Lettera aperta a Don Michele Carlucci e Sua Eccellenza Bruno Forte

Gerico scrive al parroco e al vescovo per salvare la chiesa

DIRETTIVO DELL’ASSOCIAZIONE DI VOLONTARIATO GERICO PARROCCHIA SAN NICOLA
17/03/2017
Attualità
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Ci accingiamo a scrivere con non poca amarezza nel cuore, in questi anni siamo rimasti in silenzio ed a servizio della nostra Comunità.  Abbiamo provato con delicatezza e cercando di tutelare e difendere il parroco a dire no alla demolizione di una Chiesa. Ma ora la delicatezza ed il silenzio sarebbero omertà e non possiamo eticamente permetterlo: la nostra CHIESA è chiusa ai fedeli. Era davvero necessario tutto ciò?

I tempi erano ormai maturi per avviare i lavori di qualsiasi genere di questi si trattasse, si doveva proprio arrivare a tanto? Per quale motivo? Solo per poter dire o definire ragioni e torti che in questa storia hanno quasi dell’assurdo?

Già i tempi che viviamo in parrocchia non sono lieti e la frattura che si è creata non dà segni di cedimento, ma questo gesto, voluto e causato da chi ha azionato intenzionalmente la macchina dell’intervento dei Vigili del Fuoco, ha posto definitivamente la parola demolizione non sulla Chiesa (che continuiamo a credere che non si farà), ma su un’intera comunità di fedeli. Demolizione che per dire il vero era già avviata da tempo.

Ci chiediamo: può la scelta della cura della casa del Signore creare si tanta acridine tra le sue membra vive?

E chiediamo ai nostri Pastori, Don Michele Carlucci e Sua Eccellenza Bruno Forte, si poteva fare di più o diversamente per evitare che tale frattura si creasse?

Siamo quella parte di Comunità che, pur nella consapevolezza che la Chiesa di San Nicola avesse urgente bisogno di lavori di consolidamento e ristrutturazione (che potevano essere avviati da anni se non ci si imputava su progetti insostenibili), voleva optare per una scelta diversa da quella della demolizione.

Una scelta dettata sicuramente da un aspetto affettivo, siamo profondamente legati a quelle mura, talmente tanto da trovare quella "Tenda di Dio" tra le case degli uomini anche molto bella, pure con i segni del tempo addosso. Ci trema il cuore se pensiamo alla nostra storia tra quelle pietre del Tempio e alla storia condivisa di tanti volti della nostra comunità e della nostra città, alcuni dei quali non ci sono più. Il nostro incontro personale con Gesù è avvenuto grazie ad un volto, in un’ora ed in un luogo certo. Ed il luogo certo è quella tenda che ha per noi tutto il senso del Tabor che ha trasfigurato la nostra vita.

Ma a questo aspetto affettivo (che vi preghiamo di non considerare di poco conto, ci sarà una ragione se nei paesi terremotati si sceglie di salvare anche solo la parete di una chiesa o di un monumento simbolo di quelle comunità, forse per non lasciare che venga cancellata la memoria di quello che è stato, perché il domani lo si costruisce sulle mura della storia non sulle macerie), abbiamo sempre aggiunto anche una preoccupazione economico – finanziaria, e continuiamo ad avere perplessità sul fatto che il costo di una ricostruzione sia minore o uguale a quello di una ristrutturazione ed eticamente crediamo che alle mura delle nostre Chiese dobbiamo preferire la cura delle Anime e delle persone con le loro povertà - altrimenti corriamo il rischio di cadere nel santo errore di Francesco che pensava il suo compito fosse ricostruire con mattoni ciò che doveva essere ricostruito con l'Amore e la Perfetta Letizia.

E così veniamo al punto.

Ci hanno insegnato ad Amare una Madre Chiesa Amorevole ed Accogliente: amare a prescindere, accogliere senza se e senza ma.

Ci hanno insegnato ad uscire dalla sacrestia per vivere la nostra comunità e la nostra città in ogni ora ed in ogni angolo, a raccontare un Vangelo Vissuto!

E il Vangelo è Lieta Novella! Lieta notizia di un Amore che trasforma e tutto rende “Bello”, di una Bellezza che può salvare il mondo!

E’ questo l’annuncio che vorremmo la nostra comunità tornasse a dare!

