Com'è l'Italia che si appresta a vivere questo 2017?

Il rapporto annuale dell'Istat ci offre uno spaccato del nostro Paese

Antonia Schiavarelli
01/01/2017
Attualità
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Com'è l'Italia che si appresta a vivere questo 2017? Come ogni anno l'Istat, l'Istituto Italiano di Statistica, ci offre uno spaccato del nostro Paese, per comprendere meglio le sue dinamiche attraverso i numeri:

Chi vive in Italia?

Cresce la popolazione straniera (8,3% del totale dei residenti, +11.716 unità) e resta positivo, ma in diminuzione rispetto al 2014, il saldo con l’estero (+133.123). L’aumento degli stranieri non riesce però a compensare il calo della popolazione italiana residente60.665.551 persone al 31 dicembre 2015, oltre 130 mila in meno rispetto all’inizio del 2015.

 

Com'è distribuita la popolazione?

La maggior parte dei residenti si concentra nel Nord Ovest (27%), seguono il Sud (23%) e il Centro (20%). A livello territoriale, quelli intraregionali sono i trasferimenti più numerosi, anche se con entità differenti è il Mezzogiorno ad essere maggiormente caratterizzato da una forte emigrazione. Nel 2015, le iscrizioni dall’estero per trasferimento di residenza sono state 280.078, quasi 2.500 in più rispetto all’anno precedente; i cancellati per l’estero, invece, sono stati 146.955, 10.627 in più rispetto al 2014.

Quanto è vecchio il nostro Paese?

Nel corso degli anni il continuo aumento della sopravvivenza nelle età più avanzate e il costante calo della fecondità hanno reso l’Italia uno dei paesi più vecchi al mondo. L’indice di vecchiaia, dato dal rapporto tra la popolazione di 65 anni e oltre e quella con meno di 15 anni, è l’indicatore che meglio sintetizza il grado di invecchiamento della popolazione; al 1° gennaio 2016 è pari al 161,4 per cento, ancora in crescita rispetto all’anno precedente (157,7 per cento).

Stato civile

Nel 2014 l’andamento dei matrimoni, in linea con la decrescita già riscontrata lo scorso anno, continua la fase di diminuzione: si passa dai 194.057 matrimoni del 2013 ai 189.765 del 2014 (quasi 4.300 eventi in meno); il quoziente di nuzialità passa dal 3,2 al 3,1 per mille. Il Sud è la ripartizione dove ci si sposa di più (3,8 per mille). Le separazioni legali passano da 88.886 del 2013 a 89.303 del 2014; le separazioni consensuali, come negli anni precedenti, sono in netta prevalenza rispetto a quelle giudiziali e rappresentano l’84,2 per cento del totale. I divorzi subiscono una lieve flessione passando da 52.943 a 52.355

Quanto è istruito?

L’aumento della scolarizzazione ha prodotto, nel corso degli anni, un costante innalzamento del livello di istruzione della popolazione italiana.

Nel 2015 la quota di residenti in possesso di qualifica o diploma di istruzione secondaria superiore è del 35,6 per cento, stabile rispetto al 2014, mentre cresce la percentuale di chi possiede un titolo universitario, che passa dal 12,7 al 13,1 per cento. Sono le donne ad essere maggiormente scolarizzate. L’analisi del percorso istruzione-lavoro e del rendimento sul mercato del lavoro dei diversi titoli di studio – diploma di scuola secondaria superiore, laurea e dottorato di ricerca – fornisce uno strumento utile per valutare l’efficacia del sistema di istruzione superiore nel suo complesso. I giovani che lavorano dopo circa quattro anni dal conseguimento del diploma di istruzione secondaria superiore sono il 45,9 per cento, quelli in cerca di un’occupazione il 22,5 per cento. La scelta del tipo di scuola secondaria superiore è determinante nella successiva partecipazione al mercato del lavoro. I diplomati che provengono dai percorsi più professionalizzanti hanno livelli di occupazione più alti, pari al 63,0 per cento per chi ha studiato in un istituto professionale e al 58,5 per cento per chi proviene da un istituto tecnico, mentre la quota minima si riscontra tra i diplomati dei licei (26,1 per cento), dove si riscontra la massima propensione agli studi post-diploma (55,8 per cento). I laureati hanno tempi di ingresso nel mercato del lavoro diversi, a seconda se sono in possesso di una laurea di primo livello (laurea triennale) o di secondo livello (lauree magistrali e specialistiche biennali e a ciclo unico del vecchio e nuovo ordinamento). Nel 2015, dopo circa quattro anni dal conseguimento della laurea, ha un lavoro il 72,8 per cento dei laureati di primo livello, rispetto all’83,1 per cento dei laureati di secondo livello.

