Storie di donne: Donna Lidia e la Zagado rossa

Antonia Schiavarelli
26/12/2015
Attualità
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Incontro donna Lidia Artese, nella sua casa di corso Garibaldi. Fin da piccola passavo davanti quelle mura ed immaginavo cosa potesse nascondersi dentro quel giardino, celato ai miei occhi dalle fronde delle piante e dagli alti muri.

Donna Lidia, è una donna minuta di 91 anni, che mi accoglie nella corte della sua grande casa, dal quale il cielo sembra confezionato per regalare agli ospiti un pezzo di immenso.

Nasce nell'agosto del 1924, da Gilda Rocchio e Secondino Artese. Il padre fu colui che portò per primo la corrente elettrica a San Salvo, a Celenza, a Lentella, in luoghi illuminati fino ad allora, dalla sola luce delle candele. Gilda la madre figlia del notaio Rocchio di Vasto, malata di cuore, non potè crescerla, fu così che la piccola Lidia venne cresciuta dalla famiglia materna, in un clima rigido, quasi militare, in cui ogni gesto d'affetto era visto come un atto di debolezza.

Al compimento dei suoi sedici anni tornò a San Salvo, nella casa paterna di corso Garibaldi. Erano i primi anni '40, i tedeschi occuparono presto San Salvo e si insediarono a pochi metri di distanza dalla casa in cui Lidia viveva. Fu in quei giorni d'occupazione che Lidia conobbe suo marito Mario Artese. Rimasto orfano di padre e di madre, l'enorme palazzina in cui il ragazzo viveva venne occupata dall'esercito tedesco prima, e dagli inglesi dopo.

Quei giorni d'occupazione, distrussero gli affreschi, di una delle case più antiche di San Salvo, alcuni oggetti vennero salvati, nascondendoli in una stanza poi murata per celarla agli occhi degli stranieri.

I due giovani si sposarono nel 1945. Donna Lidia, si assunse presto tutta la responsabilità della casa e delle terre di famiglia. Fu la prima donna a San Salvo a prendere la patente, la si vedeva girare tra stradine sansalvesi con una Topolino blu scuro.

Erano anni di estrema povertà per San Salvo, la città finiva alla fine del corso, le strade erano pietre, ma se aprivi la finestra, sentivi le voci delle donne cantare in quei vicoli, pieni di risa e di voci, oggi avvolti dal silenzio e dal suono dei clacson delle auto.

La famiglia Artese si trasferì nel 1960 a Milano, dove don Mario fu medico di base per oltre quindici anni. Donna Lidia in quegli anni continuava a tornare al paese, per seguire gli affari di famiglia, seguendo la stagionalità delle colture, con una Zagado rossa cabrio, tredici ore d'auto di viaggio, in un Paese in cui l'autostrada finiva a Bologna e la strada statale 16 era poco più di una mulattiera, donna Lidia attraversava quelle strade senza timori.

La famiglia fece ritorno a San Salvo, nei primi anni '70. Don Mario continuò a svolgere la professione di medico di base, ed  i figli partirono presto per gli studi universitari. Il paese era cresciuto, da poche migliaia, in un decennio si superarono i diecimila abitanti quadruplicando la popolazione. Si assistette ad un cambiamento epocale per quel paese che divenne città in un batter di ciglia, grazie alla fame di braccia delle fabbriche di Piana Sant'Angelo.

"Dal niente ci si è ritrovati ad avere troppo", ci dice donna Lidia che perde il suo caro Mario nel 2000. La tempra di donna Lidia, forte, decisa, la respiri in quella casa, è rimasta sola tra quelle mura, i suoi figli ed i numerosi nipoti vivono sparsi per il mondo, ma sarebbero pronti ad accoglierla, ma lei ci dice, "non voglio limitare la libertà di nessuno, è questa la mia casa". 

E' quella indipendenza cresciuta fin dalla tenera età, in una bambina tolta all'affetto materno, per poter sopravvivere, che la regge tutt'oggi e la rende agli occhi di chi la guarda forte e fiera.

 

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