Invece che pensare a discutere sulle pietre avremmo voluto confrontarci con letizia nella comunità e con il Parroco su questo Annuncio, su

Come Annunciare questa Bellezza nel nostro quotidiano, nella nostra vita per far sì che invada la comunità tutta, il quotidiano e la vita dell’Altro tanto da porre nel suo cuore quella fiamma di inquietudine che solo il Padre Buono può colmare?

Come Annunciare che quel Padre Buono aspetta tutti alla Sua Mensa perché tutti ama e ancora più ama quelli che sono assenti dalle panche perché loro sono le pecorelle smarrite che Lui vuole ritrovare attraverso noi?

Come rimanere vicino e far sentire l’amore di Dio alle famiglie lesionate, ai loro figli e alle nuove unioni costruite a volte sulle macerie? magari non facendoli sentire sbagliati e additati?

Come insegnare e testimoniare a tutti i nostri ragazzi e i nostri giovani che la vera Felicità può darla solo Gesù, e che solo Gesù è l’incontro che cambia la vita? Magari vivendo con loro ogni attimo della loro esistenza e non part time o completamente assenti?

Come educare al servizio della Chiesa i più piccoli, magari anche con il servizio sull’altare? magari aperto a tutti a prescindere se maschietti o femminucce?

Come consolare chi piange una morte, come confortare chi è nel dolore, nella povertà e nella solitudine?

E la risposta a questi come sicuramente non è con la durezza nel cuore e nelle regole né con le divisioni interne che invece stiamo offrendo in pasto alla Città!

E sicuramente non con piccoli e grandi sotterfugi, con frasi smezzate e mezze verità, cose dette e poi non dette soprattutto ai danni dei non presenti, indagini, atteggiamenti investigativi e pettegolezzi continui, progetti approvati con somme stanziate e poi negati e addirittura infine con la chiusura di una Chiesa inevitabile non perché realmente pericolante, ma perché aperta forse metteva in pericolo la realizzazione di un disegno già definito. E sia chiaro nulla abbiamo nei confronti di Istituzioni Pubbliche chiamate a fare il loro dovere.

Noi le domande le poniamo alla Chiesa, quella a cui la strada è stata indicata: “Voi, non siete della notte, né delle tenebre. Siete figli della luce e figli del giorno»

Cara nostra amata comunità, caro Don Michele, caro Mons. Forte, Cari membri del Collegio dei Consultori, si poteva e doveva fare di più o fare diversamente!

Non è una Chiesa della Bellezza e della Letizia quella che stiamo annunciando. Non una Chiesa della Verità.

E vi preghiamo di non smorzarne la gravità puntando il dito solo sui social o sui network che si dovevano o potevano evitare, o su una raccolta firma utile o inutile che sia, quasi come se evitato il chiasso mediatico il fango (inteso come Bruttezza) fosse minore; il fango è fango e sporca anche la parte di creato più bella. Il fango va lavato non lavandosene la mani, ma riportando alla luce ciò che di bello ha sporcato, ossia una Comunità in Festa intorno alla Mensa del Signore!

Siamo più preoccupati per una comunità in frantumi che per una Chiesa con lesioni murali!

Chiediamo perdono per quello che noi non siamo riusciti a fare, e chiediamo scusa se abbiamo commesso degli errori.

Continueremo a sentirci parte di questa Madre Chiesa ed a lei chiederemo con coraggio e forza come abbiamo fatto sino ad oggi:

di continuare ad essere Amorevole ed Accogliente per tutti e non solo per ”pochi”;

di essere una Chiesa del Grembiule e non dei sermoni autorevoli,

di essere Casa tra le Case per abitare la vita degli uomini e delle donne lasciando orme indelebili di Via Verità e Vita nei loro cuori e non segni di divisione e discordia,

di essere Testimone dell’Assoluta Bellezza del Padre Buono e non di un rigorismo morale e di uno zelo religioso che nulla ha a che fare con la Lieta Notizia del Vangelo,

di essere si ferma nei comandamenti, ma di ricordare a Tutti che il più grande è il comandamento dell’Amore

ed infine di essere Chiesa Povera tra i Poveri che in Povertà ristruttura anche la casa in pietra del Padre.

E’ questa la Chiesa che vorremmo insegnare ad amare ai nostri figli e ai nostri giovani che si affacciano verso il domani e questa Chiesa continueremo a servire; dall’altra Chiesa non possiamo che prendere le distanze.

Foto di Simone Colameo

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