Je suis Charlie: donne, pentole e padelle, per l'anno zero

la carenza di stupore verso lo straniero

Ines Montanaro
12/01/2015
Attualità
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Abbiamo appena finito di brindare al nuovo anno che ..il vecchio e stupido odio assassino,  ci attendeva..a Parigi. E’ stata una bomba che è scoppiata negli occhi e nel cuore di chiunque ha seguito la vicenda, con le sue immagini sconvolgenti, le lacrime, il terrore ..l’incubo che sembrava infinito  su una città di 12 milioni di abitanti.   La nostra mente  ripete ancora l’azzeccato e ben  rimato slogan “Je suis Charlie”.  Eppure non avevamo ancora dimenticato l’11 settembre 2001 e le Torri gemelle, o  meglio, abbiamo tentato di esorcizzarlo nel silenzio dei nostri ricordi.  L’odio uccide con orrenda e programmata monotonia  ma, il suo rifiuto,  è.. sempre bello e creativo. La Francia ha saputo trovare una via di uscita al suo dolore, alla sua paura, alla sua grande storia di “libertè, egalitè, fraternitè”, con la grande manifestazione di Place de la Republique, accompagnata da numerosi slogan e simboli. Tra questi,  un po’ fuori dal coro, il cartello in evidenza portato da un giovane che sembra  interrogare: coscienza, storia, decisioni e.. mancate lungimiranze. Su di esso leggiamo: “Nous n’avons pas ete Charlie au bon moment” che,  tradotto in italiano,  potrebbe  suonare così: “ non siamo stati “Charlie” al momento buono”. In altre parole non abbiamo  esaminato bene e di continuo il fenomeno, non abbiamo messo a punto strategie giuste, non abbiamo prestato sufficiente  attenzione a  processi oscuri,   cercato  vie di convivenza che sono sempre possibili, per la scoperta delle ricchezze dell’altro. Manchiamo dello stupore verso lo ..straniero e viceversa.

Abbiamo perseguito invece,  l’idea di  mettere le identità a confronto  e,  peggio ancora, le religioni,  per compiacersi  in modo sbagliato ognuno della propria e non per cercare le ricchezze dell’altra alla luce di Dio.   L’imperativo,  deve essere e restare sempre,  quello di non denigrare mai: religione, fede e cultura altrui - anche la satira, come lo scherzo, può e deve avere un limite -  perché non tutti sono capaci di accettarla come qualcuno l'ha definita “disertore scanzonato”,  ma accogliere nella  nostra identità,  il bello e il buono che è  in quella altrui.  E’ necessario, dunque: cercare questa identità,  bussare alla sua porta  e,  restarci come ospiti che amano e riescono a farsi amare, senza offendere. Vale per per gli uni e per gli altri ovviamente.  L'ideale sarebbe l'Amore ma, chi è  incapace di amare gli altri, ci metta possibilmente la comprensione e,  se non riesce con  queste,  cercasse  il valore della solidarietà umana, del rispetto, della tolleranza..dell’educazione.  Certo sono necessarie anche buone leggi,  approfondimenti culturali e dialogo interreligioso. Dopo i tragici fatti di Parigi,  che tutti abbiamo pianto, dove sono morti – non dimentichiamolo – cristiani, ebrei e musulmani, ora,  lo slogan da gridare insieme delle tre grandi religioni monoteiste è ..“sì ! .. mai più Charlie”, ma non solo come espressione di libertà di pensiero, di stampa,  satira, orgoglio e legittima paura  ma, soprattutto,   come comunicazione del cuore che dice,  basta all’odio che genera morte da qualunque religione, cultura o..identità  esso provenga. Se culture, religioni, razze e  identità specifiche,  non s’incontrano sui valori universali:  dell’uomo, la vita,  la  famiglia, l'ecologia..su cosa potranno mai incontrarsi ?. Non potremo neppure sperare in un ..anno zero.

A San Salvo abbiamo la presenza stabile di  diverse razze e culture, il nostro sogno ricorrente  è:  una festa o sagra paesana dove,  anche le donne musulmane, cinesi, rumene..altre, collaborano a preparare le nostre specialità. Viceversa, vogliamo essere invitati ad una festa di Ramadan e a tutte quelle delle etnie presenti sul nostro territorio, per gustare e imparare a cucinare  almeno i loro dolci tipici. La strada dell’integrazione potrebbe passare  anche tra pentole e padelle.  Due o più donneindigene e straniere - che preparano insieme  un pranzo e lo condividono con le  reciproche famiglie -  possono integrare più di mille convegni.

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