Il novecento, quel secolo ventesimo dell'era cristiana che abbiamo appena lasciato, è da considerarsi, nella storia della civiltà occidentale, come un tempo di passaggio, in cui sono avvenute, più o meno rapidamente, grandi trasformazioni, sia nell'organizzazione politica ed economica delle società sia nell'organizzazione del lavoro. In entrambi i casi è stato un secolo cerniera: uno snodo fra un modo vecchio di concepire il mondo e di interpretarlo e un modo tutto nuovo, frutto di conquiste sociali e tecnologiche.
Ma i mestieri più remunerativi e professionali si svolgevano nelle botteghe: falegnami, fabbri ferrai, stagnini, calzolai, bottai, sarti, barbieri, orefici, tessitrici. Non c'erano nei paesi i negozi che ci sono ora: quei pochi vestiti che si confezionavano (in occasione della festa del Santo Patrono) venivano cuciti dal sarto, su misura; e così avveniva per le scarpe realizzate su misura anch'esse dal calzolaio; così pure si procedeva per tutti gli altri oggetti della casa, dal tavolo tondo al letto, dall'armadio alla tinozza, dalla coperta di ciniglia ai lenzuoli ricamati, dalla botte per il vino agli attrezzi del lavoro di terra o di mare.
Riscoprire i mestieri artigiani ormai scomparsi insieme a un mondo di competenze, di abilità manuali ricco e variegato vuol dire mantenere viva l’anima di un territorio .
Attraverso il racconto di mestieri dimenticati si dipanano pagine di storia della società italiana del centro Italia in un affascinante viaggio nel tempo, tra nostalgia e ricerca storica.
La conoscenza delle tradizioni e delle radici storiche della nostra realtà, riferibili alle diffuse “manualità” presenti nella nostra Regione, possa rappresentare l’ideale viatico per l’individuazione dei percorsi e degli obiettivi ideali utili all’accrescimento culturale e imprenditoriale dei soggetti economici.