Con un mio intervento pubblicato il 13 ottobre 2016 (leggi) mi ero interessato a quella che definivo una “anomalia sansalvese”. Mi riferivo, in particolare, alla velocissima crescita/evoluzione dell’agglomerato sociale cittadino caratterizzato, negli ultimi 50 anni, dall’indistinto meticciamento della popolazione. Si trattava della diretta conseguenza della “riqualificazione industriale” dell’economia e del territorio sansalvesi: operai, impiegati e dirigenti che dal nord si trasferivano a San Salvo (con le loro famiglie) per far partire le grandi fabbriche che a loro volta richiamavano imponenti flussi di neoassunti provenienti da paesi limitrofi, Molise, Puglia e Campania. Si sono poi registrati, con ritmi più accelerati rispetto alla media meridionale, significativi arrivi di stranieri che le più recenti rilevazioni ufficiali quantificano poco oltre il 9%.
Inevitabile conseguenza di questa evoluzione demografica è stata la generalizzata perdita di identità collettiva, con l’eccezione della ‘resistente’ quota (peraltro ormai decisamente minoritaria) di popolazione di autentica tradizione sansalvese, anzi ‘salvanese’. A conferma di questa mia convinzione, citavo l’estrema povertà di notizie storiche circolanti in città, ma anche solo curiosità della vita comune. All’epoca anche in rete circolava poco materiale; perfino in wikipedia c’erano poche righe dedicate alla voce San Salvo.
Sono passati tre anni e sono riandato su wikipedia, alla voce San Salvo. Ho così scoperto, con piacevole sorpresa, che il numero delle pagine di informazioni sulla città è enormemente cresciuto, grazie a tante e ben dettagliate notizie sulle sue origini e la sua storia, sui luoghi d’interesse, sulle architetture religiose, su palazzi e monumenti pubblici, sul ‘biotopo costiero’... e non solo: su alcuni argomenti c’è addirittura la possibilità di approfondire alcune conoscenze con il rimando immediato ad altre pagine dedicate ad hoc!
Bene, benissimo! mi sono detto.
Non so a chi si debba questo importante, incoraggiante risultato; certamente a qualcuno che ha ben sviluppato uno spiccato senso di identità storica e di appartenenza sociale a un territorio che finora sono state appannaggio esclusivo di pochi ‘addetti ai lavori’. E allora è proprio a loro e all’intero corpo docenti della città che rivolgo (per quello che può valere) il mio invito a lavorare coralmente e convintamente per distribuire i semi della curiosità e dell’orgoglio cittadino fra tutti gli studenti della città, sin dai primi livelli scolastici, per promuovere la (ri)nascita di quell’identità collettiva che, sola, potrà garantire la più armonica crescita dell’intera collettività.
Spero, con queste mie considerazioni, che per una volta non si possa dire: “... ma quando la smette questo qua di fare le pulci a tutto e a tutti?”