Verità e bene, il buono e il vero si trovano anche in una vita travagliata

Commento al vangelo

Don Simone Calabria
18/03/2017
Religione
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III Domenica di Quaresima A

(Es 17,3-7; Sal 94; Rm 5,1-2.5-8; Gv 4,5-42)

 

Vuoi riprendere i rapporti di un amore? Gesù, che guarda il nostro cuore, oggi, ci mostra nel Vangelo il metodo di Dio, in uno dei racconti più ricchi: il dialogo con la Samaritana. Gesù siede al pozzo di Sicar, è molto stanco; giunge, intanto, una donna senza nome e dalla vita fragile.

È l’umanità, è la sposa che se n’è andata dietro ad altri amori, e che Dio, lo sposo, vuole riconquistare. Perché il suo amore non è stanco, e non gli importano gli errori, gli sbagli, ma vede quanta sete abbiamo nel cuore, quanto desiderio.

La nostra vita è tutta qui: nel rapporto d’amore tra Dio e l’umanità (noi), da quando nasciamo fino a quando moriamo. Dio ci invita alle nozze con lui, ad appartenere a Lui, a stare con Lui. Ognuno, però, con un suo modo diverso.

Gesù dice alla Samaritana: “Dammi da bere”. Lo sposo (Gesù) ha sete, ma non di acqua, ha sete di essere amato.

Gesù inizia il suo corteggiamento (cioè la fede è la risposta al corteggiamento di Dio) non rimproverando ma offrendo: “Se tu conoscessi il dono di Dio…”.

Il dono è il tornante di una strada, di questa storia d’amore. Dio non chiede, ma dona; non pretende, ma offre: Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna».

Una sorgente intera in cambio di un sorso d’acqua.

È un segno bellissimo: la fonte è molto più di ciò che serve alla nostra sete; è senza misura, senza fine, senza calcolo. Esuberante ed eccessiva. Immagine di Dio: il dono di Dio è Dio stesso che si dona. Con una finalità precisa: che torniamo tutti ad amarlo da innamorati, non da servi; da innamorati, non da sottomessi.

Dice Gesù alla Samaritana: “Va a chiamare tuo marito e ritorna qui”. Gli rispose la donna: “Io non ho marito”.

In pratica gli dice Gesù: “Vai a chiamare colui che ami”. Gesù quando parla con le donne va diritto al centro, al pozzo del cuore; il suo è il loro stesso linguaggio, quello dei sentimenti, del desiderio, della ricerca di ragioni forti per vivere. Solo fra le donne Gesù non ha avuto nemici.

Il suo sguardo cerca il positivo di quella donna, lo trova e lo mette in luce per due volte: “hai detto bene: “Io non ho marito”; e alla fine della frase dice: “Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero”. Trova verità e bene, il buono e il vero anche in quella vita travagliata. Vede la sincerità di un cuore vivo ed è su questo aspetto che si appoggia il resto del dialogo.

Non ci sono rimproveri, giudizi, consigli. Gesù invece fa di quella donna un tempio. Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». La samaritana dice a Gesù dove adorare Dio, su quale monte? Ma sei tu, dice Gesù, in spirito e verità, il monte; tu il tempio in cui Dio viene. Gesù le dice: “Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei.

Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano”.

E la donna intanto, dice il Vangelo, “lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto”.

La sua debolezza diventa la sua forza, la sua testimonianza di Dio.

Affascinati dall’umanità di Gesù, diventeremo, anche noi come la Samaritana, suoi annunciatori. Non dobbiamo temere le nostre debolezze, ma dobbiamo costruirci sopra. Possono diventare la pietra d’angolo della nostra casa, del tempio santo che è il nostro cuore. Amen.

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