ROIO - Battute finali per il corso da "Cacciatore di cinghiale abilitato alla caccia collettiva, conduttore di cane da limiere, cacciatore con metodi selettivi specializzato nel prelievo del cinghiale" organizzato dall'Ambito territoriale di caccia del Vastese. Domattina, presso il poligono di tiro dell'azienda Di Carlo a Roio, si terrà la prova finale di tiro al bersaglio con carabina munita di ottica, superata la quale i partecipanti al corso saranno abilitati al selecontrollo della specie cinghiale.
Nella mattinata di oggi, invece, l'ultima lezione teorico-pratica a cura dell'avvocato e direttore del corso Giacomo Nicolucci, assistito dal dottor Andrea Tanzariello, sulle tecniche di prelievo ed evisceramento del cinghiale. Prima della sessione scritta di esami, il medico veterinario del Parco Nazionale della Maiella, Simone Angelucci (in basso nella foto, ndr), ha tenuto una lezione sulle problematiche e gli aspetti sanitari legati alla gestione del cinghiale. Un momento di approfondimento culturale durante il quale sono emerse diverse ed importanti criticità relative alla caccia in Abruzzo.
"Ogni anno nelle quattro province abruzzesi vengono prelevati, mediamente, dai quattromila ai seimila cinghiali. Solo il 4 o 5 per cento di quei capi viene sottoposto a controlli di tipo sanitario. - ha spiegato il veterinario Angelucci - E ciò accade perché, di fatto, nella nostra regione, non è attiva una struttura della Asl in grado di garantire la regolare esecuzione dei controlli di laboratorio sulle carni".
Una denuncia forte, dunque, di una situazione grave già nota alle autorità a tutti i livelli, quella fatta da Andreucci, che ha continuato: "Il paradosso è che gli allevatori devono obbligatoriamente sottoporre il proprio bestiame a periodici controlli veterinari, mentre tutta la carne derivante dai prelievi di fauna selvatica non viene affatto controllata. Per questo motivo la Regione Abruzzo è inadempiente rispetto alle direttive europee che mirano alla tutela della salute pubblica. Il cacciatore viene considerato, a livello europeo, un produttore primario e per questo ritenuto responsabile della sicurezza alimentare. L'obiettivo di questo corso è anche quello di predisporre i cacciatori, che volontariamente hanno scelto questa formazione, verso un sistema di filiera corta derivante dalle carni dei selvatici. Negli ultimi venti anni si è fatta una cattiva gestione del cinghiale, visto più come problema che come risorsa, diversamente da quanto accade in altre regioni d'Italia. Ad oggi in Abruzzo mancano i controlli sanitari, quelli che potrebbero permettere la commercializzazione anche nella grande distribuzione delle carni selvatiche o dei derivati".
Nonostante questo quadro desolante e preoccupante, vista la totale assenza di controlli sanitari, non è affatto difficile trovare nei menu dei ristoranti pietanze a base di selvaggina, in particolare cinghiale. Si tratta di carni la cui tracciabilità è ignota, proprio perché frutto degli abbattimenti sia dei cacciatori, ma ancor più dei bracconieri, e soprattutto senza alcun controllo preventivo di tipo sanitario e veterinario. Un fiorente mercato nero che rischia di causare anche problemi di ordine sanitario.
Un motivo in più per mettere subito mano, e anche con una certa urgenza, alla politica venatoria sul cinghiale, con censimenti seri, piani di abbattimento, prelievi di selezione e, finalmente, anche controlli sanitari sulle carni che finiscono nella catena alimentare degli abruzzesi. Dalla Regione e dalla Provincia di Chieti, la più inadempiente delle quattro abruzzesi, qualcuno batta un colpo.