Ben prima del 2 novembre, in tutti i cimiteri cristiani del mondo, uomini e mezzi si mettono in movimento per riordinare e pulire al massimo: aree, vialetti, illuminazione, fontanelle d’acqua, siepi e alberi dei cimiteri ma – tranne la data – sono attenzioni identiche per tutte le religioni. Tutto deve comunicare ai vivi che, il rispetto per i nostri defunti – sia pure esteriore – non viene mai meno. Il luogo del riposo in Dio, infatti, deve essere curato non meno delle strade, delle piazze e di qualsiasi luogo pubblico, anzi.. di più. Il cimitero, meglio, il campo-santo come veniva chiamato in modo più cristiano in passato, è luogo caro a tutti, è lo spazio sacro dove: dolore, ricordi e affetti entrano in relazione con noi all’infinito, tutti ne abbiamo fatto esperienza.
In questo giorno, le cappelle gentilizie dei cimiteri - come il più povero dei loculi - si rivestono di luci e fiori, da quello nostro di San Salvo a quello del più piccolo dei paesi, dai monumentali come quello del Verano a Roma, a quello delle celebrità come il Père Lachaise a Parigi. I cimiteri di guerra poi, sono quelli che più toccano le corde del cuore, essi, “abitati” sempre da giovani, mandano i più grandi e bei messaggi di pace. Tutte quelle giovani vite spezzate, infatti, non fanno che ricordarci che, ogni guerra, è una inutile strage. In Italia, sono sparsi ovunque. Molto amati e visitati sulla nostra costa sono quelli di Ortona e Torino di Sangro, dove riposano i ragazzi che perirono nei combattimenti tra Alleati e Tedeschi nell’autunno inverno del 1943/44, nel corso della Seconda guerra mondiale: giovani ai quali dobbiamo la nostra libertà. Non c’è tomba, insomma, che non vede un familiare intento a ornare con amore il luogo dove riposano i propri cari. Chiamarla “festa dei defunti” forse è ..improprio ma, chiamarla “Commemorazione/incontro di festa pace e speranza tra vivi e ..Vivi”, forse è più indicato. Non avrebbe senso accendere lumi e deporre fiori, su spoglie che consideriamo finite per sempre. E’ la fede in un’altra vita che ci sostiene e ci spinge a offrire quello che di più bello abbiamo: preghiere, fiori, luci: “..creature” vive. Vi sono tombe dove sono riportati solo i semplici nomi e cognomi, altre in cui i familiari hanno inciso delle iscrizioni, delle citazioni bibliche e/o delle parole particolarmente amate dai defunti stessi..in questa vita. Una particolarmente bella – che possiamo fare nostra pensando ai nostri cari che non vediamo più con i nostri occhi - è quella che pronunciò Sant’Agostino alla morte della madre Santa Monica: “ Signore, non ti chiedo perché me l’hai tolta ma, ti ringrazio per il tempo che me l’hai donata”.
Sulla tomba di una mamma qualsiasi poi, abbiamo avuto modo di leggere e meditare una bellissima citazione biblica: “nessuno dei suoi figli ebbe mai freddo perché tutti avevano un doppio vestito” (cfr Pr 31,21). Senza dubbio è stata scelta dai figli che hanno voluto ringraziarla per la dedizione profonda alla propria famiglia.
In genere, si visitano e salutano prima le tombe dei propri familiari, poi quelle degli amici. Ogni foto, ogni nome, ci rilanciano un ricordo, non solo di dolore, ma anche di bellezza e di unicità di ogni Vita. Foto e nomi poi, aiutano la memoria visiva ma, a quella del cuore, non occorre, perché, il nostro sentire profondo, percepisce che tra noi e loro, tutto è rimasto com’era, anzi c’è un dialogo e una tenerezza che il tempo accresce e attende di ricongiungere.
Foto: Ines Montanaro