La figura di Remo Gaspari al centro del libro di Silvio Bellano

"Un abruzzese che ha servito e onorato le Istituzioni della Repubblica italiana"

redazione
05/07/2021
Attualità
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Si intitola Remo Gaspari - Un abruzzese che ha servito le Istituzioni della Repubblica italiana il libro di cui autore Silvio Bellano, di Furci, con prefazione a cura dell'ex presidente della Camera Pierferdinando Casini.

La prefazione di Casini. L’immagine che ha circondato la figura di Remo Gaspari è stata principalmente legata al profondo attaccamento alla sua terra d’origine, l’Abruzzo. La prodigiosa memoria di fatti e persone anche lontani nel tempo, la fiducia nelle capacità individuali, la sensibilità e l’attenzione profonda nei rapporti umani, nonché la tenace volontà nello studiare e portare a soluzione i tanti problemi legati alla sua attività politica, nazionale e locale, hanno reso la sua regione un modello di sviluppo economico e sociale. 

Per tutti quelli che lo hanno conosciuto, Remo Gaspari è stato il simbolo più autentico di quella terra, sempre disponibile, saldo nei propositi e pratico nell’azione. 

In questo volume che raccoglie, fra l’altro, la lunga e interessante intervista di Silvio Bellano, uno dei suoi più fidati collaboratori, di ricordi ce ne sono tanti. Ripercorrendo l’intero itinerario della sua esperienza d’impegno civile e politico e della nostra amicizia, mi tornano alla memoria in particolare alcuni episodi. Ricordo la prima volta che ebbi modo di intrattenermi con lui e di entrare nel suo mondo. Ero un giovane dirigente del movimento giovanile nazionale della Democrazia Cristiana e Gaspari mi invitò alla Festa dell’Amicizia di Gissi, il suo paese, un piccolo comune arroccato in cima a una collina degli Appennini in provincia di Chieti. 
Gli chiesi consiglio su dove avrei potuto alloggiare, ma lui mi invitò a casa sua. Partii con l’emozione mista a fermento di chi sta per avvicinare una personalità importante e, appena arrivato, capii immediatamente come lui intendesse la politica. Mi prese e mi portò in giro per Gissi illustrandomi attentamente ogni angolo di quel paesino mentre sul block-notes – che portava sempre con sé – annotava accuratamente ogni piccolo inconveniente da sistemare: qui la rete rotta, là la fontana che perde acqua, qui il pezzo di marciapiede sconnesso, là la buca nella strada. 

Era già un ministro della Repubblica e uno dei leader della Democrazia Cristiana, ma non si sentiva affatto sminuito nel dedicarsi con assoluta abnegazione ai più piccoli dettagli della vita amministrativa del suo paese. Rimasi sbalordito dall’umiltà e dalla semplicità con cui si prendeva cura anche delle inezie. Capii perché la sua gente lo apprezzasse così tanto, ricambiandogli con autentica gratitudine quell’affetto speciale che egli ha sempre continuato a nutrire per quei territori, anche dopo aver raggiunto le vette della politica nazionale. Da figlio di emigrante, forse non avrebbe mai pensato di poter arrivare a ricoprire prestigiosi incarichi di governo e istituzionali: invece, fu, per ben 16 volte, ministro della Repubblica e campione delle preferenze, nelle elezioni del 1987, quando fu votato da oltre 177mila persone. Piaceva alla gente e la gente, soprattutto quella abruzzese, piaceva a lui.

Tornando alla mia visita a Gissi, la vera sorpresa l’ebbi l’indomani quando mi resi conto che il salotto della sua casa era aperto, fin dal primo mattino, a persone di ogni ceto e provenienza. Tutti in fila, disposti ad attendere anche ore, per chiedere un consiglio o fare una richiesta allo “zio Remo”. E lui – che era un uomo del popolo sempre a disposizione del popolo, un umile tra gli umili – li riceveva e li ascoltava tutti, uno dopo l’altro, rendendosi disponibile a dare una mano là dove un bisogno si manifestava. Perché quel consenso – che poi si traduceva in voti e preferenze a ogni consultazione – andava ricercato ogni giorno, con spontaneità e determina- zione (non credo sia una leggenda che conoscesse per nome e cognome praticamente tutti i suoi elettori). Certo questa vocazione a “fare del bene”, questo mettersi al servizio degli abruzzesi non erano privi di riflessi e difficoltà. E, in un’epoca in cui nella pubblica amministrazione esisteva un certo margine di discrezionalità, potevano essere facilmente fraintesi. Ma i rilievi critici e le accuse di “clientelismo” non hanno mai scalfito la sua concezione della politica come lavoro sul campo, come ascolto della gente, come attenzione continua ai bisogni della propria comunità, prima ancora che come soluzione dei grandi problemi. Indubbiamente Gaspari è stato un uomo di potere. Lo chiamavano il “Duca degli Abruzzi”, ma nel suo potere c’era ben poco di nobiliare ed elitario e moltissimo di concreto e quotidiano. Il suo era un potere studiato e progettato per il bene della sua amata regione, per realizzare programmi di decisione pubblica capaci di produrre progresso e occupazione e che hanno permesso all’Abruzzo di conseguire grandi risultati: uscire dall’arretratezza e dall’isolamento per divenire una delle aree più ricche di un Mezzogiorno nel quale lo sviluppo era ritenuto impossibile e il riequilibrio irraggiungibile. Lì portò gli ospedali, gli uffici postali, l’aeroporto, le infrastrutture, le industrie, i centri di ricerca (fra cui la grandiosa opera dei laboratori dell’Istituto nazionale di fisica nucleare sotto il Gran Sasso). 

