Io chi sono per te?

Commento al vangelo

Don Beniamino Di Renzo
27/08/2017
Attualità
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XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO, 27 agosto 2017

(Mt 16, 13-20)

Spesso ci rendiamo conto, nel rileggere le pagine del Vangelo, che Gesù è un gran camminatore: si sposta di continuo, e di conseguenza, fa camminare spesso i suoi discepoli. Il percorso a volte ha mete più chiare e comprensibili mentre, tante altre, si fatica a camminare dietro al Maestro, nonché a capire il luogo verso il quale è diretto.

Oggi porta i suoi discepoli a Cesarea di Filippo, conosciuta al tempo anche come Banias, per l’esistenza di un tempio dedicato al dio Pan. È curioso notare come Gesù scelga luogo dove si pratica il culto panteistico, per interrogare i suoi discepoli riguardo alla verità sulla sua persona. Sì, il maestro ora vuole educere (educare, trarre fuori) dal cuore dei suoi discepoli le domande, i dubbi, le incertezze, le intuizioni che essi hanno maturato a suo riguardo.

La prima domanda è più ampia: «la gente, chi dice che io sia?»; essa non esprime l’analisi di un indice di gradimento, bensì è volta a comprendere quali sono le motivazioni che spingono le persone ad avvicinarsi a Gesù. Dalle prime risposte qualcosa si comprende: «alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». Dunque c’è il richiamo a figure del passato, importanti figure, ma pur sempre del passato!

Pensare a Gesù come il ritorno di Giovanni Battista così amato dalle folle, soprattutto dai peccatori, o di Elia e Geremia, figure chiave del movimento profetico d’Israele, vuol dire sì riconoscere la grandezza del Rabbi di Nazareth, esprimere ammirazione per lui, per la sua predicazione, per la sua coerenza di vita; vuol dire però avere anche la possibilità di poter prendere, qualche volta, le distanze da lui. I profeti e i grandi maestri sono uomini santi, rispettabili, affascinanti, costituiscono un richiamo forte ai grandi valori, ma sono anche uomini originali, che fanno cose che non tutti possono fare ed è per questo che ci si può sentire liberi di ascoltarli oppure no. Come per tutti i grandi pensatori dell’umanità, se ne può apprezzare l’insegnamento, ricavarne qualche perla di saggezza, ma anche lasciar cadere il tutto, a seconda o meno della convenienza di ciò che essi dicono.

È lo stesso rischio che si potrebbe correre con Gesù, farlo diventare un “Dio fai da te”: al quale ricorro come grande figura della storia, filantropo che ha compiuto tanto bene, per citarlo nei grandi temi di solidarietà, di giustizia e di pace, ma senza far cenno alla sua divinità (relegandola quasi nella sfera del mito) o, al contrario, lo immagino solamente come un essere superiore “bonaccione e immobile” al quale mi rivolgo per “ottenere” qualcosa come fosse semplicemente un distributore automatico di grazie.

La seconda domanda che Gesù rivolge ai suoi interlocutori è più scomoda: «ma voi, chi dite che io sia?»; la risposta a questa domanda non è altrettanto immediata, i discepoli sono colti di sorpresa, sono forse imbarazzati, il testo non parla di “silenzio” tra i dodici, tuttavia mi piace immaginare che dopo solo alcuni istanti, il silenzio è infranto dalla risposta di Pietro che esclama: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».

Sì, è proprio Pietro che risponde: l’uomo impulsivo, con la testa dura, che scapperà davanti all’arresto di Gesù e che lo rinnegherà, ma anche l’uomo generoso, pronto a lasciarsi guidare e, ogni tanto, a rimproverare, ad avere l’umiltà di accogliere lo sguardo di misericordia del maestro, e che riceve sulle sue umili spalle una missione universale che lo porterà ad offrire la vita. Pietro è chiamato “beato” da Gesù, perché ciò che lui ha esclamato è un dono che gli è stato fatto dal Padre celeste. Pietro è beato non perché ha ricevuto un privilegio personale, ma perché questa professione di fede: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» è un’affermazione da annunciarsi al mondo: quella di un Dio che si vuole far conoscere alle sue creature attraverso il suo Verbo Eterno d’amore fatto carne.

Come dice sant’Agostino, non è tanto Pietro ad essere la roccia su cui poggia la chiesa quanto la sua professione di fede. È su questa affermazione che poggia da duemila anni la vita della Chiesa (assemblea dei convocati), guidata da Pietro e dai suoi successori nel cammino della storia. Il Signore possa condurre te e me, ognuno di noi, nei sentieri della vita; Gesù possa metterci spesso davanti a questa domanda fondamentale: «chi sono io per te?», una domanda che ci scuote nel profondo, ci fa fare i conti con le paure e i rinnegamenti di Pietro, ma che ci accomuna a quest’ultimo anche nel desiderio di amarlo e riconoscerlo Signore e Salvatore di ogni nostro giorno.

 

 

 

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