Don Luigi Orione

Il santo del Giorno

Maria Napolitano
11/03/2015
Attualità
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Luigi Orione nasce a Pontecurone il 23 giugno 1872 da un selciatore di strade disposto a mettersi in mezzo per cambiare ciò che era sbagliato, e da una contadina anafalbeta.
D'estate, al tempo della mietitura, la mamma se lo portava dietro e gli diceva: «il pane per i poveri è sacro e neppure una briciola deve andare perduta». E si inchinava lei stessa a raccoglierla. Quel gesto, di raccogliere e portare alla bocca ogni pezzo di pane, divenne anche per Luigi un'abitudine. I compagni di collegio, buttavano pezzi di pane che poi calpestavano. E quando Luigi si chinava a raccogliere le briciole, era un coro di risate.
Il 14 settembre 1885, a soli 13 anni, entra tra i Francescani di Voghera, ma nel giugno del 1886 ne viene dimesso a causa di una broncopolmonite per la quale rischia la vita. Il padre se lo porta a  lavorare con sé e così ebbe modo di conoscere il difficile mondo operaio, un mondo di gente sfruttata e arrabbiata, anticlericale ma non lontano da Cristo.
Poi Luigi conobbe don Bosco che lo prese con sé a 'Torino e lo coinvolse nelle sue iniziative a favore dei ragazzi che vivevano nei marciapiedi delle città. Il 16 ottobre 1889 entra nel seminario di Tortona. Era un chierico diverso dagli altri: un'estate, quando i chierici tornavano in famiglie, Luigi chiese di restare. E poiché il seminario chiudeva, il rettore gli mise a disposizione un bugigattolo nel soffitto della cattedrale. Un giorno la porta della sua stanzetta si aprì per accogliere un ragazzino cacciato dalla scuola di catechismo perché turbolento. Qualche giorno dopo una frotta di marmocchi invadeva la soffitta del duomo. Questi chiacchiericci infastidivano i “piissimi canonici” che costrinsero Luigi a sloggiare con  la fama di soggetto poco raccomandabile. Invece il vescovo Igino Bandi gli mise a disposizione il proprio giardino, presto trasformato in oratorio. Ma qualcuno ravvisò nei ragazzini un covo di papalini antipatriottici e sovversivi così anche questo luogo venne chiuso.

Orione si inventò un altra cosa: aprì un piccolo collegio per seminaristi poveri. L'iniziativa per un po' funzionò, ma poi alcuni malintenzionati misero in giro la voce che Orione fosse indebitato.  E Orione si trovò da solo. Ma non mollò: «Aiutati ché il ciel t'aiuta», dice la saggezza popolare e lui, dandosi da fare, trovò i soldi per pagare l'affitto del locale che ospitava il collegio. Da questo collegio nascerà La Piccola opera della divina provvidenza, una delle sue iniziative più incisive. Aveva allora solo ventuno anni. Ed era ancora chierico. Sacerdote lo divenne due anni dopo, nel 1895.

La Piccola casa della divina provvidenza prendeva piede. Don Orione era un vulcano. Una ne faceva e cento ne pensava. La Casa della provvidenza divenne più di una e a esse si affiancarono presto asili, scuole professionali, centri giovanili, ospedali... In Italia e fuori Italia, in Brasile e Argentina. I soliti invidiosi: “dove trova i soldi quel pasticcione di prete? Mandarono così un dossier a Monsignor Bandi che interpellò Don Orione e gli intimò di chiudere “La Piccola opera della divina provvidenza”. Don Orione rispose: «Obbedisco». Sollecitato dal vescovo, sconcertato dalla secca risposta, a esprimere la sua opinione, egli si mise in ginocchio dicendo: «Eccellenza, domani lei non può celebrare la messa perché ha compiuto un'ingiustizia troppo grossa».

Tre mesi dopo l'Opera di don Orione otteneva dal vescovo l'approvazione ufficiale.
Erano tempi duri, di miseria, di fame e di lotte. Gli operai e i poveri lo ebbero sempre dalla loro parte. Tanto che i socialisti di Alessandria lo chiamavano «il nostro prete». In una predica incitò provocatoriamente i poveri a rubare: «Non nella terra dei poveri ma in quella dei ricchi. Andate nella proprietà di Pedenovi. Però non portategli via la carretta ma solo il canestro».

Anche mentre imperversava la prima grande guerra con le sue drammatiche vicende, don Orione si diede molto da fare per aiutare gli ultimi.

Il 12 marzo 1940 don Orione muore.  Scrivendo un giorno all'amico padre Stefano Ignudi egli aveva chiesto: «Ci sarà il ballo in Paradiso?» come a dire che “la chiesa deve essere il luogo della festa e non dei funerali, della Pasqua e non solo del venerdì santo; una chiesa dell'osare e non solo dell'attendere in pantofole; con un briciolo di pazzia... “
Papa Giovanni Paolo II lo ha proclamato beato il 26 ottobre 1980 e Santo il 16 maggio 2004.

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