Durante le vacanze estive ho avuto il piacere di intervistare una giovane attrice italiana, che per esigenze lavorative si è dovuta trasferire in America. Una intervista fuori dagli schemi che però ha di nuovo evidenziato un fenomeno di cui tutti parlano ma pochi hanno il coraggio (come Maria Chiara ndr) di denunciare apertamente: “la fuga dei cervelli”. Tutti, o quasi, conosciamo questo fenomeno, ovvero, la diffusa emigrazione verso paesi stranieri di persone di talento o alta specializzazione professionale. Il fatto che giovani neolaureati e neodottorati vadano a lavorare in università e centri di ricerca di altre nazioni può essere considerato anche fisiologico, al giorno d'oggi, perché connaturato alla forte globalizzazione attuale della ricerca. Quello che però dovrebbe preoccuparci maggiormente è la nascita di un nuovo trend in cui a scappare verso paesi stranieri sono anche le persone attive in ambienti artistici e mediatici. Un esempio lampante di questa situazione é la giovane attrice italiana, Maria Chiara Sozzi, appunto la protagonista della mia intervista.
La sua carriera é iniziata alla tenera età di otto anni come testimonial di una nota marca di yoghurt, successivamente con la conduzione di telepiù bambini era già una piccola star. Col passare degli anni, diventata ormai adolescente, oltre ad essere il volto di svariate campagne pubblicitarie, interpretava ruoli mature per film, tra cui possiamo citare “Facciamo Paradiso” di Mario Monicelli, e militava nella compagnia del Piccolo Teatro diretta da Walter Pagliaro. Recentemente ha collaborato a spettacoli teatrali con regia di Nuccio Ambrosino e Stefano Fiorentino.
Ma come per I migliori esponenti dell’ambito scientifico italiano anche I giovani attori si sono dovuti arrendere all’evidente mancanza di prospettive nel loro paese, e quindi Maria Chiara ha deciso di partire per New York, dove la sua già avviata carriera potrà trovare modo di sfociare pienamente.
Maria Chiara pensi che la tua esperienza sia affiancabile a quella del fenomeno della fuga dei cervelli?
Credo che sia possibile affiancare le due cose in generale ma per me l opportunità di stare a New York é incredibile perché ci pensavo già da bambina.
Se un giovane attore ti chiedesse come fare per farcela in questo ambiente,tu cosa gli consiglieresti?
Gli direi innanzitutto di prendere questo mestiere sul serio,di farsi le ossa,di studiare.Il resto se deve essere viene da se.
Cosa ne pensi e cosa ti piace del sistema di lavoro del tuo settore negli stati uniti?
Innanzitutto gli USA sono un paese meritocratico, dove il talento e il senso della professionalità contano.Lavorare sodo e avere una morale, essere onesti e premiante. Scalare la struttura piramidale é semplice se dimostri impegno e dedizione.Ovviamente non faccio di tutta l’erba un fascio, in Italia ci sono un sacco di bravi talenti,purtroppo é più facile che passino inosservati.
Con questo crescente trend di fuga di attori oltreoceano non hai paura di essere circoscritta in un ambiente di lavoro prettamente italiano o ottenere solamente parti in cui ci sia bisogno di un accento italiano?
Si.Ma credo molto nell’apertura mentale americana, li tutti hanno la stessa possibilità di riuscire o di ottenere un ruolo e peraltro é pieno di ottime scuole, dove poter affinare la tecnica, soprattutto per l’accento.
Preferisci il cinema o il teatro, perché?
Mi piacciono entrambi per motivazioni diverse, il teatro é grandioso per il contatto con il pubblico, invece il cinema ti da la possibilità di immergerti completamente nel personaggio, e quindi vivere quasi la vita di un altra persona.
Per concludere, quali sono le cose che ti piacciono di te, e quelle che non ti piacciono?
Mi piace molto di me la mia positività anche nelle situazioni più nere e il fatto che non mi prendo mai troppo sul serio.Quelle che non mi piacciono sono probabilmente quelle che non piacciono neanche agli altri ma se é vero che nessuno cambia, c’è tempo per imparare.
Ercole Michele d’Ercole
Direttore Responsabile de “San Salvo News Week”