Il trauma psicologico: quando gli eventi non sono ben elaborati e generano sofferenza

02/02/2019
Attualità
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Tutti noi, per il solo fatto di vivere una vita piena di imprevisti, siamo esposti all’eventualità di sperimentare traumi psicologici. Come ci racconta la dott.ssa Caccico dell’Istituto IPSICO di Firenze, il termine ha assunto, a livello popolare, un’accezione generalizzata, tanto che viene chiamato trauma qualsiasi evento che scuote emotivamente. Ma la parola ha una sua specifica definizione clinica e di conseguenza uno specifico trattamento. In generale è considerato un trauma un evento emotivamente non sostenibile, definito in rapporto alle capacità del soggetto di sostenerne le conseguenze. La possibilità di reagire efficacemente pone dunque il confine tra un’esperienza estrema e grave, ma non necessariamente patogena,e il trauma psicologico.Secondo il DSM – 5, il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, la sofferenza psicologica che segue l'esposizione a un evento traumatico o stressante è molto variabile. In alcuni casi, i sintomi possono essere compresi tra stati d’ansia o di paura costante. Altri sperimentano sintomi anedonici e disforici, di rabbia e aggressività esternalizzate, oppure sintomi dissociativi. Inoltre, l’evento traumatico può essere rivissuto in vari modi: sintomi comuni sono sogni spiacevoli che ripetono l'evento stesso, ricordi ricorrenti, involontari e intrusivi dell'episodio, chiamati "flashback", tipicamente brevi, ma che possono essere associati a sofferenza prolungata e aumento dell'arousal. Spesso si manifesta intensa sofferenza psicologica o reattività fisiologica quando l'individuo viene esposto a eventi scatenanti che assomiglianoa un aspetto dell'evento traumatico (per esempio sentire la frenata di un’automobile per chi è stato investito). Questi stimoli vengono evitati sempre o quasi sempre.

Quando questi sintomi si strutturano e permangono dopo un mese dall’accadimento traumatico, possiamo parlare di Disturbo da Stress Post Traumatico (PTSD), una condizione invalidante, che causa estrema sofferenza al soggetto, in cui vi è ri-esperienza, evitamento, arousal elevato,cognizioni e umore negativi.Iperarousal, tensione, insonnia, irritabilità, difficoltà a mantenere l’attenzione e la concentrazione, ipervigilanza, iperallerta,numbing (appiattimento affettivo),evitamento di persone, luoghi, situazioni che potrebbero far riaffiorare i sentimenti provati durante il trauma sono i sintomi tipici del disturbo.

È possibile comunque parlare di diverse tipologie di traumi: quando veniamo esposti direttamente a morte reale o minaccia di morte, grave lesione oppure violenza sessuale, o veniamo a conoscenza di un evento traumatico accaduto a una persona cara possiamo parlare di trauma “con la T maiuscola”, ossia ferite importanti che minacciano la nostra integrità. Alcuni esempi possono essere calamità naturali, incidenti stradali, violenza sessuale, aggressioni, suicidi o diagnosi di malattie incurabili. Le persone che hanno subito tali eventi rivivono costantemente il trauma, con sensazioni vivide, come se l’evento traumatico fosse accaduto pochi giorni prima.

In questi casipossiamo anche identificare le fasi del trauma:

1. La situazione esplode, il corpo e la mente si attivano per elaborare le informazioni.

2. Stato  di shock, in cui vi è disorganizzazione mentale, confusione, perdita di concentrazione, reazione da stress (tremori, freddo, pianto, nausea), negazione o dissociazione (incredulità, incomprensione del significato), arousal elevato (rabbia, tristezza, paura, eccitazione per essere sopravvissuto).

3. Impatto emotivo, in cui sono presenti incubi, depressione,colpa con tendenza all’isolamento.

Se il nostro sistema di elaborazione degli eventi traumatici si attiva correttamente ed è in grado di processare le informazioni allora:

4. Vengono messe in atto strategie di coping per affrontare, capire erielaborare (“cosa sarebbe successo se..? perché a me..?…e la prossima volta?”).

5. Accettazione e risoluzione dove la persona si sente vulnerabile, ma non impotente. Vi è la comprensione di non poter controllare tutto, ma è possibile controllare la risposta all’evento.

