VICINO ALLA GENTE CHE VIVE NELLE COMUNITà INTERNE CHE CAMBIANO

Daniele Leone
13/01/2011
Attualità
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La storia della Chiesa nel nostro paese è profondamente segnata dalla diffusa presenza delle comunità cristiane nelle are interne di montagna. Ne hanno condiviso gioie e sofferenze, ponendosi vicino al cuore e alla vita del popolo delle montagne. Sono state un riferimento cercato e amato, simboleggiato dai Campanili che svettano sulle colline e sui borghi montani segnandone il paesaggio. Questa vicinanza va oggi rinnovata per aiutare le aree interne ad orientarsi in un contesto di cambiamenti epocali che rischiano di travolgerne identità e valori. È un’attenzione che va ribadita, e se possibile accresciuta, per offrire adeguate risposte alle sfide incombenti. L’intento di queste mie riflessioni è di far comprendere che le scelte sbagliate del passato e le trasformazioni in atto che colpiscono questi piccoli comuni delle aree interne, come lo spopolamento, sono spesso causa di polemiche che non fanno certo bene alla vita di queste comunità. Non polemizzare ma cercare di evidenziare le insidie e i pericoli che rischiano seriamente di far sparire per sempre servizi di primaria necessità, come la scuola, la guardia medica, l'ufficio postale, etc. I Paesi delle aree interne sono una realtà fra loro non omogenea per tutta una serie di motivazioni. Oggi alcune di queste realtà stanno subendo una continua trasformazione. In tale contesto la Chiesa deve poter dire parole di speranza e di giudizio, di fronte a fenomeni che meritano particolare attenzione e sostegno. Mi riferisco in particolare al mondo delle famiglie, dei giovani e allo spopolamento crescente. Questi paesi vanno aiutati a confrontarsi criticamente con l’intera realtà che cambia, per evitare che fra qualche anno tutto sia fermo e cristallizzato, sarebbe un danno per tutti, ma soprattutto per le famiglie e i giovani che sono il futuro di queste aree. Pur diversi tra loro questi fenomeni vanno compresi dalla Chiesa che dovrebbe cercare di aiutare in particolare le famiglie i giovani ad aprirsi al nuovo conservando il cuore alle tradizioni, usi e costumi, in modo che non vi siano contrapposizioni polemiche fra il passato e il presente ricco di speranza, né sterili nostalgie. Si accompagnino le nuove generazioni verso scelte coraggiose, economicamente più redditizie, che permettano loro di restare legati alla propria terra. Fondamentale in questo lavorio di lievitazione, silenziosa ma tenace, sono le scuole che in molti paesini delle aree interne già sono state accorpate e vi è un rischio concreto, dopo la riforma Gelmini molte altre rischiano di scomparire per via dell’esiguo numero degli studenti. La parrocchia locale da parte sua, con una catechesi lungimirante, deve vincere le paure, spezzare gli schemi culturali angusti, formando nel contempo una coscienza critica capace di discernimento, prenda visione che in molti paesi delle aree interne, l’invecchiamento della popolazione indebolisce il tessuto e tale fenomeno rende oscuro il futuro per le giovani generazioni. Questi fatti che preoccupano gli Amministratori locali devono essere tenuti in conto dalla Chiesa nelle scelte pastorali. I paesini montani oggi sono un bene di tutti e tutti dobbiamo farci carico della loro sopravvivenza. Se lo spopolamento della montagna aumenta, scomparirà prima di tutto una cultura ricca di umanità, di valori, di spiritualità e di ospitalità. Le risposte da poter suggerire non sono facili, anche se non si può non ribadire una maggiore attenzione da parte delle Istituzioni, Provincia e Regione. Per quel che compete la Chiesa, essa deve cercare di assicurare in ogni caso una presenza pastorale, ma deve contribuire ad arrestare lo spopolamento delle are montane promuovendo la cultura della legalità, la valorizzazione e l’uso della cosa pubblica, il rispetto dell’altro, la diffusione di progetti di cooperazione e di solidarietà. La presenza della parrocchia nel paese si esprime nel tessere rapporti diretti con tutti i suoi abitanti, cristiani e non cristiani, partecipi della vita della comunità o ai suoi margini, deve essere rispettosa delle Istituzioni elette democraticamente. Nulla nella vita della gente, eventi lieti o tristi, deve sfuggire alla conoscenza e alla presenza discreta e attiva della parrocchia, fatta anche di condivisione. Non si può dimenticare il ruolo particolare che hanno assunto negli anni in queste aree le religiose, che hanno concentrato la loro opera sull’attenzione alla persona. Oggi questa diffusa presenza può entrare in crisi a causa dello spopolamento e della diminuzione complessiva del numero dei giovani, e su questo fenomeno bisogna dialogare non litigare. Giovanni Paolo II, diceva «la realtà umana non si giustifica senza il riferimento al Creatore: “La creatura, senza il Creatore, svanisce” Da questo atteggiamento di ringraziamento, scaturisce la consapevolezza profonda che i beni della terra sono donati da Dio per la comunità tutta, nessuno escluso, e affidati alla famiglia umana perché ne usi con responsabilità. L’uomo non è il padrone ma l’amministratore del giardino della terra.

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