è indispensabile la volontà di riuscire nell’impresa. Perché altrimenti, senza convinzione, è quasi sicuro che l’esperimento è destinato all’ennesimo insuccesso. Ne sono convinto, tanto più che perfino io, che ne sono soltanto ospite saltuario, a San Salvo ho finito per affezionarmici.

Sarà perché provengo da un paese dove storia e banda civica sono da sempre patrimonio vivo, vitale e condiviso!

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