Le grandi opere pubbliche a San Salvo nel periodo 1994-2011

Intervento di Giovanni Artese

Giovanni Artese
01/12/2011
Attualità
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Con il presente articolo prosegue la nostra analisi sull’attività amministrativa del periodo 1994-2011 a S. Salvo, ancora con l’obiettivo di offrire elementi di conoscenza su argomenti che riteniamo di interesse generale. Il tema questa volta riguarda le opere pubbliche, soprattutto le maggiori, perché se anche le minori sono importanti certo non appaiono determinanti sulla realtà economica, sociale e culturale locale. Con una premessa, però. Viviamo un tempo di scarsa moralità, in cui l’etica è diventata del tutto soggettiva, personale, perciò incapace di regolare i comportamenti collettivi. In compenso godono di sempre maggiore credito valori come l’utilità e la bellezza, tanto nelle prospettive individuali che sociali. Ci si impegna per un utile, un vantaggio; la bellezza la si persegue nel privato e nel pubblico. Ebbene, a S. Salvo, dove la città continua a crescere nello spazio e nella popolazione (persino in periodo di crisi economica!), si è invece da tempo imposta una logica, da parte di istituzioni quali il Comune e il Consorzio di Industrializzazione del Vastese, che va quasi del tutto all’opposto, cioè in direzione dell’inutilità e della bruttezza. Ne sono prova diverse grandi opere pubbliche realizzate tra il 1994 e il 2011, certamente condizionate dalle scelte urbanistico-architettoniche compiute in precedenza o nel periodo considerato ma per quali sono state poi decise soluzioni progettuali ed esecutive spesso di basso profilo. Tra le prime opere messe in campo c’è la riedificazione della “Porta della Terra” (costata all’incirca un miliardo di lire dell’epoca). I lavori iniziarono nel 1997 ma in realtà la sua ideazione risale agli anni Ottanta del ‘900, quando alcuni cittadini, traumatizzati dalla demolizione della vecchia Porta, cominciarono nostalgicamente a dire: “Arevuléme la Porte de la Térre!”. Recepiti i finanziamenti, il progetto fu tenuto nel cassetto (altro che confronto pubblico!) sicché solo all’inizio dei lavori potemmo vederlo e soffrire, perché ormai immodificabile. Nel progetto, l’unico riferimento al borgo antico appariva la facciata della chiesa di S. Giuseppe, che però era stata ricostruita nel 1965. Pertanto l’opera risultava del tutto avulsa dal contesto urbano e neppure così innovativa da creare una qualsiasi curiosità o interesse (Vitale Artese aveva scritto qualche tempo prima: “S. Salvo è SIV, la SIV è vetro. Facciamo la Porta Invisibile, facciamo la Porta di Vetro!”, uno spunto originale, per nulla tenuto in considerazione). La pillola amara fu addolcita dai ritrovamenti archeologici della città romana, che svelarono a parecchi consiglieri comunali, che non ci avevano mai creduto, quanto antica e rilevante fosse la storia della nostra città. Una volta terminati i lavori il monumento sarebbe risultato antistorico al punto che nessuno, proprio nessuno a S. Salvo volle riconoscerlo (un ragazzino delle Scuole Medie, in occasione di una recita, davanti alle autorità, ebbe l’ardire di definirlo: “Una stazione ferroviaria”!). Più o meno negli stessi anni, poiché si era avviato il dibattito sulla rivitalizzazione del Centro storico, si poneva il problema dei parcheggi, con relative proposte. Una, avanzata dal Sindaco, si riferiva ad un parcheggio sotterraneo in piazza S. Vitale. A stento si riuscì a farlo desistere, ben sapendo che sotto la piazza c’erano resti archeologici (gli stessi poi scavati nel periodo 1997/2005). Così gli amministratori si orientarono per un megaparcheggio su via Montegrappa che, seppure contestato dagli abitanti della zona, venne poi effettivamente realizzato (con circa un miliardo e mezzo di lire). L’opera, poggiante su di un declivio collinare in parte sbancato, risultava ben presto non a norma, sgradevole e poco funzionale. Il fatto è che si era guardato al modello di Perugia o di Chieti, città storiche arroccate su alti terrazzi, dove i parcheggi in basso all’esterno hanno il pregio di accogliere le auto consentendo ai conducenti e passeggeri di poter coprire con facilità la differenza altimetrica grazie a degli ascensori. Pensate che quando ci è