Trivilini:  “Lavorare nel sociale per me non è un lavorare ma è la mia vita”

Maria Napolitano
12/08/2018
Personaggi
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Giuliana Trivilini è una donna che sa trarre dalle sue esperienze il bello della vita ed essere sempre positiva e solare. La sua vita è sempre stata impregnata dal mondo del sociale. Sin dal 1995 e sino a ottobre 2017 è stata coordinatrice del Centro diurno degli anziani e attualmente è educatrice della Casa Famiglia di San Salvo. Anche se con stipendio e mansioni rispetto al lavoro precedente, continua a metterci l’anima nel suo lavoro.

Mi parla della sua infanzia, adolescenza e gioventù a San Salvo?

Grazie alla mia famiglia ho avuto una infanzia e un’adolescenza molto serena e piena. Avevo un rapporto molto bello e profondo anche con i miei nonni. Nonostante mio padre fosse un semplice operaio e mia mamma una contadina, tutte le domeniche ci portavano al cinema. Abitando al centro del paese, stavo sempre fuori a giocare con i miei coetanei. Ricordo ancora quando il televisore era un lusso di pochi e di come lo si condivideva con i vicini che non ce l’avevano. D’estate veniva posizionato vicino alla finestra di modo che tutti la potessero vedere da fuori e d’inverno ognuno si portava un braciere e si entrava nelle case. Ereditando un po’ la passione per la politica di mio nonno e del mio bisnonno Nicola e Teodoro Bevilacqua, ho sempre sentito molto forte il senso della lotta contro le ingiustizie. A 13 anni, insieme a Orazio Di Stefano e Giancarlo Cilli, facevo parte del segretariato della FGCI e a 28 anni sono anche entrata nel Consiglio comunale di San Salvo. Dopo la maturità al commerciale e alcuni lavori come ragioniera sono entrata nel mondo del sociale, quello che mi era più congeniale.

Come è arrivata a questo settore?

Nel 1993/1994 a San Salvo il comune di San Salvo avviò il progetto Atlantide che coinvolse me e tantissimi altri giovani in vari corsi di formazione e io seguii quelli di operatore di strada e di animatore socio- culturale. Dopo questa esperienza di formazione molto forte che ci aveva fatto toccare con mano varie realtà disagiate anche fuori San Salvo, era tanta la voglia di rendersi utile e fare qualcosa per gli altri. Tentammo anche di creare una cooperativa sociale ma non ci riuscimmo. Contattai Renzo Pagliai che era il coordinatore della Cooperativa Futura di Atessa. In quel periodo, in occasione del primo piano sociale della Regione Abruzzo, il comune incaricò un esperto di Politiche sociali, dott. V. Castelli per svolgere seminari e corsi di formazione nell'ambito della cooperazione e della prevenzione. Nel 1995 facemmo un indagine conoscitiva tra gli ultra 65enni del paese per rilevare quali potevano essere le loro esigenze e realizzare un piano per soddisfare questi bisogni. Fu un lavoro molto certosino e da cui partì un progetto pilota, il “Centro diurno degli anziani”. Man mano ne divenni la coordinatrice e mi innamorai letteralmente di questo lavoro.

Quali sono state le sue priorità in questi 23 anni di lavoro con gli anziani?

Li ho sempre considerati come dei nonni non solo miei ma anche dei miei figli. Uno de punti di riferimento di questa struttura, Elia Moscufo diceva “non mi toccate Giuliana perché lei è cresciuta con noi e noi siamo invecchiati con lei”.  Giampietro Concetta una delle presidenti del centro con più anni di mandati e con la quale ho condiviso tutti i momenti importanti di questo servizio diceva "Siamo sempre le prime ad entrare... le ultime a uscire dalla struttura". Ho sempre cercato di mettere insieme diverse realtà con un semplice lavoro di coordinamento dando la giusta considerazione a oguno: nessuno doveva fare il galletto e allo stesso tempo nessuno doveva essere mortificato. Con questo spirito ho unito le forze di dei vari cori degli anziani che c’erano a San Salvo. Il Centro diurno oltre a essere un dispensatore di servizi per i suoi iscritti (ginnastica, socializzazione e aggregazione, uscite fuori porta anche con persone che non si potevano muovere, e tanti altri servizi di rilevanza sociale, culturale e informativo-sanitaria) era anche un luogo dove potersi sentire ancora utili.  In diverse occasioni il centro è divenuto anche un punto di riferimento per la città. Solo per fare degli esempi: gli anziani hanno anche cucinato per grandi eventi come ad esempio per i volontari che partecipano alla preparazione delle sagnitelle e dei taralli di san Vitale; il coro si esibito in diverse manifestazioni dando segno di una grande coesione e armonia interna. Ho cercato di inglobare le famiglie degli iscritti con progetti intergenerazionali. La mia famiglia dice che vivo per progetti.

Dopo 23 anni di lavoro con gli anziani come vive il suo nuovo lavoro con questi ragazzi?

Sono due categorie con bisogni quasi opposti. Il lavoro precedente mi poneva in qualche modo più in vista, questo è un lavoro nascosto ma più profondo. A questi ragazzi cerco di trasmettere quanto ho appreso dall’ascolto filiale e dalla saggezza degli anziani con l’obiettivo di portarli un giorno a camminare con le loro gambe. Li considero un po’ come degli altri figli con cui cerco di non ripetere gli stessi errori che posso aver commesso con i miei.

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