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Seconda edizione della "Festa del dialetto sansalvese"

Passato e futuro sotto il segno della tradizione vernacolare

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Sovente, soprattutto le nuove generazioni tendono a dimenticare le proprie origini, spesso rinnegandole. La cultura vernacolare lascia così posto a quella moderna, tanto enciclopedica quanto superficiale. Il divario tra l’una e l’altra generazione aumenta con ritmi a fatica controllabili e nel giro di pochi anni i custodi secolari di quella peculiare cultura locale restano isolati e incompresi. Vuoi per bramosia di progresso o per la intrinseca voglia dei giovani di lasciarsi alle spalle il passato, l’albero della società viene reciso in tronco e i rami, perdute le proprie radici, sono inesorabilmente destinati ad inaridirsi. La linfa non può scorrere, si disperde nel vento. Nostalgici resti si aggrappano al legno che rimane, ma il tempo inclemente ne cancellerà la memoria. Così i racconti dei nonni, spesso mitici o fantasiosi, in quel dialetto stretto stretto troveranno orecchie sorde e occhi  pronti ad accogliere solo il domani. Dopo anni di crescita ad ogni costo, di modernizzazione forzata senza tener conto delle proprie tradizioni e del proprio bagaglio di cultura locale e saggezza popolare, finalmente un po’ dappertutto sta emergendo una sensazione di “rimpianto”, diffusa in luoghi, oggetti, monumenti, azioni. L’antica identità di un paese diventa rifugio simbolico ed emotivo.

Si moltiplicano, dunque, iniziative come quella di stasera: “La festa del dialetto sansalvese”, presentata da Mario Torricella. “Una serata all’insegna dei ricordi che hanno fatto la storia di questa città…” è stato annunciato dagli organizzatori. E come dargli torto. Torricella ha condotto una serata contraddistinta dal sorriso e dal recupero di quella vivacità che solo il dialetto può trasmettere. Ritmi serrati in Piazza San Vitale, non un attimo di esitazione. Anziani e giovani, artisti, attori o semplici cittadini si sono alternati allietando il pubblico con intermezzi comici e musicali. I nomi illustri di poeti e personalità locali, come Evaristo Sparvieri, Raffaele Artese, Leone Balduzzi, hanno offerto spunti di riflessione sull’importanza del dialetto che nei secoli è stato celebrato da studiosi e letterati per la capacità di portare dentro di sé l’eco della storia e della tradizione.

La serata si è aperta all’insegna dell’elogio dell’ospitalità di San Salvo e del talento indigeno. I cori della “New Generation” e il coro “Incanto” del centro diurno per anziani magistralmente diretto dalla professoressa Loredana Miscia e accompagnato dalla fisarmonica di Alfonso Marchetta hanno coinvolto il pubblico con canti tipici abruzzesi e Sansalvesi. L’idioma vernacolare, cui è stata dedicata l’intera serata, ha trionfato con il monologo comico di Felice Tomeo, meglio conosciuto come “Sebon”, e con le interpretazioni della compagnia teatrale “Lu Setacce” di Francesco Pollutri. Ampio spazio anche alle nuove generazioni, testimoni ed eredi della storia di San Salvo e del territorio circostante. La giovane cantautrice sansalvese Enza De Cinque, in rappresentanza dell’associazione “Nonsolomusica”, ha proposto il brano “Pomponio” di Lara Molino, racconto delle gesta del terribile ed inafferrabile brigante di Liscia.

Un evento che ha richiamato molti cittadini, di ogni età, molto sentito e coinvolgente. Segno di una rinnovata vicinanza tra ciò che è superato e ciò che si sta sviluppando. Una piazza colma di gente, di ricordi e di cultura, quella cultura che non viene studiata nelle scuole e non è assurta a livello nazionale, ma che, opportunamente valorizzata e riscoperta, non ha nulla da invidiare a quella accademica.

 

FOTO DI GIOMIX68

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