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Lo sguardo del passato - Parte seconda

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''Sono contenta che la cena sia stata di tuo gradimento, Clark''. Vanja gli si stringe al braccio mentre escono dal ristorante. E' insolito che sia lei ad organizzare una serata del genere. Sorridono entrambi mentre si dirigono verso l'auto di Vanja. L'aria è meno fresca di quel che poteva sembrare. Anche se il locale era ben riscaldato Clark sente di aver esagerato un po' abbottonando fino al colletto l'impermeabile. ''Però adesso guidi tu, ok Clar?'' dice Vanja porgendogli le chiavi dell'auto. Dallo sguardo di lei capisce che c'è dell'altro che intenda dire. Un angolo della sua bocca accenna ad un sorriso di assenso mentre le prende le chiavi dalla mano. ''Ok, mia signora. Mi permetta di aprirle lo sportello della sua pregiata utilitaria''. E' una piccola auto da città a tre porte che Clark le ha regalato ben sapendo che le sarebbe piaciuta. In realtà piace anche a lui e a volte le chiede di prestargliela nelle giornate di intenso traffico. Anche se Clark sta simulando una gentilezza teatrale, per Vanja è l'uomo più gentile del mondo e quando scherza in questa maniera ne è divertita. Dopo aver disattivato l'allarme col telecomando, Clark, continua nella sua dissimulazione di un ipotetico chauffeur aprendole la portiera e facendola accomodare. Quando passa alla guida la sua aria distinta e gentile si trasforma in un sorriso dando termine alla breve farsa. Non eccede mai negli scherzi e Vanja lo sa. Ne è affascinata anche perché lui, pur sapendolo, non ha mai dimostrato di approfittarne. Non c'è bisogno di molte parole. Clark sa di doversi dirigere a casa di Vanja: è in ogni caso lì che ha lasciato la sua auto. Quando scendono, dopo aver parcheggiato l'auto nell'interrato, i due continuano ad essere di buon umore. Clark la accompagna all'ascensore tenendola stretta per la vita. Quando si stanno per aprire le porte automatiche Clark accenna ad un bacio di commiato. Vanja lo respinge: ''Pensi di terminare così la serata?''. Lo prende per mano e lo tira dentro con se. ''Ho capito'', dice Clark con la sua solita ironia, ''Intendi continuare a casa tua gli esperimenti iniziati in laboratorio, vero?''. Lei sorride e lo bacia mentre l'ascensore si avvia. In casa Vanja accende solo le luci soffuse. Ha sempre dei cd con musica soft nel lettore. Le basta toccare il tasto di accensione e calde note si diffondono in sottofondo. Una carezzina a Javan, tranquilla nel suo cestino. ''Ti preparo il solito drink, gioiellino mio?'' le chiede togliendosi l'impermeabile. ''Buono come lo sai fare tu, Clar''. Mentre sul banco del bar Clark prepara con mani esperte la bevanda, Vanja lo abbraccia da dietro e si stringe forte a lui: ''Devo sapere tutto di te'' gli dice con un filo di voce. Allenta la presa per permettergli di girarsi. Prende il bicchiere dalla mano di lui. ''Cosa vuoi sapere?'' ''Mi dicesti: 'Non mi conosci per quello che sono'. Beh, voglio conoscerti per quello che sei, Clark''. Fuori, attraverso la grande finestra del soggiorno, la città vive nel buio. Come in un magico silenzio. Lui la prende per mano ed insieme si accomodano sul divano. ''Tante volte mi sono chiesto anch'io chi sono, Vanja. Ho sempre cercato di scoprirlo. Mi sono spesso tormentato con domande tipo 'chi sono?' o 'cosa sono?'. Quando invece mi chiedevo cosa volessi diventare lo sapevo: una persona normale, con una vita tranquilla. Magari con la possibilità di fare qualcosa di buono''. La dolce gattina abbandona il suo cestino e si ferma ai piedi dei due. Una breve pausa in attesa dell'assenso di Vanja. Poi, con un piccolo balzo, eccola sulle gambe di Vanja. ''La vita'', continua Clark, ''è più che una ciotola di bocconcini, delle gambe su cui riposare e di una quantità spropositata di coccole. La vita è creare. La vita è migliorare. E' imparare a non sbagliare. E finché non trovi il tuo equilibrio continui ad avere paura di sbagliare''. ''Ma Clar, siamo umani! Non smetteremo mai di sbagliare!''. Clark accenna una smorfia di sofferenza. Un lungo attimo di silenzio. ''Quando vivi nel rimorso di grandi errori commessi nella vita...''