Let Down - Il gioco del Faro

I racconti del Conte

Massimiliano Conte
22/01/2016
Cultura
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Le sue scarpe parlavano per lui: sabbia e fango. Le aveva appena scritto che stava male. Lui non stava mai così male, o almeno non da quando era finito il suo decennio orribilis.

Ma stavolta era diverso.

Aveva la consapevolezza di aver sbagliato tutto. Forse.

Settembre sembrava infinito, non ne voleva sapere di passare, ed era già dicembre. Durava da troppo. Come lui.

Nulla, neanche la bellezza violenta di quel posto, lo pacificava. E nel frattempo camminava, con i Radiohead nelle orecchie. Probabilmente si sarebbero sentiti (non capitava spesso, per molti motivi). Avrebbe chiamato lei dopo aver letto il messaggio, lei lo conosceva, condividevano il codice. Lui aveva deciso che lo squillo sarebbe arrivato mentre ascoltava LET DOWN. Repeat, repeat... non contava più le volte. Aveva iniziato un gioco col faro; ad ogni rotazione, un pensiero brutto doveva essere scacciato dalla luce. Pensava anche che il secondo faro più alto d'Italia gli avrebbe indicato certamente la direzione. Ma in quel mare lui non era una nave, era un ramo.

Il tardo pomeriggio virò verso sera. Il lettore mp3 non funzionava più, e lui ormai non aspettava, ne si aspettava,  nulla.

Aveva perso contro il faro, nulla di positivo gli veniva suggerito dal fascio di luce. Ma improvvisamente capì. Non era disperato, non aveva pene d'amore, non era triste.

Era solo stanco. Stanco di quelle false prospettive, di quella realtà irreale. Stanco di subire la fascinazione dagli esseri umani. Esseri finiti e limitati (strutturalmente) quanto o più di lui.

Scrisse un messaggio alle sue cinque persone care.

Erano le 23.00

“Sto radunando i pezzi della mia vita su questa spiaggia. Come rami per farne un falò. Ma senza fiamma. In molti di questi ceppi ci siete voi e non meritate certamente di essere bruciati. Ha vinto l'oscurità. Ho bisogno di un po' di tempo. Non cercatemi, lo sto già facendo io”. Aprì il telefono, gettò via la scheda, dormì sfinito sotto una tettoia della zona industriale poco distante. Col giorno, ritirò tutti i soldi dal conto corrente, comprò 5 schede sim, scrisse ad ognuno dei 5 un messaggio intimo e privato. Spense il telefono e ripose le schede in tasca per evenienze future (non prima di aver scritto, sopra ognuna, l'iniziale della persona con cui l'aveva usata). Utilizzando la connessione gratuita scrisse un post sul suo profilo.

“Ok computer, affido a te la mia lettera di dimissioni. Mi dimetto da animale politico, da lupo rispetto ai suoi simili e da tutte le dinamiche sociali che qualsiasi definizione abbia cercato di descrivere. Singolare che lo faccia attraverso un social...Mi dimetto appunto dalla mia natura, dalla mia vita sociale. D'ora in poi penserò a me stesso come semplice essere vivente e (talvolta) scrivente. Finiscono qui la mia collaborazione (sempre cercata con chiunque) e la mia competizione (sempre scacciata con chiunque). Termina la mia finta libertà, ovvero quella di scegliermi la schiavitù che più mi aggrada o che mi ripugna di meno. Da qui e da ora esprimerò pienamente il vuoto che mi riempie.

Sempre vostro ed ancora (parzialmente) vivo.

PARANOID ANDROID

E, letteralmente, sparì.

Nella tarda mattinata i destinatari dell'ultimo messaggio lo andarono a cercare, e sapevano dove. Trovarono la scheda che aveva gettato sulla spiaggia, la inserirono in un telefono. Ci trovarono le tante telefonate e messaggi che loro stessi avevano inviato. Ma da un numero nascosto, c'erano 15 chiamate perse e 3 messaggi in segreteria.

Il primo, 23.10 diceva “appena letto il tuo messaggio ho capito che stavi male. Poi, il tel si è spento e non si è più riacceso. Sto provando a chiamarti da casa. Se vuoi posso raggiungerti, fatti sentire”.

Il secondo, 3.40, la stessa voce ma in lacrime “Cosa ti è successo? Dove cazzo stai? Chiamami”

Il terzo, 8.20 “lo so, l'avrai ascoltata fino allo sfinimento. Magari anche ora la stai ascoltando” e partiva la una canzone “Transport, Motorways and tramlines Starting and then stopping, Taking off and landing. The emptiest of feelings, Disappointed people, Clinging onto bottles, And when it comes it's so so disappointing, Let down and hanging around, Crushed like a bug in the ground, Let down and hanging around”[1]

 

[1]“Trasporti, autostrade e linee tranviarie. Partire e fermarsi, decollare e atterrare. Sensazione di vuoto assoluto, sentimentalismo da poco, aggrappati a bottiglie. Quando succede è così così deludente, sono deluso e inconcludente schiacciato sotto la suola come un insetto, sono deluso e inconcludente”- Radiohead, Let Down - OK COMPUTER, 1997

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