ITALIA ED EUROPA - Coldiretti, in precedenza, aveva già messo le mani avanti facendo sapere che la situazione spagnola appariva complessa con un netto calo della produzione di olio. A quanto pare la produzione stimata per quel che riguarda la penisola iberica si è poi fermata su un valore dimezzato rispetto a quello dello scorso anno. Attraverso i dati forniti dalla Oil World si è giunti alla conclusione che i futures sull’olio d’oliva scambiati a Jaen, in Spagna, hanno fatto registrare un aumento del prezzo dell’extravergine di 17 punti percentuali.
Non dissimile appare la situazione emersa dai dati della camera di commercio di Bari che registra un aumento delle quotazioni pari al 38%. Questo sensibile aumento viene giustificato dalle pessime condizioni dei campi italiani. Non a caso si parlava di una flessione del raccolto che avrebbe potuto attestarsi, presumibilmente, tra il 35 ed il 50 %, per il nord Italia. Il sud sarebbe andato verso una situazione migliore ma non troppo dissimile. Questo prima della raccolta effettiva. Ora purtroppo la stessa Coldiretti ha confermato i pessimi dati ipotizzati tirando in ballo anche la questione climatica. L’arrivo improvviso di Attila, con i suoi venti, le sue piogge e le basse temperature, non ha fatto altro che ribadire il calo di produzione olearia di un buon 30% lungo tutta la penisola. Come se non bastasse numerose sono state anche le segnalazioni di parassiti che hanno attaccato le piante rovinando la qualità del prodotto.
LA SITUAZIONE A SAN SALVO – Per quel che riguarda la situazione sansalvese si possono ora, terminati i processi di raccolto e spremitura delle olive, tirare le somme. Purtroppo i dati emersi non sembrano essere troppo distanti da quelli ipotizzati e poi confermati da Coldiretti.
Abbiamo chiesto informazioni direttamente a Piero Pagano, responsabile Commerciale Vitivinicolo-Oleario della cooperativa Euro Ortofrutticola del Trigno. I dati forniti sono di due differenti tipi: da un lato si ha il valore delle olive raccolte e destinate alla pigiatura, dall’altro si trova la quantità delle olive acquisite e trattate semplicemente per essere rivendute intere.
Per quel che riguarda le olive pigiate ci si trova dinanzi ad una flessione della quantità di circa il 50% rispetto allo scorso anno. Tuttavia la resa media è rimasta simile a quella del 2013, attestata intorno al 12,5%. Numericamente si parla di circa 4000 quintali di olive, di qualità scelta, dai quali sono stati prodotti circa 490 quintali di olio extra vergine. Nel corrente anno solo una piccola quantità è stata lasciata, dai soci, alla cooperativa che si occuperà di venderla nel suo spaccio. Passando al dato riguardante le olive da rivendere intere per la salamoia o altri usi si parla di una quantità di frutto equivalente ad un terzo di quella raccolta nel 2013. Anche in questo caso si è passati dai 12000 quintali dello scorso anno ai 4000 attuali. A causa di questa scarsezza di prodotto ci sono stati frantoi che hanno deciso di non aprire per non ottenere esclusivamente delle perdite. Le olive che sono andate a male, nella maggior parte dei casi, non sono state proprio raccolte oppure sono state abbandonate nei campi di appartenenza una volta cadute al suolo.
Alla luce di tutto ciò, logicamente una domanda sorge spontanea: come mai si è verificata questa netta flessione nella raccolta delle olive? A quanto pare la motivazione principale è stata, come anche nel resto della nostra penisola, la presenza di un parassita, la cosiddetta 'mosca'. Questo parassita ha svuotato i frutti di tutta la polpa utile. Inoltre anche i repentini rivolgimenti climatici hanno reso difficoltoso lo sviluppo dei frutti sulle piante, si badi non l’effetto serra, bensì i bruschi salti di temperatura. Tuttavia la qualità del prodotto finale si aggira comunque su buoni livelli perché, come ci spiega Piero Pagano, si può sempre tagliare l’olio per aumentarne la raffinatezza a patto che la base di partenza sia piacevole al palato e non superi un certo grado di acidità . Questo è un lavoro che permette anche all’olio proveniente dall’estero di essere registrato come Made In Italy proprio perché subisce una lavorazione nel nostro paese.
Ultima questione da annoverare è anche il punto di vista dei coltivatori. Non a caso abbiamo raccolto informazioni presso l’ufficio CIA (Confederazione Italiana Agricoltori) di San Salvo, dove abbiamo scoperto che sono state presentate numerose domande, da parte degli agricoltori, per ottenere indennizzi, ma senza esito giacché non è stato dichiarato lo stato di calamità naturale.