Sabatino Izzotti, ultimo erede della transumanza

La pasta con poche gocce di olio per tutto il giorno

Michele Molino
12/01/2014
Varie
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Un pastore che per tanti anni ha percorso le vie della transumanza ce lo immaginiamo dietro il gregge con un bastone in mano, la faccia segnata e rugosa come il tronco di un albero, la barba ispida e la schiena incurvata. Sabatino Izzotti, proviene da generazioni di pastori, ma non ha i tratti somatici del pastore. Settantacinque anni ben portati, viso liscio e luminoso, pochi capelli leggermente brizzolati, fisico atletico e possente.

Per mantenersi in forma, la mattina si reca alla pista di atletica 'Mennea' dove con passo spedito inanella una serie di giri. Ed ecco un squarcio della sua vita. Sabatino inizia a frequentare la scuola popolare a Macchia d’Arborea (frazione di Valle Castellana) borgo sperduto a 771 metri di altitudine. Dopo tanti sacrifici riesce a conseguire la licenza di scuola primaria. Il papà e i suoi due fratelli sono proprietari di circa 500 pecore.

Sabatino a 10 anni inizia a collaborare. A 14 anni la sua prima transumanza verso la Puglia attraverso le vie polverose dei tratturi. La transumanza iniziava tra la fine di settembre e la metà di ottobre con la partenza da Sant’Eufemia di Maiella, a piedi, sotto la pioggia dirompente e il vento freddo. Spesso, per bere, deve ricorrere all’acqua delle pozzanghere. Dorme all’addiaccio su pagliericci improvvisati. Unico pasto giornaliero: la pasta condita con poche gocce di olio e un po’ di siero.

Per mangiare un po’ di carne d’agnello o di formaggio deve aspettare le ricorrenze religiose del Natale e della Pasqua. La sera deve mungere e confezionare il formaggio. Si sveglia alle prime luci del mattino per proseguire il cammino. Una sera, prima di coricarsi, il padre e i suoi due fratelli prendono la decisione di aumentare i loro capi di bestiame. La mattina seguente, Sabatino, approfitta della fiera del bestiame di Foggia, monta sul cavallo e parte a galoppo. Acquista 150 pecore.

Mentre il gregge continua a pascolare sul pianoro del monte Sorbo di Gissi, Sabatino vede che alcune pecore fanno fatica a stare in piedi: hanno contratto un virus che ha intaccato loro la vista. Sabatino piange per la rabbia. Affida la custodia delle pecore, salta in groppa al cavallo e va a San Salvo in cerca di una farmacia. In poco tempo giunge alla farmacia 'Di Croce', che gli fornisce una bella 'cura' per le bestie ammalate.

Gli animali in una ventina di giorni tornano a brucare l’erba, perfettamente guariti. Ogni volta che la carovana attraversa il tratturo presso la marina di San Salvo, può riabbracciare suo zio Felice persona generosissima, a cui è molto legato. Zio Felice non si presentava mai senza niente, infatti portava polli, vino, pasta, riso, zucchero, olio e sale. Insomma non faceva mancare niente alla parentela. Sabatino a sua volta non faceva mai andare lo zio a mani vuote, pertanto gli faceva riportare a casa agnelli, pezzi di formaggi e ricotte.

Sabatino, a 17 anni si innamora di Rosa, una bellissima ragazza del suo paese. Vuole parlare ai suoi genitori e dopo un mese ottiene una risposta positiva per il matrimonio che viene celebrato a Valle Castellana il 24 agosto 1963. Rosa dona a Sabatino uno dopo l’altro tre figli. Nel 1969 va ad abitare a San Salvo Marina. Dopo qualche anno si trasferisce nel territorio di Mafalda dove continua ad accudire il gregge.

All’improvviso abbandona ogni cosa e parte per la Svizzera alla ricerca di offerte di lavoro. Fa il manovale per sette mesi. Purtroppo il richiamo del gregge, dell’ovile, dei pascoli e dei cani è più forte di lui. Torna a fare il pastore con il ricco possidente D’Ugo. Nel 1997, Sabatino, dopo una vita di duri sacrifici, abbandona definitivamente il gregge e i suoi cani fedeli. Giunge il momento del riposo. Abita in una splendida casa in mezzo al verde vicina al 'Vecchio Casale' da dove si vedono il mare e le montagne.

Ora seduto davanti al caminetto, può ricordare quando percorreva gli antichi e amati tratturi.

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