Visita ad un Museo imprevedibile

La giostra della Memoria a San Salvo

Rossana Cilli
03/08/2016
Cultura
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Le vacanze in questa cittadina sul mare di nome San Salvo volgono al termine, sono le ultime ore di permanenza, ma c’è ancora una cosa da fare prima di chiudere le valigie.

A pochi passi dalla casa dove abito, proprio nel centro storico, la signora Angiolina ha creato un museo di “cose abruzzesi” che lei mi invita a visitare, e aggiunge, senza che io comprenda bene il senso: magari oggi una visita veloce, di pochi minuti, tanto per dare un’idea, poi ci torni…

Arrivo che le campane avvertono la fine dei vespri, lei apre un portone e subito mi ritrovo dentro una vecchia farmacia, ricostruita in tutto e per tutto con le sue credenze bianche, i vasi di ceramica decorata, un banco centrale e tutto intorno dei sacchi di iuta pieni di erbe medicinali e alle pareti dei poster che raccontano la “medicina” di due secoli fa: hai mal di testa? Ma è colpa del malocchio! E subito le istruzioni per levarlo…

Scendiamo poco dopo degli alti gradini di pietra che danno sulla prima di una sequela di stanze, stanzine e stanzette che si abbarbicano in un saliscendi di scale e gradoni stracolme di colori, profumi, oggetti, e storia, testimoni di una civiltà rurale che va scomparendo, ma le cui tracce sono qui fermate per sempre: gli attrezzi dei contadini bene in  fila, testimoniano un lavoro duro, interamente frutto della mani; ma poi subito dopo la stanza delle ceramiche, più avanti un banco di scuola nero, stretto, con le buche del calamaio e del  penino mi rituffano in una atmosfera severa da libro Cuore, e laggiù?

Guarda il banco da lavoro di un maniscalco, e quante radio a valvole! Giradischi a manovella! Ma vieni,vieni qua, incita Angiolina. Io giro ed entro nella stanza dei colori, vassoi, tazzine, le reclam di un tempo, perfino un enorme confezione di Borotalco Roberts; ma questa specie di Paese delle Meraviglie continua e sbocca nella stanza della sposa: un trionfo di corredi, camicie da notte, tovaglie di lino, con tanto di telaio e abiti da nozze.

Poi Angiolina mi nostra le sue bambole, comprate addirittura in America e poi dipinte e vestite da lei. Ogni tanto, in questo salire e scendere scale, infilarsi in stanze e stanzette traboccanti di oggetti di un passato ancora tutto da scoprire, getto uno sguardo dalle finestre, mi affaccio a un terrazzino – quello che è prospiciente la stanza delle gran dame – tutto un evocare di incontri galanti e baci rubati tra velluti e giarrettiere -  e godo del  paesaggio che spazia dalle campagne coltivate e l’azzurro del mare di questa costa straordinaria. Sì, non basta davvero una visita breve come questa.

Ci tornerò perché trent’anni di paziente lavoro di ricerca e raccolta meritano di più. Intanto complimenti Angiolina, sei la custode di una tradizione ricca e lontana che tutti dovrebbero conoscere!

 A presto.

Rossana Cilli

Foto di Davide Pitetti

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