Un referendum per evitare il taglio dei tribunali. È l’ultima iniziativa contro la riforma della geografia delle circoscrizioni giudiziarie in Italia avviata dal Governo Monti che porterà alla chiusura di 969 uffici in tutto il Paese, fra Tribunali, Procure e sedi distaccate.
L’idea di ribellarsi è partita ad agosto dal Consiglio regionale dell’Abruzzo e la settimana scorsa c’è stata l’accelerazione decisiva, con l’adesione manifestata anche da Basilicata, Calabria, Marche, Friuli-Venezia Giulia, Puglia, Campania, Liguria e Piemonte. E, così, il superamento del numero minimo di cinque consigli regionali per richiedere il referendum è stato ampiamente superato.
«È giusto risparmiare in tempi difficili. Ma così come è concepito il provvedimento non ha senso: in alcuni casi siamo ai limiti della sospensione del servizio ai cittadini», dichiara Emilio Nasuti, il consigliere abruzzese delegato alla promozione del referendum. L’Abruzzo si è mosso per primo perché sarebbe uno dei territori più colpiti: con la chiusura delle sedi di Sulmona e Avezzano tutta l’area interna che confina col Molise si troverebbe scoperta. Sempre in Abruzzo previste anche le cancellazioni dei presidi di Vasto e Lanciano, con accorpamenti disposti a Chieti.
Secondo l’Anai (Associazione Nazionale Avvocati Italiani) «con la soppressione dei Tribunali e delle Sezioni distaccate si avrà un aggravio di spesa di almeno 30 milioni di euro all’anno. Il che smentisce categoricamente le affermazioni ministeriali di risparmi di spesa e di miglioramenti dell’efficienza. “I tagli lineari sono quasi sempre sbagliati», ribadisce l’Oua (Organismo Unitario dell’Avvocatura Italiana). «Questo provvedimento non gioverà alle casse dello Stato. E laddove ci sarà un risparmio, verrà scaricato interamente sulle spalle dei cittadini, che si troveranno ad affrontare trasferte scomodissime e costi molto più elevati». Per questo nelle ultime settimane si sono moltiplicati gli episodi di protesta contro il provvedimento.
La richiesta passa alla Corte di Cassazione. Un giudizio essenziale sull’ammissibilità del referendum, entro febbraio, dovrà darlo la Corte Costituzionale «Noi comunque – ribadisce Nasuti – vogliamo porre un tema al governo. Siamo pronti a collaborare ai tagli e agli accorpamenti. Ma questa riforma è stata decisa a Roma senza interpellare i territori e conoscere le loro esigenze. Se nessuno accoglierà la nostra richiesta di dialogo andremo sino in fondo col referendum».
Per intervenire c’è ancora qualche mese di tempo. Altrimenti potranno essere i cittadini a decidere la sorte dei cosiddetti tribunali minori.