Ricordo l’orgoglio con cui mi descriveva le aziende che aveva impiantato e che avevano trasformato l’Abruzzo da terra rurale di contadini e pastori, a regione con un tessuto imprenditoriale di rilievo nazionale. Gaspari riportava a casa tutte le risorse possibili. Usando tutti gli strumenti di cui disponeva come ministro. Nessun altro dei “cavalli di razza” della DC ha fatto altrettanto per la propria regione, pur disponendo degli stessi mezzi. 
Negli anni ci siamo sempre tenuti in contatto, i nostri rapporti anche se più sporadici sono proseguiti. Fino all’ultimo non mi ha mai fatto mancare i suoi buoni consigli e la sua fraterna amicizia. 

Un altro ricordo riguarda proprio i suoi ultimi anni. Gaspari si era ritirato da tempo dalla politica attiva e in una fredda giornata invernale lo andai a trovare nella sua casa romana. Non aveva più alcuna carica, eppure mi fece accomodare in una sorta di ufficio: le pareti foderate di fascicoli e cartelline, telefoni che squillavano e tutti i suoi vecchi collaboratori organizzati per gestire impegni e appuntamenti come se fosse ancora un ministro della Repubblica. Era ancora un lucido e appassionato osservatore dell’Italia contemporanea, e non aveva mai smesso di ricevere gente, dispensare consigli e spendersi per la tutela degli abruzzesi come se dovesse affrontare di lì a poco l’ennesima campagna elettorale. Mi confidò che spendeva la metà del vitalizio parlamentare per mantenere in piedi una struttura in grado di occuparsi delle sempre numerose questioni collettive, dei problemi che affliggevano le comunità, i sindaci, il territorio.

L’ultima immagine di Remo Gaspari la lego al ricordo dei funerali di Lorenzo Natali, nell’agosto del 1989. Nel complesso panorama democristiano dell’epoca, Natali contendeva a Gaspari l’egemonia sull’Abruzzo ed era il suo acerrimo e storico competitor: fanfaniano il primo, doroteo l’altro. 
Ebbene, in quell’occasione ricordo le lacrime sincere di Gaspari per quella perdita a dimostrazione che, in quella stagione, anche gli scontri più duri finivano con il riconoscimento dell’onore e il rispetto dell’avversario, pur nella diversità delle idee e nella rivalità politica. 

Per molti Remo Gaspari è stato un politico e un uomo indimenticabile, un uomo che ha servito la politica e non se n’è mai servito. Raccogliere la sua eredità oggi significa portare nell’impegno politico il contatto con la gente, il disinteresse personale, l’adesione convinta a grandi ideali e la coerenza nel realizzarli. 
In una delle sue ultime interviste ha lasciato detto: “Il buon politico deve essere convinto che in politica non si guadagna: la politica è il perseguimento di un ideale”. Ebbene, tutta la sua storia politica può essere scandita dentro il perimetro di quell’ideale per lui irrinunciabile: “mettersi al servizio degli altri”. 
Pier Ferdinando Casini

SILVIO BELLANO arriva a Roma nel 2004 per svolgere il servizio di leva presso il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. Amante della politica sin da piccolo, inizia a frequentare in via dei Due Macelli a Roma la sede Nazionale dell’UDC, organizzando incontri e convegni con esponenti nazionali di tutti gli schieramenti politici. Viene da subito apprezzato per le sue capacità e la sua instancabile attività politica. In un convegno organizzato a Roma presso la Camera dei Deputati dall’UDC incontra per la prima volta Remo Gaspari che dopo aver ascoltato il suo intervento decide di invitarlo per conoscerlo meglio, presso la sua abitazione a Roma, inizia così la sua collaborazione e amicizia presso la segreteria di Remo Gaspari. Nel frattempo inizia a lavorare presso i gruppi parlamentari dell’UDC di Camera e Senato. Nel 2011 vista la sua passione per l’attività legislativa e la volontà di approfondire la conoscenza in diritto parlamentare viene scelto per frequentare il XXIV Corso di Studi superiori per la formazione di consulenti legislativi presso l’ISLE (Istituto per la Documentazione e gli Studi Legislativi) sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica terminando il corso con merito. Si ritiene onorato e fortunato per aver avuto come maestro politico e di vita Remo Gaspari, persona che dopo i suoi genitori ha ammirato e amato maggiormente.

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