«Siamo in grandi difficoltà. La sfida per superare la crisi è stata accettata da noi e dai sindacati, manca ancora il terzo interlocutore: la politica». Con queste parole Graziano Marcovecchio, direttore della Pilkington, venerdì scorso aveva sottolineato l’impegno congiunto di aziende e sindacati per trovare una via d’uscita, seppur dolorosa, al delicato momento che colpisce il settore auto. Le strade per ora si chiamano contratti di solidarietà e cassa integrazione. Strumenti per congelare i livelli occupazionali che inevitabilmente hanno effetti sulle buste paga mensili.
Per la Pilkington, a fine giugno, l’accordo per l’applicazione dei contratti di solidarietà sottoscritto da sindacati (Cgil, Cisl e Uil) e dirigenza era accompagnato dal motto «lavorare tutti, lavorare meno». Da lunedì circa 500 dipendenti su 1.804 sono a casa e vi resteranno fino al primo ottobre (escluso il reparto Accoppiato Crs, che non lavorerà anche la prossima settimana). La solidarietà sarà adottata per tutti i reparti a seconda delle necessità di rallentamento della produzione dell’azienda.
È complessa anche la situazione di Primo e Bravo, del gruppo Pilkington. Tra i due stabilimenti è alto il numero degli interinali fra gli oltre 500 occupati complessivi. Giovani e senza particolari tutele contrattuali, sono proprio loro l’anello debole nella gerarchia dei lavoratori. La Bravo sta riducendo del 10% la loro presenza; nella prima settimana di ottobre almeno una ventina rimarrà a casa.
A qualche centinaio di metri c’è la Denso che cerca una luce in fondo al tunnel con il recente investimento di oltre 38 milioni di euro per un nuovo alternatore. L’innovazione tecnologica dello stabilimento è stato più volte messo in risalto. L’ultima qualche mese fa dal vicepresidente della Regione, Alfredo Castiglione, in visita ufficiale. Nel convegno ‘Lavoro & Welfare’ Marco Mari, dirigente della fabbrica sansalvese, ha posto inoltre l’accento sull’importante ruolo della formazione e dell’interazione azienda-scuola.
Intanto, per i 1.009 dipendenti le ore di cassa integrazione ordinaria (CIGO) sono in aumento. Si è passati da una settimana al mese di giugno a due settimane da luglio. Il sentore è che si passi presto a tre settimane, ovvero oltre il 50% delle ore lavorate.
L’eccezione nel territorio pare essere una delle imprese insediatesi nei grandi capannoni dell’ex-Golden Lady di Gissi. La Silda Invest ha riassorbito circa 240 operai prima alle dipendenze di Nerino Grassi. Fra qualche giorno, a fine mese, si concluderà la fase di formazione e per i neo-assunti dell’azienda calzaturiera inizierà il lavoro vero e proprio con contratto a tempo indeterminato.
Differente il discorso per l’altra azienda che ha deciso di investire in val Sinello. La New Trade di Prato, del settore tessile, avrebbe dovuto dare nuovamente lavoro a circa 115 operai ex-Golden Lady. Il rientro a scaglioni era così previsto: 50 a luglio 2012, 25 a gennaio 2013 e il resto a partire da luglio 2013. La ripartenza prevista per luglio è slittata a settembre. Nuovamente posticipata al primo ottobre, pare destinata a un nuovo rinvio a causa di lungaggini burocratiche. Critici i sindacati che, insieme alle stesse istituzioni, avevano raggiunto l’importante accordo siglato nel maggio scorso al Ministero dello Sviluppo Economico. Rucci (Cgil), Schioppa (Uil) e Zerra (Cisl) hanno inoltrato una richiesta ufficiale allo stesso Ministero, ai presidenti di Regione e Provincia, all'assessore regionale al lavoro Gatti, alla società impegnata nella valutazione dei progetti di riconversione, la Wollo, e al sindaco di Gissi per conoscere i motivi di tale ritardo.
Infine, 277 dipendenti del Pantalonificio d'Abruzzo (del gruppo Canali, sempre a Gissi) attendono notizie sugli ammortizzatori sociali che la società intende usare per fronteggiare il calo di ordinativi.