Segnalazioni siringhe: un ex operatore di comunità “... chi si occupa dei giovani?”

Maria Napolitano
29/01/2018
Attualità
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Spesso arrivano in redazione le segnalazioni di genitori e nonni preoccupati che vedono, nelle immediate vicinanze dei luoghi di studio e di svago dei propri figli e nipoti, le classiche siringhe utilizzate da chi fa uso di stupefacenti. La foto in copertina è solo l’ultima arrivata in redazione scattata da un papà molto preoccupato nei pressi del campo della Podistisca.

Queste siringhe, nella maggiorparte dei casi, nel giro di breve tempo, quando sono visibili, vengono rimosse dagli addetti alla pulizia delle strade. Ne è la prova che nel tentativo di ripercorrere le tappe delle ultime segnalazioni (spesso corredate di foto), queste non c’erano più.

Ma la siringa lasciata per strada non può lasciare nell’indifferenza e non essere interpretata come una richiesta di aiuto da parte di chi ne ha fatto uso.

Stamattina, interpellato sulla questione, Dario Saraceni (leggi), un ex operatore di comunità oggi in pensione, ha evidenziato questi spunti di riflessione:

“La semplice siringa lasciata per terra non è un problema in sé. Questa poi viene raccolta e buttata nella spazzatura da coloro che sono addetti a fare questo lavoro. Ma il problema vero sono le persone che l’hanno lasciata. Spesso si tende giudicare e a puntare il dito contro di loro.

Ma in quanti si chiedono chi sono costoro? Chi si occupa di loro? Quali sono le loro storie? Cosa li ha condotti in quel baratro?

Ma innanzitutto, in generale quali politiche ci sono per i giovani? O spesso se ne occupano solo le agenzie di marketing che gli devono vendere quel jeans o quella bottiglia di bibita o peggio ancora coloro che devono vendere loro la droga? Ci sono progetti di politica locale a lungo termine che si prefiggono di fare una prevenzione seria che riesca a coinvolgere tutte le agenzie educative del territorio? I genitori stessi si si occupano dei propri figli? O demandano esclusivamente ad altri questo ruolo? Occorre che tutti entriamo nell’ottica non del preoccuparci ma dell’occuparci.”

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