accorti che a S. Salvo questo modello non poteva funzionare si è arrivati a proporre la costruzione di un tunnel che collegasse direttamente il megaparcheggio con la piazza S. Vitale! Un’ipotesi che avrebbe distrutto le strutture ipogee della città romana e medievale e creato un inevitabile dissesto idrogeologico nell’area interessata. Anche in questo caso, almeno, gli amministratori vennero convinti a rimanere fermi. Dopo un inutile tentativo di utilizzarlo come tale, il parcheggio venne quindi affidato alla Protezione Civile, che per qualche tempo ne ha fatto una rimessa per i suoi mezzi e una base per la sua logistica; ora giace in stato di degrado e di perfetto abbandono. Qualche settimana fa abbiamo letto un interessante intervento del movimento Cinque Stelle di S. Salvo sull’argomento, con delle proposte per un riutilizzo o diverso utilizzo della struttura perché non rimanga all’infinito nello stato attuale. Un intervento apprezzabile nei contenuti, lodevole nelle finalità che tuttavia presenta un limite: di non tenere conto che l’intera opera è praticamente irrecuperabile, in quanto è stata interessata da un incendio, probabilmente doloso, che ha reso precarie le sue stesse strutture portanti. Perciò si tratterebbe di trovare somme cospicue (milioni di euro), in tempo di chiari di luna per le finanze pubbliche, per demolirlo e riedificarlo. Personalmente avrei un’altra idea (visto che persino un ricorso dei consiglieri comunali dell’opposizione alla Corte dei Conti per individuare le responsabilità dello scempio è rimasto senza seguito): lasciare tutto com’è e apporre sulla facciata dell’edificio una lapide con scritto: “OPERA REALIZZATA DAL SINDACO TAL DEI TALI E DALL’AMMINISTRAZIONE DELL’EPOCA, AL PREZZO DI UN MILIARDO E MEZZO DI LIRE, A FUTURA MEMORIA PER I CITTADINI E AD AMMONIMENTO PER QUANTI INTENDANO GOVERNARE LA CITTÀ DI S. SALVO. Della “sistemazione” di via M. D’Azeglio, progetto collegato al Piano di Recupero del Centro Storico, abbiamo parlato in un precedente articolo, mettendo in evidenza che l’intervento (per circa 220.000 euro nel 2001/2002) non ha portato, come previsto, a creare una nuova area di verde pubblico ma solo un piccolo parcheggio a servizio di chi ci abita vicino. Così abbiamo in parte detto dei rifacimenti della villa comunale (costati oltre un milione di euro), che riaperta al pubblico - dopo una lunga cantierizzazione - nel 2005, ha subito dato l’idea di un grande caos, dovuto soprattutto all’assenza di riferimenti urbanistici e ad una concezione del verde pubblico come luogo d’immagine piuttosto che luogo di relax, socializzazione e trionfo della natura. Infatti il nuovo progetto: a) ha eliminato l’importante e razionale strada di collegamento tra via Istonia e l’edificio della scuola media “S. D’Acquisto”, costringendo i 600 alunni, i docenti, e il personale tutto dell’edificio scolastico ad entrare ed uscire soprattutto dalla retrostante strada E. Toti, peraltro né larga né comoda; b) ha rinunciato alla faraonica ma sensata idea di collegare via Roma e piazza Aldo Moro attraverso un boulevard che invece si è trasformato in un intrico di strade, stradine, larghi ecc. tutti fortemente cementificati. Tra gli altri progetti approntati per il Comune ed eseguiti nel periodo successivo ne consideriamo almeno due: il teatro comunale e il collegamento tra il vecchio e il nuovo Cimitero. Circa un terzo importante intervento, quello per il “Porto turistico” alla Marina, essendo a confine con il territorio di Montenero di Bisaccia ne rinviamo l’approfondimento ad una trattazione sull’area metropolitana Vasto-S. Salvo-Montenero. La realizzazione del “teatro comunale”, una struttura da 4 milioni di euro, avrebbe dovuto costituire per gli amministratori il “fiore all’occhiello” della città di S. Salvo. In carenza di fondi, la costruzione dell’opera è proceduta in questi ultimi anni a lotti o fasi, sicché a tutt’oggi risulta non terminata. Il fatto è che, dal 1994, il centrosinistra si era impegnato nei suoi programmi a dotare S. Salvo di un cinema-teatro o sala polifunzionale, che potesse rispondere alle esigenze di spettacolo, divertimento e confronto dell’intera cittadinanza. Falliti alcuni tentativi, ha optato per quest’opera che non si sa a chi dovrebbe servire