Quanto lavoro c'è?

In base ai risultati della rilevazione sulle forze di lavoro, gli occupati sono 22 milioni 465 mila, in crescita di 186 mila unità su base annua +0,8 per cento. Il tasso di occupazione del Nord (64,8 per cento) oltre venti punti più elevato di quello del Mezzogiorno (42,5 per cento). Torna a crescere il divario di genere, con l’indicatore che sale al 65,5 per cento tra gli uomini e al 47,2 per cento tra le donne.  

Oltre al tasso di disoccupazione, per analizzare le dinamiche del mercato del lavoro italiano è necessario tener conto anche del tasso di inattività della popolazione tra 15 e 64 anni, che si attesta nel 2015 al 36,0 per cento, un valore decisamente più elevato di quello medio della Ue (27,5 per cento).

 

Quanto siamo acculturati?

In Italia, il 18,6 per cento della popolazione non svolge nessuna attività culturale, per quanto semplice e occasionale. Nel Sud, la percentuale di coloro che dichiarano di non aver mai visitato musei, mostre, siti archeologici o monumenti, di non aver letto il giornale nemmeno una volta a settimana, né un solo libro in un anno, di non essere andati mai al cinema, al teatro, a un concerto, a uno spettacolo sportivo, né a ballare, è più alta rispetto alle altre ripartizioni: 28,6 per cento. Nel nord-est, invece, il livello dei non partecipanti è il più basso: 12,5 per cento. La non partecipazione totale è particolarmente elevata (23,7 per cento) tra coloro che risiedono nei comuni con meno di 2 mila abitanti, anche per evidenti motivi di minore accesso all’offerta. Musei e mostre sono disertati dal 67,0 per cento degli italiani (e dal 77,7 per cento dei residenti nelle regioni del Sud). I concerti di musica classica sono spettacoli non goduti, nel 2016, dall’89,7 per cento degli italiani. Tra i meno coinvolti ci sono gli appartenenti alle giovani generazioni (tra i 6 e i 10 anni si tocca quasi il 91 per cento) e gli abitanti del Sud e delle Isole (oltre il 90 per cento).

Quasi la metà degli italiani, il 54,7 per cento, nel 2016 non ha mai letto un quotidiano nell’arco di una settimana. I non lettori si concentrano fra gli abitanti del Sud (65,2 per cento), tra i bambini, gli adolescenti e i giovani fino a 19 anni. Le donne che non hanno mai aperto un quotidiano sono più degli uomini (59,4 contro 49,8 per cento). Quanto ai libri, quasi 6 italiani su 10 non ne hanno letto nemmeno uno in dodici mesi. Se si considera il genere, mentre non legge poco più della metà delle donne, i maschi non lettori totali sono ben il 64,5 per cento. Tra i residenti nelle regioni del Nord-est la percentuale dei non lettori di libri è la più bassa: 49,8 per cento, mentre al Sud raggiunge il 70,7 per cento.

Quanto siamo informatizzati?

Nel 2016, il 56,1 per cento della popolazione di 3 anni e più dichiara di utilizzare il personal computer e il 63,2 per cento di quella di 6 anni e più afferma di fare uso di Internet (Tavola 10.8). L’uso del personal computer coinvolge soprattutto i giovani e raggiunge i livelli più elevati nelle fasce di età 15-17 anni e 20-24 anni (83,2 per cento) e 18-19 anni (82,4 per cento). Dai 25 anni in poi la quota degli utilizzatori, pur mantenendosi su valori elevati, inizia a diminuire gradualmente fino a raggiungere i valori più bassi nelle fasce d’età più anziane (il 26,4 per cento per i 65-74 anni e il 7,5 per cento per i 75 anni e più). Un andamento del tutto analogo si riscontra per l’uso di Internet.

Questo è solo uno spaccato del nostro belpaese, che ci dà il polso di quello che siamo e di dove stiamo andando, al di là della mera propaganda politica, i numeri forniscono verità constatabili, senza una narrazione retorica. Di seguito il link per eventuali approfondimenti.

Fonte Annuario Statistico Italiano 2016

 

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