Quando hai la fortuna di stare davanti ad una signora di 106 anni, delicata, gentile, sguardo dolce occhi vividi, viso ancora liscio (non ha mai usato cosmetici) e con la memoria ferrea, c’é soltanto da 'levarsi il cappello'. Reparata Travaglini (si fa chiamare zà Reparatùcce) abita in via Galilei con la figlia sposata con un sott’ufficiale dell’Aereonautica Militare, che l’accudisce con grande amore.
Nata a Casoli, si trasferì insieme alla sua famiglia nel 1913 a Montalfano (frazione di Cupello). I genitori avevano diversi appezzamenti di terra da coltivare. Il padre le affidò la pulizia dell’ovile. Verso gli undici anni non poté rinunciare a dare aiuto ai suoi genitori per la zappatura della vigna e per falciare il grano. Le piaceva molto ballare il salterello. E infatti quando venivano organizzate le feste nelle masserie dei suoi parenti era sempre la prima ad iniziare le danze. Il tempo passò veloce e Reparata diventò una bella ragazza e si sposò con Nicola De Cinque, sansalvese, un giovane di 'buon partito'. «Da bambina – racconta – io e la mia famiglia abitavamo in una masseria di Montalfano. Dovevo cucinare, ammonticchiare il letame e dare da mangiare l’avena ai cavalli e ai conigli. Non esisteva l’acquedotto, il pozzo fungeva da frigorifero. Ci alzavamo prima dell’alba e facevamo ritorno dopo la calata del sole. D’estate lavoravamo per più di 17 ore al giorno. Ci fermavamo, quando dovevamo mettere qualche fetta di pane, formaggio e frittata nello stomaco. Lavoravamo come bestie, ma eravamo felici. Durante la pulitura delle stalle e dello spargimento del letame, si scherzava e si cantava in coro. Ai giovani d’oggi, non manca nulla, eppure hanno la faccia triste. Mi ricordo a San Salvo un negozietto dove si poteva comprare un pò di pasta, di baccalà e di zucchero; era di una donna abbastanza anziana e che i clienti chiamavano Calarìssë. Vuoi sapere che cosa ho avuto da mio padre come regalo di nozze? Te lo dirò subito. Ho ricevuto un bidente e una falce fatti a mano. I soldi non esistevano. La gente per tirare a campare, s’inventava giorno per giorno qualcosa da fare. Ricordo di un uomo anziano che per avere qualche soldo, raccoglieva i batuffoli di lana che cadevano dal vello delle greggi transumanti; dopo averne fatta una matassa la vendeva in cambio di qualcosa da mettere sotto i denti».
Gli occhi di Reparata brillano come due perle. Quegli stessi occhi, che hanno visto scorrere più di un secolo di vita e due interminabili guerre mondiali. Hanno visto tante cose, belle e brutte. Una vita di lavoro, di sudore e di amore per la famiglia. «Arrivederci Reparata! Ci vedremo al prossimo traguardo dei 107». Mi guarda soltanto, resta in silenzio.