Licenziamenti dopo 10 giorni di prova alla New Trade, «I sindacati rivedano l'accordo»

Dubbi sulle reali esigenze di manodopera dell'azienda che dovrebbe assumere 115 dipendenti

Antonino Dolce
27/11/2012
Attualità
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Domenica negli ex-capannoni della Golden Lady è stato inaugurato l’outlet di Del Gatto collegato alla Silda Invest, azienda calzaturiera che produce scarpe di fascia medio-alta. Ma il destino dei lavoratori prima alle dipendenze di Nerino Grassi è lo stesso per tutti e 365?
Ad ascoltare i licenziati della New Trade – la ditta pratese stabilitasi nell’altra ala dello stabilimento in Val Sinello – si direbbe di no.

 

Il luogo è lo stesso di sei mesi fa quando la ‘V’ di ‘Vittoria’ salutava l’accordo raggiunto. Il bar ‘L’incontro’, di fronte lo stabilimento, è anch’esso un simbolo della travagliata storia della Golden Lady che a un certo punto decide di delocalizzare in Serbia. Lì l’ultimo sabato di tanti mesi si sono radunati gli operai per dei sit-in diventati appuntamento fisso. Sempre lì a fine maggio le tre sigle sindacali hanno illustrato i dettagli dell’accordo firmato a Roma.
E sempre lì, ieri, i licenziati dalla New Trade si sono nuovamente incontrati con animi ben diversi.
Raccontano: «Dei 50 assunti, 20 sono già fuori. Alcuni, come noi 7 non abbiamo firmato le dimissioni, ma la maggior parte sì».
Mostrano la lettera ricevuta a casa: «Siamo spiacenti di comunicarle il Suo licenziamento con effetto immediato per mancato superamento del periodo di prova». Già, il periodo di prova. L’accordo prevede un mese di prova, ma loro sono stati licenziati dopo 10 giorni e, assicurano, altri dopo anche meno. «Come hanno fatto a valutarmi in 10 giorni dopo che per più di vent’anni ho fatto il carrellista per la Golden Lady?».

Gli ex-dipendenti della New Trade vorrebbero che anche i sindacati intervenissero: «Ci sentiamo abbandonati. Ci è stata tolta la dignità. C’è gente che per decenni ha lavorato sulle macchine più complesse della Golden Lady e si è sentita dire di non essere adatta al semplice smistamento». Nello stabilimento, infatti, non c’è nessun ciclo produttivo, il lavoro consiste nello smistamento di indumenti provenienti dalla raccolta differenziata in più passaggi.


Oggi i sette licenziati che non hanno firmato la lettera presentata dall’azienda sono sicuri che la riconversione non è avvenuta, o meglio, non è avvenuta del tutto. C’è un grande punto interrogativo sulle reali esigenze occupazionali della New Trade: «Dovevano essere assunti in 50 in un primo momento, ora ne sono 20. Perché non chiamano chi è a casa in attesa? Perché non ci sono ancora i turni? Inoltre il mese di ottobre non è stato ancora pagato. Bisogna rivedere l’accordo e cercare un’azienda realmente decisa a investire qui».


Il punto dell’esigenza di manodopera è centrale. La sede di Prato della New Trade ha circa 30 dipendenti, l’accordo per Gissi ne prevede 115. Pare che mentre in Abruzzo si festeggiava l’accordo, in Toscana le strade degli operai dell’azienda si complicassero.
Ce lo conferma il segretario della Filcams-Cgil di Prato, Alberto Santini: «La sorpresa per i dipendenti della New Trade di Prato è arrivata al rientro dalle ferie di agosto. Ai lavoratori è stato detto di non tornare a lavoro, se non dietro chiamata. Abbiamo provato a contattare Cozzolino, il proprietario, per concordare la cassa integrazione. Ci è stato risposto che apriva in Abruzzo. Sono partite le prima quattro lettere di licenziamento e noi abbiamo aperto le relative procedure di contestazione. Ad oggi abbiamo inoltrato ben quattro richieste di incontro, cadute tutte nel vuoto. Nel frattempo sappiamo che sono partite altre lettere simili».

 

Fra due settimane ci sarà a Roma un nuovo incontro delle parti al ministero dello Sviluppo economico per capire cosa sta realmente accadendo. La speranza – dopo le numerose storie di delocalizzazione nell’Est Europa – è anche quella di non dover assistere a una guerra fra ‘poveri’ tra Toscana e Abruzzo.

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