e come finanziare poi nella gestione ordinaria (ammesso che sarà un giorno funzionante), visto che quasi tutti i teatri in Italia sono in grande difficoltà e pieni di debiti. Un solo esempio: sul Teatro Marrucino di Chieti, con un’utenza molto più ampia della nostra, pesano oltre 4 milioni di euro di debito! Dunque, ci ritroviamo adesso con un bunker in cemento armato edificato dentro un vallone, in un’area a rischio idrogeologico (non dimentichiamo che tutte le acque di scolo di via Duca degli Abruzzi e strade collegate defluiscono alla villa comunale e a piazza Aldo Moro) che difficilmente potrà svolgere quella funzione per cui è nato e che difficilmente potrà essere riconvertito ad altra funzione. Quanto al collegamento tra i due cimiteri tramite una passerella, per la cui realizzazione è stato dapprima fatto avanzare il nuovo Cimitero e poi infossata e incurvata la strada di Circonvallazione, una delle principali arterie del traffico cittadino, il tutto per circa un milione e trecentomila euro, questo presenta un vantaggio e degli svantaggi. Il vantaggio è che ora si può andare dal cimitero vecchio al nuovo e viceversa senza problemi; gli svantaggi sono costituiti dall’eliminazione dello spazio antistante il nuovo cimitero, usato in precedenza anche come parcheggio auto, e dall’orribile soluzione scelta per la strada, che s’infossa bruscamente, con disagio di chi guida, e che può costituire una vera e propria trappola in caso di violenti temporali. In altri termini non si è neppure considerata un’alternativa, come, ad esempio, la semplice realizzazione di un passaggio pedonale sotterraneo (tenuto conto che la pendenza tra il vecchio cimitero - più in alto - e il nuovo - più in basso - avrebbe agevolato l’impresa) o qualcos’altro di più leggero e meno costoso. Ci sono poi le realizzazioni fuori o dentro la città, che riguardano il Consorzio Industriale del Vastese, la Regione e la Provincia più che il Comune; ma in cui anche il Comune di S. Salvo, sul cui territorio sono sorte, ha delle responsabilità. La più onerosa e nello stesso tempo la più inutile è stata la realizzazione dell’Autoporto, un’opera obsoleta costata oltre 30 milioni di euro, inaugurata due-tre volte e che da sempre giace in stato di abbandono, alla mercé delle erbacce e dei vandali. Il progetto era nato per creare una struttura a servizio dell’autotrasporto, con l’ingenua aspettativa che i tir provenienti dal Sud o dal Nord si fermassero a S. Salvo per rifornimenti, soste notturne, riparazioni, stoccaggio delle merci ecc. (quando sappiamo che un tir che parte dalle Puglie la sera, la mattina dopo è già nel Nord-Italia oppure oltre). Avrebbe dovuto inoltre essere collegato al sistema ferroviario nazionale (tramite la ferrovia di servizio dell’area industriale di S. Salvo) e al porto di Vasto. Questo non è ancora avvenuto. Tuttavia, recentemente, la Confindustria del Vastese ha riproposto l’allacciamento ferroviario dell’Autoporto nonché un nuovo progetto per la realizzazione di una ferrovia Vasto-Gaeta. Onestamente ci chiediamo: ma come è possibile, se la ferrovia di servizio dell’Area Industriale non è mai entrata in funzione ed è ora coperta dalla vegetazione, in alcuni tratti persino occupata da privati? E che senso avrebbe la costruzione di una linea ferroviaria Vasto-Gaeta (a distanza di un secolo dal primo tentativo!), che affiancherebbe l’attuale statale 650 Trignina senza alcun vantaggio per il trasporto delle merci e delle persone? Non basterebbe - in caso di necessità - semplicemnte raddoppiare la Trignina tra S. Salvo Marina e il bivio di Tufillo? Il sospetto è che si voglia imitare il modello della TAV in Piemonte, dove si investono cospicui fondi per aprire cantieri e realizzare opere che non serviranno mai, con annessi danni ambientali. Ricordo bene che, nel 1998 o 1999, in occasione di un Consiglio comunale, all’ottimismo del Sindaco per la realizzazione dell’Autoporto avanzai stupore e delusione, esprimendolo anche con un dubbio: “Autoporto o Aeroporto?”