. Clark si interrompe nuovamente. Vanja vorrebbe chiedergli ''Quali errori?'', ma sceglie di non farlo. Gli si avvicina e gli cinge le spalle con un braccio. Rispettando il suo silenzio cerca di infondergli il coraggio necessario per continuare. Clark riempie i polmoni e riprende: ''Ci sono errori ai quali non c'è rimedio. Errori che, nonostante il trascorrere degli anni, continuano a raggiungerti''. Si alza. Aggira il divano e raggiunge la vetrata. Il buio avvolge ormai non solo la città ma anche l'animo di Clark. Con un filo di voce confessa: ''Ho ucciso mia madre... e ho contribuito alla morte di altre due donne''. Si volta verso di lei: ''Non posso permettermi di sbagliare con te!''. Con due silenziose lacrime che le solcano il viso Vanja lo raggiunge. Gli prende le mani: ''Ho fiducia in te. Lo sai''. Lo bacia teneramente. Tornati a sedere sul divano i due si lasciano andare. Vanja sente di desiderarlo più di ogni altra volta. Gli sbottona la camicia e lo bacia sul collo. La mano che gli accarezza il petto scende sui fianchi. Clark le ferma dolcemente la mano. Le sorride. ''E' vero'' dice Vanja. Ha sempre ammirato la ferrea volontà di Clark di non eccedere in queste cose. ''Devi scusarmi ma...''. Clark le impedisce di continuare. Con delicatezza le posa un dito sulle labbra. ''No. Non devi scusarti. Fa anche a me lo stessa effetto''. Con un breve, morbido bacio sulle labbra Clark le fa realizzare che è arrivato il momento di andare. Si ricompone. Prende il suo impermeabile e dà un ultimo bacio a Vanja: ''A domani''. Mentre la porta d'ingresso si richiude Vanja si chiede cosa sia quella sensazione che si è impossessata di lei: dolore? Gioia? Desolazione?. O forse tutto insieme? I suoi occhi devono continuare a vederlo. Si avvia verso la finestra. Attraverso i vetri guarda giù, in strada, in attesa che lui raggiunga la sua auto parcheggiata dall'altra parte della strada. Ma quello che sta entrando in auto non può essere lui. Non potrebbe aver avuto il tempo di scendere in ascensore, attraversare la strada e arrivare all'auto in così poco tempo. ''Oh mioddio!'' esclama. Potrebbe essere un ladro, pensa. E potrebbe aggredire Clark mentre lo coglie in flagrante! Riconosce Clark mentre attraversa la strada di corsa. Si dirige esattamente verso l'auto. Apre la portiera e si scaglia contro l'uomo. Ne scaturisce una colluttazione. Non c'è tempo da perdere. Vanja prende il suo cellulare e corre verso uno dei due ascensori. Si aprono le porte dell'altro. Lei vi entra di corsa. Preme il pulsante di terra. Una volta chiusa dentro si pente di non essere scesa a piedi: l'ascensore sembra lentissimo. Cosa ne sarà di Clark? Venti lunghissimi secondi. Poi le porte si aprono. Vanja corre lungo l'atrio d'ingresso. Apre il portone con un vigore spaventoso. I due uomini sono a terra, tra il marciapiede e la strada, davanti il cofano dell'auto. Clark è sopra il malvivente e sta per colpirlo con qualcosa di molto pesante. Le sue mani stanno per vibrare il colpo che potrebbe uccidere l'uomo quando un urlo echeggia dall'altra parte della strada: ''No! Clark, non farlo!''. E' Vanja, terrorizzata. Clark rimane immobile con un pesante blocco di marmo tra le mani, al di sopra del suo capo. Attimi di smarrimento preziosi per il malvivente. Con una mossa fulminea riesce a sbalzare Clark di lato e a fuggire via. Il blocco di marmo cade a terra fragorosamente spezzandosi in due. ''Clark! Stai bene?'' grida Vanja mentre lo raggiunge. Prendendo fra le mani il volto di lui nota un rivolo di sangue ad un angolo della bocca. Clark è sgomento più che ferito: ''Avrei potuto ucciderlo''. Il blocco che stava per usare è un pezzo di cordolo del malandato marciapiede. Uno dei tanti che le abbondanti piogge dei giorni precedenti avevano distaccato. Vanja rabbrividisce pensando se Clark l'avesse usato. Lo aiuta ad alzarsi: ''Vieni su da me. Ho del disinfettante per le ferite''. ''No, no...Sto bene. Non è nulla'' le risponde cercando di assumere un tono rassicurante. Vanja ricorda d'aver lasciato la porta di casa aperta ma non è così importante. ''Sicuro? Vuoi che ti accompagni io a casa?''. ''No, ce la faccio Vanja''. ''Telefonami non appena arrivi, ok?'' ''Ok''. Clark la bacia. Lei gli si stringe forte. Si è spaventata molto: Clark la sente tremare. ''Ora va a farti una bella doccia'' le dice '' Farò anch'io lo stesso''. La strada è deserta. Ma Clark attende in ogni caso che Vanja raggiunga il portone del palazzo e vi entri. Un ultimo sguardo tra di loro. Poi il portone si chiude. Clark entra in auto. Si accorge spossato e non solo fisicamente. La portiera non chiude perfettamente ma non è questo che lo preoccupa. Ritrova un po' di energie. Accende il motore e si dirige verso casa.
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