Quando i panni si lavavano con la cenere

Maria Napolitano
09/04/2015
Varie
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Lavare i panni oggi non è un problema: basta smacchiare un po’ i panni, metterli in lavatrice, aggiungere il detersivo ed eventualmente un ammorbidente nelle apposite vaschette, selezionare il programma e la temperatura adatti, e la macchina pensa a tutto. A fine lavaggio occorrerà solo stendere i panni. E se si tratta di una lavasciuga non ci si deve neanche preoccupare di stendere i panni per farli asciugare.

Ma “prem nn’ er come e mò” (prima non era come adesso). Lavare i panni era una fatica immane che richiedeva diversi giorni. Abbiamo chiesto alla Sig.ra Erminda Di Nello (o meglio zia Erminda come la chiamano tutti) il procedimento con cui venivano lavati i panni prima dell’avvento dei detersivi e della lavatrice.

Innanzitutto non si disponeva di un detersivo già pronto all’uso. Due tre giorni prima di quando si stabiliva di fare questa operazione, si metteva da parte la cenere del focolare, la si poneva dentro un bidone e si riempiva questo di acqua. Dopo un paio di giorni si metteva sul fuoco a bollire quell’acqua e si otteneva così’ la “luscè” (la lisciva ossia il detersivo di una volta).

Era un vero e proprio rito lavare indumenti e biancheria: “n vaj n campagn ca ja fa l’ penn” (non posso andare in campagna poichè devo fare il bucato). In media ogni 10/15 giorni si toglieva la biancheria dal letto, ci si cambiava l’intimo e tutti gli indumenti.

I panni venivano messi prima in ammollo in acqua semplice. Poi si torcevano e si risistemavano su un Tino (“lu tnacc”) o i bianchi o i colorati. Li si ricopriva con la “lisciva” e li si lasciava in ammollo. Pure se erano molto sporchi, nel primo passaggio non bisognava assolutamente mettere la lisciva bollente. Altrimenti si aveva un effetto di cottura dello sporco e le macchie non si toglievano più. Dopo aver proceduto alla ritorcitura e riposizionamento dei panni sul tino, almeno per i bianchi la lisciva poteva essere anche semi bollente. Ovviamente per i colorati anche al secondo passaggio la lisciva doveva essere a temperatura “acqua di sole” (ossia ambiente).

I panni poi venivano strofinati su una apposita tavolozza dentata con il “sapone di casa”. Quest’ultimo veniva ottenuto attraverso una lunga procedura, aggiungendo al grasso del maiale, la cosiddetta “mdicen d lu sapeun” (la medicina del sapone) e del borotalco per renderlo più profumato. Man mano venivano sciacquati e riposizionati nel tino per subire l’ultimo ammollo in acqua semplice. Infine si ritorcevano e si stendevano questi panni all’esterno.

D’inverno il tutto diventava più complicato ma si doveva fare lo stesso. Appena si vedeva un po’ di sole (anche con la neve) l’addetta diceva “mo escj a stenn l penn” (adesso esco per stendere i panni).

Quanta è più comoda la vita odierna! Però di sicuro la cenere non dava luogo a fenomeni di inquinamento.

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