Nicolina: "La scuola si fa con il cuore altrimenti tutto è vano”

Storie di vita

Maria Napolitano
07/11/2015
Attualità
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Nicolina Morlupo è una novantenne molto solare e gioviale conosciuta a San Salvo come Nicolina Cilli. Ho conosciuto Nicolina nel negozio di una mia carissima amica tanti anni fa. Era ed è una donna molto affabile con un senso del rispetto delle persone immenso. 
Un giorno la ritrovo in uno di quei luoghi che ero solita frequentare. Era appena morta mia mamma,e Nicolina, dopo alcuni giorni, mi spedì una lettera. Quel piccolo grande gesto e le parole scritte su quel biglietto mi hanno fatto sentire la bellezza d’animo di Nicolina. Per lei ero poco più di una conoscente ma in quel momento di dolore con quel modo così discreto aveva voluto farmi sentire la vicinanza e il conforto di chi ti vuole veramente bene. 

Tempo fa suo nipote mi ha incaricato di trascrivere dei suoi manoscritti. E io ho pensato: “prima di fare questo mi piacerebbe raccontare la sua storia”. E così sono andata a trovarla. 

Nonostante era un bel po’ di tempo che non ci vedevamo e ci eravamo incontrate in poche occasioni nella vita si è subito ricordata di me. Le ho detto del motivo della mia visita e lei mi ha detto: “va bene ma non so cosa dirti”. E io: “cominciamo, quando e dove sei nata?”. E da lì ha cominciato a raccontarsi. 

Nicolina è nata a Moscufo il 7 maggio 1925. Percorreva diversi chilometri a piedi per andare a scuola. Avrebbe voluto fare la biologa per lavorare in un laboratorio di analisi, ma andare all’università era troppo dispendioso. 

Appena finita la guerra, nel 1947 ha cominciato a insegnare alle elementari. “Dopo che ho capito che quella era la mia strada mi ci sono impegnata al massimo dando anima e corpo e l’ho fatto davvero col cuore. Se insegni e non ci metti il cuore tutto quello che fai non serve a niente. Io amavo davvero i miei bambini. Conservo ancora i loro compitini e le loro foto e ricordo gli sguardi di ciascuno di loro”. 

Se poteva scegliere, prediligeva sempre le scuole di campagna. Lì non si trattava solo di insegnare a leggere a scrivere ai bambini ma anche di aiutare i genitori. All’epoca c’era molto analfabetismo ed erano comuni le classi dove contemporaneamente si impartivano lezioni dalla prima alla quinta elementare. Nicolina viveva con loro e spesso e volentieri li aiutava anche nei lavori dei campi. Non c’erano i termosifoni e, quando faceva freddo, per riscaldarsi andavano nelle stalle. C’era un bambino da cui non si era ancora recata e un giorno le disse: “maestra ma a casa mia non vieni?”. E lei “certo che ci vengo”. E quel bambino ha cominciato a descrivere la sua casa come un posto bellissimo. Quando vi andò vide tantissima miseria: il piatto più ricco che le poterono offrire era un piatto di pasta e fagioli cucinato sul fuoco dentro un barattolo di latta. La stanza del bambino descritto dallo stesso con tanta enfasi, altro no era che un angolo tra due mura, dove tra l'altro ci pioveva pure.

D'inverno, le mamme facevano portare ai bambini dei piccoli bracieri. Nicolina propose ai bambini di raccogliere le olive degli alberi della scuola e utilizzare il ricavato per acquistare un grosso braciere a servizio dell’intera classe. E così fecero.

Prima ancora che fosse istituita la festa dei nonni, propose ai suoi alunni una festa dei nonni in cui dovevano portare oltre ai loro nonni, una loro foto da giovani e un oggetto che identificava il loro saper fare. Con quelle foto fecero un grande cartellone e la festa fu un grande successo.

Cercava di appassionare i suoi bambini alla scuola. La storia dopo averla spiegata la faceva vivere ai bambini con dei pupazzetti realizzati da loro e con i teatrini. Non segnava gli errori di rosso e con doppia sbarra. Lei pensava che questo sistema di correzione annichiliva il bambino. Per correggere usava un altro sistema: segnalava la tipologia di errore all’inizio del rigo o del periodo e poi invitava il bambino stesso a trovare l’errore. Quando il bambino riusciva a auto correggersi poteva prendere un bel voto in quanto quell’errore veniva annullato. Non insegnava solo la teoria ma anche a fare i dolci, a ricamare e tutto quanto poteva e doveva essere insegnato avendo riguardo al contesto dove si trovavano. Cercava sempre di essere innovativa. Quando arrivava in una nuova classe perdeva del tempo perinvitare i suoi alunni a guardarla sempre negli occhi: "dal centro della testa  scaturisce qualcosa di meraviglioso". E così riusciva a conquistarsi la loro attenzione per tutte le lezioni successive.  

Nel 1958 è passata di ruolo e siccome era l’ultima in graduatoria le toccò San Salvo, sede scartata dagli altri poiché dicevano che c’era la malaria. Tra i tanti paesi che aveva girato fino ad allora San Salvo era la più accogliente: i sansalvesi accoglievano quelli che venivano da fuori a braccia aperte. 
A scuola però, siccome era l’ultima arrivata le diedero la classe più vivace. Quando i bambini cominciavano a fare confusione, li faceva cantare. La musica riportava la calma in classe.  Il canto era anche l’alternativa all’usuale bacchetone sulle mani dei bambini più molesti, utilizzata dai suoi colleghi dell'epoca.

A San Salvo conobbe l’uomo della sua vita, Sandro Cilli con cui è convolata a nozze il 19 aprile 1959. Sandro lavorava a Casalincontrada per cui si trasferirono lì. Quando avevano modo, tornavano a San Salvo. Nel 1988 Nicolina è andata in pensione e alla domanda “cos’è cambiato nella scuola dal dopoguerra a quando sei andata in pensione” lei ha risposto: “l’ingerenza eccessiva delle mamme mina l’autorevolezza dell’insegnante e gli eccessivi schemi che oggi l’insegnante è costretta a seguire toglie inventiva all’insegnamento.”

Nel 2000 Nicolina e Sandro sono tornati a San Salvo, città amata da entrambi

Ogni sabato sansalvo.net pubblicherà un racconto o una poesia di Nicolina Cilli.
 

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