Il gelo è pungente, ti morde il volto come un cane rabbioso azzanna il nemico... ti sferza le carni e ti ricorda che sei arrivato... c'è un silenzio assurdo, quasi irreale. Nicola mi guarda e dice: ''Sembra un set cinematografico''. Tutto è immobile, fisso, come gli sguardi assenti presenti dei prigionieri. Siamo ad Auschwitz, conosciuto in tutto il mondo come il luogo dello sterminio. Un milione e mezzo di persone, un milione e mezzo di persone eliminate sistematicamente e con logica. Già , proprio come la antica caserma in cui si allestisce il campo degli orrori. Il filo spinato circonda quel lembo di terra, lo isola. Ma l'isolamento più feroce è garantito dal silenzio e da quel vento che disperde le grida, ma nello stesso tempo ti sferza il volto. Mentre camminiamo, lentamente, per girare un documentario per TRSP con Nicola Cinquina, osserviamo minuziosamente i particolari: un ordine perfetto, proprio come la mentalità nazista, ogni piccolo mattone ricorda qualcosa. Adesso il campo è un museo: ricorda a tutti l'infamia dell'uomo, la sua sete avida di potere spinto fino all'estremo. Ammonisce contro le ingiustizie del pianeta, quelle che si consumano ogni giorno all'ombra del consumismo di oggi e quelle che si sono consumate ieri sotto la protezione del desiderio di potere. Quante volte abbiamo visto in televisione quelle immagini, quelle foto scattate all'indomani della scoperta del campo. Quante testimonianze si sono alternate, quanti video sono stati girati... Eppure il dramma continua a consumarsi in tante altre Auschwitz del mondo. Le riflessioni si alternano veloci, rapide come il pensiero e come quel vento che implacabile continua a soffiare. Se non si moriva assiderati o di stenti ci pensava il Ciclon B, quella molecola studiata appositamente per una eliminazione cruda ma inodore. Che paradosso, quella stessa molecola viene utilizzata oggi per i sistemi abortivi dell'uomo contemporaneo. La logica di morte non si ferma mai, continua: sembra essere insita nello spirito del male. Le parole mi si fermano sulle labbra mentre cerco di fare dei commenti. E' che i pensieri scorrono veloci, ma in questo caso sono inutili, me ne accorgo anche mentre scrivo questo piccolo pensiero... Sono inutili le parole perché non cambiano il corso della storia, come sembra voler ammonire Massimiliano Kolbe, ucciso al posto di un giovane padre in questo campo di sterminio.