Prima di 5 figli, Maria Pagano è una donna sansalvese nata dopo la seconda guerra mondiale che si contraddistingue per una grande passione, il teatro.
Come è nata la sua grande passione per il teatro?
Quando ero piccola abitavo in via Fontana a San Salvo e di fronte casa mia vivevano le suore del paese. Trascorrevo intere giornate con suor Teobalda e suor Elisa. Mi consideravano come una figlia: si occupavano di me in tutto e per tutto. Essendo la più grande, spesso mi dovevo occupare dei miei fratelli e con le suore mi sentivo iper- coccolata e amata come se fossi una loro figlia unica. Mi insegnavano le poesie e ad ogni occasione importante mi mettevano sul palco per presentare gli eventi e recitare alcuni componimenti. Anche don Cirillo Piovesan, un parroco molto rigido e dalla grande integrità morale, aveva un affetto paterno nei miei confronti. Nel 1959 aveva realizzato un cinema, il primo a San salvo. Anche in occasione della sua inaugurazione, avvenuta nel 1959, io avevo solo dodici anni e mi diedero il compito di leggere il discorso inaugurale. Con le suore e il parroco ho appreso la bellezza dello stare in mezzo agli altri e vivere la chiesa e il vangelo. Anche quando sono cresciuta e diventata adulta, prima nella parrocchia di San Giuseppe e poi in quella di San Nicola, ho sempre prestato la mia collaborazione. Pasqua, Natale e ogni altra occasione era buona per inscenare delle rappresentazioni teatrali.
Nella San Salvo contadina di quel tempo avevi maturato qualche sogno?
Sì volevo diventare una maestra. Quando ero piccola mi mettevo sempre sulla cattedra e nei giochi con le mie coetanee io avevo sempre il compito di insegnare. Ero una “capo banda”! La mia maestra delle elementari, Vincenzina Musci, aveva una grande considerazione di me e un giorno convocò mio padre per dirgli che dovevo assolutamente proseguire negli studi. Anche mia madre ci esortava sempre in tal senso. Per poter frequentare le scuole medie, papà si indebitò per mandarmi a Vasto. Spesso davo ripetizioni ai ragazzi più piccoli di me. Dopo qualche anno dal diploma alle magistrali di Vasto entrai a lavorare come segretaria alla Siv e siccome in quel periodo conobbi colui che poi è diventato mio marito, chiesi il trasferimento a Milano dove lui lavorava alle Poste. Ma appena nacque la mia prima figlia scelsi di occuparmi della famiglia e mi licenziai. Qualche anno più tardi mi rimisi a studiare per insegnare ai bambini, il mio vecchio sogno! Quando la mia famiglia lo consentiva ho potuto realizzare il mio sogno. E di questo vado fiera. Sono diventata una insegnante di ruolo a 40 anni ma ho sempre fatto questo lavoro con grande passione:
Qua’ era la tua principale peculiarità come insegnante delle elementari?
La grande passione per i bambini, la stessa che avevo quando anche io lo ero. Utilizzavo il teatro come un eccellente strategia didattica anche per i bambini che avevano difficoltà di apprendimento. Durante i collegi docenti non mi importava di quello che dicevano, avevo una sola priorità, il bene dei bambini. Quando le condizioni metereologiche, lo consentivano, facevo sempre lezione fuori. Quante belle lezioni ho fatto sotto quella grande quercia di via Verdi. E poi il teatro era davvero un’arma vincente. In alcune occasioni chiamavo a recitare contemporaneamente, alunni, genitori, insegnanti e collaboratori scolastici. Diventavano un tutt’uno! Una volta ne ho fatto uno anche sul collegio docenti! La dirigente Di Carlo mi diceva “Hai portato nella scuola la cultura del sorriso”.
Cosa cerchi di trasmettere con il tuo teatro?
Con le mie rappresentazioni cerco sempre di portare dei messaggi cristiani molto forti mixandoli con il divertimento e a volte anche con formule dai toni grotteschi. Ridere fa sempre bene.
E poi amo molto utilizzare il dialetto; persino papa Francesco ha detto:
"Io voglio dirvi una cosa soltanto, che tocca a voi: la trasmissione della fede soltanto può farsi in dialetto, la lingua intima delle coppie. Nel dialetto della famiglia, nel dialetto di papà e mamma, di nonno e nonna…si fa in dialetto, e se manca il dialetto, se a casa non si parla fra i genitori quella lingua dell'amore, la trasmissione non è tanto facile, non si potrà fare".