. E’ vero che anche gli aeroporti sono troppi in Italia, ma sapere che L’Aquila ne ha uno, che Isernia dispone di una pista di volo ecc. fa dire: ma perché l’area Vasto-S. Salvo-Montenero-Petacciato-Termoli, che conta oltre 100.000 abitanti e due grandi aree industriali oltre che un bacino turistico rilevante d’estate, non potrebbe avere un aeroporto? Comunque, se dobbiamo gettare soldi sulle infrastrutture, facciamolo almeno per opere che guardano al futuro e non al passato! E’ risaputo chi finanzia i pubblici “investimenti”: il contribuente; così chi risponderà per tali scempi: nessuno. Né ci stupisce l’atteggiamento dei partiti, fatto di autoritarismo e interesse politico, in quanto sugli appalti pubblici costruiscono il loro consenso. La sorpresa semmai viene dall’assordante silenzio sulle ultime grandi opere da parte dei cittadini, cosa che conferma come a S. Salvo tanto l’opinione pubblica quanto la cultura di opposizione si sono praticamente dissolte. Un’altra opera che ha avuto una lunga gestazione (circa 10 anni) e che ora sta per essere finalmente completata, è l’edificio scolastico dell’IPSIA, realizzato dalla Provincia di Chieti. Si tratta di un’opera attesa da 40 anni, in quanto l’IPSIA è ancora presso un edificio privato affittato. Sull’opera va riconosciuto l’impegno sia del Comune che della Provincia ma insieme anche della dirigenza e dei docenti dell’ITC, che all’epoca del progetto e dell’acquisizione del terreno si batterono perché la struttura non venisse realizzata vicino l’area industriale (come intendeva il Comune) ma adiacente all’ITC (dove si stava realizzando anche la palestra) per gettare le basi di un unico “polo di scuola superiore” a S. Salvo. Una intuizione felice, perché dopo l’istituzione del Liceo Scientifico, il “Raffaele Mattioli” di S. Salvo dispone di tre indirizzi formativi, sicché il nuovo edificio IPSIA, momentaneamente sovradimensionato rispetto all’utenza (dispone di 25 aule per gli alunni, una decina di laboratori, un’aula magna da 240 posti e di diversi altri vani per gli uffici dell’amministrazione e della presidenza, la biblioteca ecc.), si presta ad essere utilizzato anche per la didattica di un altro indirizzo. Per concludere accenniamo ad altre due grandi opere: una che avrebbe potuto nascere ma non è mai nata e l’altra che si dovrà realizzare ma su cui non c’è ancora accordo. Nel primo caso, il Consorzio Industriale sembrava essersi convinto della necessità di procedere ad un raddoppio della carreggiata - portandola a quattro corsie - della strada S. Salvo-S. Salvo Marina (quella che passa attraverso la zona industriale) con riduzione della sopraelevazione, ridefinizione degli attuali svincoli e parallela creazione di una pista ciclabile e di una pista pedonale a lato. Il progetto fu anche in parte redatto (S. Salvo, oltretutto, ha due sole strade di collegamento tra la Città alta e la Marina), ma poi non ci fu verso di renderlo esecutivo. Nel secondo caso, da tempo si è posto il problema dell’arretramento della strada Statale 16 adriatica. Diverse le posizioni tra i comuni interessati (Vasto, Cupello, Monteodorisio, S. Salvo) che per ora non hanno trovato una sintesi. L’intervento del Sindaco di S. Salvo è stato tra i più fumosi. A suo parere, la Statale 16 dovrebbe aggirare ad ovest S. Salvo, passando addirittura per Montalfano o la valle del Treste. Ma si può essere meno credibili? Nel mentre ci si è sempre rifiutati di ridurre un poco oppure di delocalizzare in parte l’Area industriale verso la Padula (in accordo con Montenero) oppure le Motticce, si pretende che il traffico commerciale, che interessa direttamente le nostre aziende industriale e artigianali, faccia il giro intorno S. Salvo come fosse Roma! In realtà, il percorso più logico della Statale 16 nel tratto Vasto-Colle Pizzuto è quello dell’antico tratturo L’Aquila-Foggia che passando ad ovest di Vasto Alta scende verso Colle Pizzuto in buona parte lungo il tracciato della strada interna Vasto-S. Salvo (ex Statale 16 fino al 1960 circa). Da Colle Pizzuto e poi dal Villaggio SIV la strada potrebbe passare attraverso l’area industriale di S. Salvo, utilizzando un tratto del tracciato ferroviario mai entrato in funzione e poi l’attuale viale Germania, avvicinandosi così all’Autoporto e al casello Vasto Sud dell’Autostrada A14 e rientrando sull’attuale percorso prima o dopo l’attraversamento del fiume Trigno. Questo è quanto. E per riflettere, penso che ce ne sia abbastanza.

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