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Giuseppe Garibaldi riparò nell'abitato di San Salvo

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Giuseppe Garibaldi, con il crollo della Repubblica avvenuto nell'anno 1849, fu inseguito dalla soldatesche francesi e, dopo numerose e tormentate peregrinazioni riparò anche nell'abitato di San Salvo. Sui libri di storia non è fatto nessun accenno, ma gli anziani sansalvesi continuano a parlarne con decisa convinzione. L'eroe dei due mondi, nei primi giorni di febbraio del 1849, era a Roma a difendere la Repubblica contro l'esercito francese accorso in aiuto dello Stato Pontificio. Il 30 aprile l'esercito garibaldino ''uscì da Porta San Pancrazio e, dopo una violenta battaglia, riuscì a sconfiggere le forze nemiche francesi formate da circa 5000 soldati e guidate dal generale Oudinot. Caduta la Repubblica, Garibaldi fu costretto a darsi alla fuga insieme ad un manipolo di compagni, tra i quali Silvio Ciccarone, anch'esso garibaldino, originario di Vasto. Risalì il Tevere e, con mezzi di fortuna entrò nel territorio abruzzese-molisano. Seguì il corso del fiume Trigno e dopo durissimo viaggio si trovò nei pressi dell'abitato di San Salvo. Stanco e affamato percorse insieme ai compagni le strada di Madonna delle Grazie e della Fontana Vecchia (la salite de la fonde) in cerca di qualche rifugio. Rifugio che trovò quasi subito nel sottoscala della famiglia Napolitano, attualmente di proprietà di Mimì Napolitano, attiguo alla casa dei ''Cilli'' (demolita negli anni 60) ora trasformata in un luogo di cultura che ha preso il nome di ''Porte de la Terre''. Appena spuntò il giorno, il generale riprese la fuga e, marciando attraverso un viottolo del tenimento della famiglia dei ''Nasci'' arrivò alla foce del torrente Buonanotte, dove era atteso da alcuni amici. A bordo di un bragozzo da pesca giunse in terra marchigiana, per proseguire verso San Marino. Eludendo le navi austriache, il generale arrivò a Cesenatico, per proseguire la mattina dopo alla volta delle valli di Comacchio, dove in una vecchia cascina si spense Anita, l'eroica compagna della sua vita.
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