Il 'ponf' della forbice pneumatica del potatore

Una nota musicale nel pentagramma dei rami dei pescheti di San Salvo, sognando la 'Sansalvissima'

Ines Montanaro
09/02/2014
Tradizioni
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Chi in un ritaglio di tempo si trova a fare una passeggiata tra le numerose parallele e perpendicolari dei terreni della contrada Padula può, all’improvviso, trovarsi ad ascoltare una sorta di ritmo musicale insolito, un ponf cui ne risponde un altro poco lontano, una serie di 'note' solo apparentemente monocordi, in realtà è un ritmo quasi melodico, una scala cromatica che si sposta sul pentagramma dei rami dei peschi. A un ponf ne risponde un altro poco distante e un altro ancora fa eco in lontananza. È un Rhythm and blues o un Gospel Song? Di certo è un lavoro di occhi, mente, braccia e cuore che guidano la mano del potatore che spinge la forbice pneumatica verso il ramo da tagliare.

«Come poti così raccogli», non esiste proverbio più aderente e veritiero per un albero da frutto. Non so altrove ma, in questa città, non c’è considerazione più grande nel settore agricolo che per un Potatore di pescheti... con la maiuscola. Per l’Abruzzo e il Molise, infatti, quello di San Salvo è il territorio più produttivo di pesche, sia sotto l’aspetto qualitativo che quantitativo ma, anche di albicocche susine e altro. Un frutteto s’impianta e, di conseguenza, si pota, si sfoltisce, s’innaffia, si difende, si cura, si raccolgono i frutti.

Anticamente, tutto il territorio portava il nome di 'Bosco Motticce', in lingua locale 'li Mitticci', un toponimo che è ancora usato correntemente. Su tutti i pescheti impiantati sui meravigliosi 195 ettari totali di terra che comprendono anche le zone limitrofe è nata un'Arte con la maiuscola, ma il termine giusto sfugge, perché, ad arte bisogna associare tecnica, anzi, creatività, anzi, professionalità, anzi, dottorato, anzi, paternità e maternità. Tante qualità che si ricapitolano nella persona del potatore.

La potatura è un passaggio cruciale nella vita di una pianta da frutto e, quella della pianta di pesco in particolare, esige una cura e una dedizione appassionata, degli accorgimenti che variano da pianta a pianta. Come un figlio è diverso dall’altro e i genitori ne sono consapevoli, anche  i potatori sanno distinguere i punti più fragili di una pianta di  pesco da quelli più resistenti, per apportare gli amorevoli interventi del 'caso'. In genere sono i proprietari stessi dei pescheti e delle piante da frutto che si tramandano di padre in figlio questa antichissima arte che, per un raccolto generoso è conditio sine qua non. La potatura dei pescheti inizia in dicembre e si completa entro febbraio, in pratica un po’ prima della fioritura. Queste notizie vengono fornite - mentre lavorano senza distrarsi - dai giovani fratelli Luigi e Antonio Di Flora, eredi del terreno paterno. Alla domanda del perché e del come si pota una pianta di pesco, rispondono con grande competenza e chiarezza espositiva. Ovviamente si parte dai rami secchi che tutti sappiamo ma, si continua per decine di altre ragioni: affinchè il sole possa meglio far passare i suoi raggi tra i rami, per evitare la loro sovrapposizione che farebbe crescere a distanza troppo ravvicinata i frutti che si danneggerebbero a vicenda, affinchè l’esposizione al sole aumenti, per l’eliminazione di rami deteriorati da fitopatologie... altro.

L’insieme dell’albero, dopo l’intervento, deve acquistare anche una certa 'armonia estetica' e facilitare i movimenti dei raccoglitori. Su una sola pianta, per l’intera operazione, s’impiegano circa dieci minuti. Man mano che si procede, i rametti potati cadono a terra creando una striscia scura sul 'viale' tra due filari di piante. Su di esso, in seguito, passerà un attrezzo trinciatutto che lo sminuzzerà al massimo. Questo prodotto ottenuto - in genere - non viene rimosso, ma diventerà il concime biologico che arricchirà di preziosi elementi minerali il terreno.

La sfoltitura è - dopo la fioritura - l’operazione che segue la potatura. La pianta che tende biologicamente a fruttificare in abbondanza, viene diradata nei punti giusti dai primi piccolissimi frutti, affinchè, il raccolto finale sia costituito solo da frutti di una certa pezzatura.
Le pesche a San Salvo - affermano ancora i fratelli Di Flora - hanno la fortuna di crescere non solo su un ottimo terreno, ma sono favorite da un microclima che si forma dalla vicinanza del mare, del fiume Trigno, delle non lontane cime dell’Appennino e del... sole del Sud. Tutti elementi che favoriscono la produzione di un prodotto superiore ad altri che crescono in climi più inflessibili.

