Oggi è la festa di Cristo Re!

Commento al vangelo

Don Andrea Manzone
20/11/2016
Attualità
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La festa che celebriamo questa domenica – Cristo Re dell’universo – ha la radice profonda proprio nel brano evangelico che oggi la liturgia ci fa ascoltare. Storicamente questa festa nasce intorno agli anni ’20 del secolo scorso per ricordare al mondo che c’è un solo vero Re, Gesù Cristo, rispetto ai tanti dittatori che in quei tempi si apprestavano a prendere il potere.

E a noi moderni sembra non poco paradossale che per affermare la regalità di Cristo si legga un brano tratto dall’epilogo della vicenda storica di Gesù, la crocifissione tra due ladroni, finale poco scontato e assai poco (umanamente) attraente. Due sono le alternative: o Gesù si è sbagliato, o il nostro concetto di regalità è errato. Interroghiamo il testo.

L’inizio del brano è tagliente: il popolo guardava. In silenzio. I capi lo deridevano, e anche i soldati. Solo immaginare e contemplare questa scena è una preghiera intensa! Il figlio di Dio sta salvando il mondo e…lo guardano e lo deridono. Il lettore attento leggerà questo brano come fosse un’opera teatrale dai toni drammatici e magari sentirà ripetutamente un ritornello: “Salvi se stesso!”, ripetuto per ben tre volte dal potere politico, religioso e popolare. È quella che un autore di qualche anno fa – da cui è stato tratto un film – chiamava “l’ultima tentazione di Cristo”: dopo le tentazioni nel deserto, l’evangelista appunta che il tentatore sarebbe tornato nel tempo opportuno.

Ecco il tempo opportuno, ecco la tentazione delle tentazioni: salvare se stesso. “Se sei re, salva te stesso!” – se vuoi essere re, se vuoi comandare, se vuoi essere potente e affermare te stesso, pensa prima di tutto a te, salvati, mettiti al primo posto, mettiti al centro, ecco la tentazione di tutto il vangelo, ecco la nostra tentazione. Ecco scoperta la radice dei tanti “reucci” che si aggirano tra noi: mettersi al centro.

Oggi Gesù sceglie l’esatto contrario; lui che era Dio, non ha salvato se stesso, non si è messo al centro, è fuggito di fronte alla tentazione di stupire senza salvare, di scendere dalla croce da cui il popolo che guarda - ahinoi – il più delle volte non può abbandonare. Gesù mostra al popolo che guarda (nell’originale greco: “contempla”) il significato oscuro di quelle parole: “Chi vuol salvare la sua vita la perderà”. Gesù tace. Parlerà solo quando a parlargli sarà un amico, l’unico che lo chiama per nome, un malfattore tra tanti, ma che sa di esserlo, e che nel crocifisso, senza apparenza né bellezza, vede una promessa di vita, vede la realizzazione di un regno, quello vero, dove persino i cattivi trovano spazio e, addirittura, ne inaugurano gli ingressi. Vuoi regnare? Perdi te stesso! Vuoi entrare nel regno? Scegli l’ultimo posto. Il resto, semplicemente, ha le ore contate. Oh buon ladrone, santo operaio dell'ultima, ora inebriaci di speranza (F. Mauriac)

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