Julian Stoica, un giovane prete rumeno-ortodosso a San Salvo che sa donarsi a gregge, moglie e figlio

Un sacerdote itinerante in una parrocchia dall’estensione da capogiro, ben 913 fedeli solo nella nostra città

Ines Montanaro
08/02/2015
Attualità
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Padre Julian stupisce per le tante ricchezze e alterità umane e cristiane di cui è portatore. Nato a Bucarest 36 anni fa (31 dicembre 1978), diventa prete a soli 23 anni e, solo dopo essersi sposato con Raluca, una teologa rumena ortodossa. È regola di tutte le Chiese orientali infatti, che, per diventare preti, bisogna prima essere sposati. Julian è nipote di un musicista e, nella sua prima giovinezza, ha cantato come solista/tenore in un coro, dove conosce la futura moglie.

Egli, ci racconta – non senza emozione – che ha sentito crescere la sua vocazione cantando e ascoltando melodie sacre. Determinante per la sua scelta, è stata anche la vicinanza e la testimonianza del suo nonno materno che era un grande credente. Entrato in seminario all’età di 14 anni, completa il suo primo ciclo di studi in patria per proseguire quelli teologici a Roma nel prestigioso Pontificio Istituto Orientale in Santa Maria Maggiore, dove si laurea in Diritto canonico orientale.

La sua direttrice territoriale/pastorale, parte da Lanciano - dove abita con la famiglia - e si dirige verso sud: Vasto, San Salvo, Montenero di Bisaccia, Termoli, Portocannone, Ururi, Larino, San Severo. Ha un bel correre Padre Julian lungo la sua parrocchia che ha quasi 1.000 fedeli solo a San Salvo, (913 per l’esattezza).

L’abbiamo incontrato nella chiesetta di Santa Maria di Costantinopoli, donata ai rumeni con una convenzione dal Comune di Vasto. Rivolgiamo a padre Julian domande diverse e, le sue risposte, stupiscono per candore, serenità e fermezza. Interpellato sulle colpe del Grande scisma tra Oriente e Occidente consumato con la Chiesa di Roma nel 1054, risponde con decisione che il primo colpevole fu il diavolo poi... i Latini.
Certamente – aggiungiamo noi – egli (il diavolo) sempre muove tutte le 'potenze/prepotenze' della storia singole e collettive, ma nello specifico, anche la quaestio teologica sul filioque (una concezione diversa da quella della Chiesa cattolica sullo Spirito Santo) che fu - insieme ad aspetti minori - concausa della separazione. La Chiesa rumena però, nasce appena nel 1886 staccandosi da quella di Costantinopoli, divenendo di fatto un’altra Chiesa autocefala (Chiese particolari che si governano da se).

Aggiunge - padre Julian - che, le divisioni all’interno degli Ortodossi, sono avvenute sotto la spinta dei vari nazionalismi, che si sono formalizzati nel desiderio liturgico di celebrare ognuno nella propria lingua. Non si poteva non chiedere se, egli, ritenesse più semplice fare il prete da sposato o non sposato come il nostro clero. Giustamente risponde: «Non conosco le difficoltà del clero cattolico romano non sposato, ma io da rumeno ortodosso sposato, le assicuro che con moglie e figlio (Andrei) vivo benissimo e Raluca aiuta il mio ministero nella misura del 50%, soprattutto nella parte organizzativa».

Padre Julian vive con 200,00 mensili che gli invia il suo Patriarcato, ai quali si aggiungono le offerte dei fedeli. Come tanti italiani cerca un lavoro - anche part-time - nonostante il suo muoversi da capogiro, ma non lo trova. A San Salvo fa diversi nomi dei suoi fedeli e ci mostra le foto dell’ultima Pasqua ortodossa celebrata a Vasto, dove ne riconosce e indica tanti.

A Lanciano egli si è ritrovato dopo il terremoto dell’Aquila, inviato in missione dal suo Vescovo Silvuan. Terminata la sua assistenza spirituale e umana ai terremotati, chiede ospitalità nelle nostre Diocesi e la ottiene dall’allora Vescovo della città frentana Mons. Carlo Ghidelli. Un’altra domanda che s’impone - anche per nostra esperienza personale - è il problema/impegno del catechismo ai bambini, ragazzi e giovani. La risposta è scarna: «Non vengono, non hanno tempo e non trovo catechiste». E conclude: «Però la nostra evangelizzazione viene tradizionalmente fatta in famiglia».