La peschicoltura però, si aggiorna di continuo, perché il mercato 'domanda' e l’agricoltura locale 'risponde' con grande professionalità. Si avverte nei produttori anche - una certa tensione etica - oltre che commerciale, al fine di offrire un prodotto qualitativamente superiore, ma che sia compreso negli standard ottimali della 'quantità/qualità'.
Quanto al delicato rapporto 'qualità/prezzo' è regolato in primis da una potatura ad alto livello: l’intervento, che è un unicum con il potatore. Un buon raccolto in ogni senso, è direttamente proporzionale ad una buona potatura. Anche se i fattori sono molteplici.

I primi potatori in questa zona, ma anche le stesse piante di pesco, furono chiamati dall’Emilia e Romagna nel primo dopoguerra, ma fu solo un impulso, una partenza che vide 'i nostri' non solo imparare e imparare in fretta, ma migliorare, aggiornarsi, scambiare informazioni e diventare anche i primi della classe. Nei primi anni ’60 si iniziò a produrre quantitativi sostanziosi, tanto da far nascere la Cooperativa Ortofrutticola del Trigno che, a tutt’oggi, raccoglie e distribuisce la quasi totalità dei prodotti ortofrutticoli locali.
Forse non tutti sanno che, le nostre pesche, sono acquistate da Buckingam Palace! A buon diritto dunque possono essere definite le pesche della regina.

Come in tutte le arti però, anche in quella della potatura, ci sono il maestro, l’alunno e l’alunno che supera il maestro, e lo supera al punto da diventare un vero professionista della forbice pneumatica. Un buon potatore può arrivare a guadagnare 80 euro al giorno. Per un giovane disoccupato potrebbe essere una vera opportunità!
Nel secolo scorso, gli strumenti erano altri: seghe e seghetti, forbicioni a molla, scale di legno e quant’altro. Strumenti validissimi, ma faticosi e pericolosi. Oggi gli attrezzi si sono adeguati, per rendere - sia la potatura che il raccolto - meno difficoltoso.

Sorprende, ma non molto, anche l’impegno e la competenza femminile per la potatura, un nome per tutte è ancora quello della versatile Maria Antonietta Zinni, che aggiunge anche il suo precisissimo e competente ponf a quello dei colleghi uomini.
In questa, capace e meravigliosa agricoltura locale, il Ministero delle 'pari opportunità' non ha da legiferare alcunché. Il lavoro, anche il più duro, trova le donne locali in condizioni di perfetta par condicio e senza rivalità di sorta con gli uomini. Il lavoro è lavoro.

Produrre di più e mantenere alto il livello qualitativo è l’obiettivo di tutti, perché significa affermarsi in un mercato sempre più ampio e, quindi, più remunerativo. Le nostre pesche tradizionali, dalle forme e polpa di vario gusto e colori, hanno nomi di prestigio: Maycrest, Springcrest, Dixired, Royal Gem, Springbell, Royal Glory, Rich Lady, Early Top – May Grand... e tante altre. Le Nettarine più conosciute, invece, si chiamano: Big Top, Big Rita Star, Maria Laura... eccetera.

Luigi e Antonio Di Flora esprimono un desiderio di cui ci si fa interprete per mezzo di queste pagine web: la più che legittima aspirazione ad un riconoscimento per le pesche e albicocche locali come prodotto D.O.C.

Se al Centro Sud mangiamo le Melinde, ci sembra naturale aspirare alle Sansalvissime da commerciare a nord e ovunque. Si è azzardato un 'nome', tanto per dare un idea dell’etichetta che si sogna. Fare da eventuale 'madrina' ad un 'desiderato' ha il suo fascino!

Potare è un arte antica quanto il concimare, Gesù stesso, nella parabola del fico sterile (Lc 13,6-9) trovandosi di fronte ad una pianta di fico che non fruttificava così parlò ai discepoli: «Un tale aveva piantato un albero di fichi e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

Tagliare, potare, concimare, pazientare, sfruttare bene il terreno, far fruttificare, sono i verbi/azioni di Gesù, non solo per le piante da frutto, ma che tutti dobbiamo adottare per il nostro vivere quotidiano, senza cedere a rilassamenti sociali e morali, soprattutto chi è preposto al Bene comune. Per loro, non c’è, e non ci può essere 'altro'. Chi ha a cuore le sorti della gente che li ha delegati a questo, solo a questo e... nient’altro che questo. Ma neppure si possono ignorare i tanti/pochi che, per il Bene comune s’impegnano.
All’orizzonte della speranza, non abbiamo rinunciato neppure dopo l’ultima guerra e un Italia in macerie. A salvarci, prima ancora della durissima ricostruzione, furono i valori morali, umani e cristiani di tanti. L’itinerario è ancora lo stesso, altre ricette non ve ne sono, essi valori, devono tornare in ogni cuore per essere concretizzati, mentre, il ponf di chi lavora continua ad emettere... note di fiducia.

Nota Bene: per le informazioni, si ringraziano i fratelli Luigi e Antonio Di Flora, la Signora Maria Antonietta Zinni e la Cooperativa Euroortofrutticola del Trigno nella persona della Signora Wanda.

FOTO DI INES MONTANARO

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