6. Imparare a convivere con gli anniversari o a esperienze simili all’evento.

Vi sono anche traumi “con la t minuscola” che si riferiscono ad esperienze che oggettivamente sembrano essere meno rilevanti, ma che possono essere importanti se avvenute in periodi particolari (ad esempio durante l’infanzia) e ripetute nel tempo. In questo caso,maltrattamenti ripetuti (ad esempio abbandono, trascuratezza), da parte delle figure di riferimento, rivestono un ruolo fondamentale nell’esordio di numerose psicopatologie, soprattutto se sono presenti fattori psicosociali e di vulnerabilità genetica. Essi possono portare avarie alterazionidello sviluppo neurologico creando una base per deficit dell’elaborazione emotiva, aspetto che è spesso la base dei disturbi psicologici. Questi eventi si imprimono in specifiche aree del cervello modificando gli atteggiamenti, le emozioni e le relazioni con gli altri nel corso della vita: sensazioni di insicurezza, scarsa autostima, colpevolizzazioni e sintomi ansiosi o depressivi sono all’ordine del giorno.

In effetti, l’essenza della genitorialità consiste nel promuovere il benessere e la salute mentale del bambino. La madre, attraverso la sua voce, può ridurre la produzione del cortisolo, dell’ormone dello stress(utile per rispondere ai pericoli ma non per la regolazione dell’umore) e aumentare l’ossitocina(utile a fornire disponibilità e calore umano). Se pensiamo all’effetto che hanno le coccole sui bambini è facile comprendere questi meccanismi. La presenza della madre, le parole e l’incoraggiamento hanno un potere calmante e predispongono positivamente alla risoluzione dei problemi. La sensazione di sicurezza di base cresce nel bambino attraverso l’esperienza di essere visto come qualcuno di importante e di speciale per i caregiver. Quando tutto questo viene a mancare e si susseguono esperienze di abuso, neglect, atteggiamenti apertamente aggressivi (caregiver spaventante), queste diventano esperienze traumatiche che difficilmente vengono intergrate e quindi elaborate. Infatti, durante il vissuto di un evento traumatico, le risposte biochimiche da esso elicitate (adrenalina, cortisolo ecc.) bloccherebbero il sistema innato del cervello di elaborazione dell’informazione, lasciando isolate in una stasi neurobiologica le informazioni collegate al trauma, intrappolate in una rete neurale con le stesse emozioni, convinzioni e sensazioni fisiche che esistevano al momento dell’evento.

Esiste quindi un sistema innato in tutte le persone, orientato ad elaborare le informazioni in un’ottica di benessere ed equilibrio. Tale sistema è fisiologicamente volto alla salute. Secondo questa prospettiva la patologia subentrerebbe quando questo sistema si blocca e l’evento traumatico rimane isolato dal resto della rete neurale, non integrandosi al sistema innato che spinge, ognuno di noi, verso l’autoguarigione. Questo sistema chiamato Adapt Information Processing (AIP) è intrinseco, fisico e adattivo, programmato per integrare esperienze interne e esterneche  sono tradotte in ricordi fisici immagazzinati. Il trauma causa un’interruzione della normale elaborazione adattiva dell’informazione, che non viene elaborata e viene tenuta in modo disfunzionale nelle reti mnemoniche.

Uno degli approcci che attualmente ha numerose evidenze scientifiche rispetto alla sua efficacia è l’EMDR (EyeMovementDesensitization and Reprocessing – desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari),che attraverso i movimenti oculari favorisce la comunicazione tra emisfero destro e sinistro, attivando il sistema neurofisiologico naturale prima descritto, volto all’elaborazione e integrazione dei ricordi. Il paziente dopo il lavoro terapeutico svolto ricorda ancora l’evento, ma senza l’attivazione sintomatologica disturbante precendente. Il ricordo è così integrato al passato.

Gli obiettivi terapeutici che affronta l’EMDR, ma anche altri approcci che lavorano sui traumi “con la t minscola” (come l’approccio Schema Therapy), riguardano l’eliminazione della sofferenza/disagio e dei sintomi, il raggiungimento di un buon livello di capacità di autoregolazione, di sentire le emozioni, di interagire e rapportarsi adeguatamente, stabilendo dei confini, empatizzando e creando rapporti sani. Anche il consolidamento dell’autostima, una maggiore fiducia delle proprie capacità e del proprio valoresono aspetti fondamentali per la buona riuscita della terapia. Gli eventi traumatici perdono così l’iniziale impatto emotivo per venire trasformati in una risorsa positiva. Acquisire consapevolezza di ciò che è successo prima, sapendo che non si può cambiare, ma trasformando il ricordo e liberare risorse preziose per la guarigione e il benessere dell’individuo, è il regalo più importante che ci possiamo fare.

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