Gli si illuminano gli occhi invece quando parla di Lorenzo di Montenero di Bisaccia, un giovane collaboratore con speranza di vocazione. Vi sono altre domande da soddisfare naturalmente, soprattutto, il rapporto/dialogo con le nostre parrocchie e il loro clero. Padre Julian, cita come esempio di collaborazione nella carità e in amicizia don Gianfranco Travaglini, ma anche tanti altri preti diocesani e non, che gli offrono spazi d’appoggio e accoglienza per la celebrazione eucaristica con i suoi fedeli.

La recente consacrazione di una donna Vescovo da parte dei Cristiani anglicani, invece, lo trova decisamente e nettamente contrario. Egli dice testualmente: «Gesù nell’ultima Cena ne ha delegato dodici ed erano tutti uomini. Alle donne, ha assegnato il grandioso compito dell’evangelizzazione, con l’invito a Maria di Magdala di annunciare ai fratelli la Sua Resurrezione».

«... e Papa Francesco?», una domanda ineludibile per la nostra fede e le novità del suo pontificato. La risposta entusiasta è: «Di lui amo l’umanità, la genuinità e la fedeltà al Vangelo». Mentre il prossimo Concilio Pan-ortodosso del 2016, lo accende di speranza per una ritrovata unità di tutte le Chiese ortodosse, le quali - ci tiene a precisare - sono in dialogo sinodale sin dal 1980.

Padre Julian è un uomo aperto al discorso ecumenico tanto da poter cogliere facilmente in lui quelle che ritiene essere le ricchezze delle altre Chiese. Alla domanda cosa ammira di più della Chiesa cattolica romana, risponde con il tono deciso che lo contraddistingue: «La disciplina, ossia, quel darsi delle regole che tutti rispettano». Poi prosegue: «Le nostre Chiese sono soggette a relativismo». Quella sorta di “do it yourself” (faccio da me) che nuoce, anche a nostro avviso, all’unità di ogni Chiesa.

Al termine, non poteva mancare la richiesta di un suo desiderio/profezia sulla riunificazione di tutte le Chiese cristiane, il ritrovato respiro in piena sincronia e in Cristo di quei due organi che San Giovanni Paolo II - riprendendo il poeta Russo Ortodosso V. Ivanov - definiva «Il polmone d’Oriente e quello d’Occidente». La sua risposta è: «...mi sembra storicamente troppo tardi ma, lo spero ugualmente». La piccola e vicina iconostasi (spazio consacrato dove si celebra l’Eucaristia, l’equivalente del nostro altare) che separa il sacerdote dai fedeli con uno spesso cordone rosso, sembra interpellarci sul senso e sul limite di questa 'separazione millenaria'. Padre Julian precisa che esso è allo stesso tempo richiamo e simbolo di rispetto al luogo sacro dove si celebra il Mistero, il luogo, dove solo il sacerdote e uomini di provata spiritualità che hanno la sua benedizione e autorizzazione per aiutarlo possono stare, quell’area sacra che potrebbe - a suo avviso - divenire spazio/paradigma per un nuovo inizio di dialogo ecumenico.

Lasciamo padre Julian nella bella e mistica chiesetta di Santa Maria di Costantinopoli agli ultimi raggi del sole e, non possiamo fare a meno di ammirare, come la luce del tramonto e le fiammelle delle candeline, accendono di meraviglia le bellissime icone e, soprattutto, la mistica pala d’altare che rappresenta la Resurrezione con la presenza dell’apostolo Andrea fratello di Pietro: emozionano i rossi rutilanti dei santi martiri, le pennellate oro della Gloria di Dio, l’ocra della nostra umanità e tutti gli altri colori: infinite vibrazioni di un Mistero che ci sovrasta. Il tutto incastonato in una cornice barocca di quella che era un antica chiesa cristiana cattolica. Talvolta, un’opera d’arte, portandoci allo stupore, può annullare divisioni millenarie più di milioni di parole. Insieme preghiamo il Padre nostro.

Foto: Ines Montanaro e Parrocchia Rumena Ortodossa

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