Il Natale tra nostalgia, paura e diffidenza

I racconti di Nicolina Cilli

Nicolina Cilli
02/01/2016
Varie
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In casa di zia Giselda c’era il comando militare tedesco, per Natale invitarono la famiglia di zio Giuseppe, padrone di casa, e la famiglia del pastore, come chiamavano mio zio sacerdote. Zio Pietro e la famiglia rimasero a casa perché i bambini erano piccoli.

Andammo a cena solo in cinque, papà, mamma, lo zio, Clara e io come a sacrificare dell’olocausto. Papà e lo zio non facevano altro che raccomandarci, specie a me, di parlare poco, mangiare tutto e far finta di essere contenti di partecipare alla cena. I nostri uomini erano pieni di paura, pensavano (eroicamente) che con la scusa della cena natalizia c’era sotto un agguato. Prima della cena il comandante volle augurarci buon Natale, e incominciò a dare la mano e un bacio augurale a tutti. Alle mamme e noi ragazze, ricordo ancora le facce di papà e zio Giuseppe, quando abbracciarono la rispettiva moglie e figlia: agnelli sacrificali per il bene di tutti.

Poveri militari, avevano solo la nostalgia della loro famiglia.

Iniziò la cena con l’antipasto di tartine con senape, sapore a noi sconosciuto, fette di salame morbido che sembrava di carne quasi cruda; ciotolerie di riso, con salsa di pomodoro crudo che noi avevamo scambiato per una crema dolce con la marmellata.

Lo sguardo di tutti i parenti era rivolto a me e sottovoce mi ripetevano: “mangia tutto e devi dire “prima””, che significava molto buona. Mandai giù la tartina pensando di mangiare dopo la cema con la marmellata ma sorpresa! Il piatto atteso era: riso scotto con zafferano e pomodoro crudo. Mi bastò vedere le facce dei nostri uomini coraggiosi per capire il sapore. Al solito sotto voce… “mangia tutto se non vuoi farci ammazzare”. Tra sorrisi di benevolenza arrivammo alla fine della cena. I tedeschi erano un po’ brilli e contenti: avevano la gioia di ri trovarsi in famiglia e anche noi con un liquore dolce fatto con le mele accogliemmo Gesù Bambino con la serenità nell’animo. Arrivarono i canti tradizionali tedeschi che prevedevano il metterci sottobraccio al nostro vicino cantando una nenia triste che ci commosse tutti. Noi prendemmo parte al ritornello che consisteva nel ripetere la-la-la, muovendo la testa di qua e di là.

Si può immaginare le facce dei nostri eroi e delle mamme eroine che cantavano l’inno sacrificale per la pace domestica. Arrivò il nostro turno per cantare la nostra canzone natalizia “Tu scendi dalle stelle”, ma nessuno riuscì ad aprire bocca per la paura di essere uccisi. Questa volta fu zio Giuseppe che prese le redini in mano e intonò l’inno natalizio e venne fuori un canto solenne e commovente perché capimmo la nostalgia della loro famiglia e la gioia che avevano di trovarsi con noi. Ancora una volta Gesù Bambino ci fece ricordare che siamo tutti fratelli e potevano gioire di vedere, in loro, il nostro prossimo che avevamo reso felice. Tutti ci siamo sentiti come una famiglia senza fucili e rumori di cannoni.

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