La fatica di essere "mimose": dal trono dei fornelli alla Corte di giustizia di Dio

Tutto e nulla da festeggiare, parlarne però, si può e si deve

Ines Montanaro
02/03/2015
Attualità
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Siamo convinte che, la “cultura della mimosa” appartenga al secolo scorso, cultura intesa come riconoscimento di: diritti, emancipazione, protesta, festa della donna e quant’altro.  Da celebrare ci  è rimasto tutto e nulla e la memoria di quelle donne arse vive perché chiuse a chiave dal loro datore di lavoro  per impedire loro di scioperare. La mimosa, come fiore  ma,  anche come icona femminile di : tenerezza, sofficità e fragranza delicata  è stata sostituita da un “bouquet misto”, composto di “fiori” di  cui non sempre riusciamo a identificare – come fanno con arte  i profumieri -  le note  amare da quelle dolci.  Le donne, sanno essere delicate come petali, ma anche resistenti come l’acciaio e penetranti come radici.   Leggi, ministri e ministeri, hanno dato un contributo appena sufficiente alla "fatica delle mimose” e,  su di esse, sono stati versati fiumi d’inchiostro e denaro, quest’ultimo, spesso speso male, almeno quanto i  buoni propositi  che – come l’adagio recita – hanno finito per lastricare il “famoso” pavimento dell’inferno. La crisi economica poi, ha distrutto molte cose come una furia,  e omologato in negativo ogni crescita, ogni intento pur generoso, ogni aspettativa. Pesi e fatiche, per “legge di natura”, sono sempre ricaduti sulle spalle dei più deboli e, le donne, soprattutto in quanto madri, spose,  badanti..eccetera,  ne portano il peso più grande. Dal “trono dei fornelli” non siamo mai state spodestate e,  per la disoccupazione, sottoccupazione, lavoro nero e pensioni misere da far ...gridare alla Corte di giustizia di Dio, abbiamo vinto la ..hit parade. Tra le “scarpe rosse”, l’infamia che le ha generate e gli abiti firmati..scegliamo decisamente il diritto ad una vita serena e dignitosa, che significa: lavoro legale e retribuito equamente, asili nido a prezzi accessibili, aiuto infermieristico e domestico per i nostri anziani a costi modesti, scuola  e sanità che non ci penalizzino oltre il sopportabile. La sicurezza del welfare è un grosso elemento di pace in famiglia. Più burocrazia,  meno servizi, e portafogli vuoti, sono elementi di conflitti  familiari e sociali. Le donne sansalvesi -  come altre nel mondo: arano, potano, insegnano, curano, cuciono,  mandano avanti imprese, sono impegnate nel sociale e nelle parrocchie,  educano, pregano, amano, si spendono... danno la vita.  Nella nostra città, grazie a Dio, non ci sono donne che, per vivere emozioni generate dalla noia, si arruolano per morire o diventare schiave nella guerriglia. Insieme agli uomini, nostri figli, fratelli e sposi, vogliamo crescere nell’amore e nella consapevolezza dei diritti di ogni creatura umana. Dietro tagli  e riforme -  si sappia, ma dovrebbe essere noto – che,  in primis. ci sono le donne. Non vogliamo arrivare a proporre la ..“festa degli uomini”,  ma essere festeggiate e festeggiare insieme - con tutti e tutto l’anno - per la nostra capacità di generare e donarci, per le nostre fatiche e qualità che vanno ben al di là dell’età e dello stato civile e religioso, senza rischiare – con " la scusa delle mimose” -  di essere “stigmatizzate”  l’8 marzo di ogni anno. All’Hotel Gabri alle ore 17,00 di venerdì 6 marzo, ci sarà un primo incontro sul tema seguito da altri, tutti organizzati per la serie “marzo rosa” dall’assessore alle Politiche sociali dott.ssa Maria Travaglini. Farà da filo conduttore il libro di Natalya Baranskaya “ Una settimana come un'altra”, con background a tempo di tango,  intervallato da interventi di n.7 donne sansalvesi che, a vario titolo, racconteranno la propria esperienza. Seguirà un dibattito.

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