Partecipa a SanSalvo.net

Sei già registrato? Accedi

Password dimenticata? Recuperala

Caso profughi, torniamo ad essere umani

Intervista a Valentina di Petta, collaboratrice nei centri di accoglienza temporanei gestiti dalla Cooperativa Sociale Consorzio Matrix

Condividi su:

La settimana scorsa abbiamo assistito ad un genocidio proprio davanti casa nostra e il mar Mediterraneo è divenuto la tomba di circa 700 profughi, inghiottendo e affogando  i sogni, le speranze e le aspirazioni di uomini, donne e bambini in fuga verso un mondo migliore. Non c’è da meravigliarsi dell’indifferenza e del menefreghismo di troppi di fronte ad un evento orribile come questo, delle terribili affermazioni razziste che sono state vomitate per commentare l’accaduto né se sono stati messi nuovamente in discussione i centri di accoglienza della nostra zona. C’è da meravigliarsi per la spaventosa mancanza di UMANITÀ, che è l'unico confine che dobbiamo continuare a difendere.

Troppo spesso si parla dei centri di accoglienza soffermandosi solo ai titoli o a ciò che si sente dire dal vicino, generando e diffondendo informazioni per lo più erronee. È  giusto quindi dare la parola a chi in questi centri vi lavora e collabora.

Valentina Di Petta è una ragazza di San Salvo che lavora nei centri di accoglienza temporanei gestiti dalla Cooperativa Sociale Consorzio Matrix (Lentella, Palmoli, Schiavi d’Abruzzo e Carunchio) in cui sono ospitati ragazzi di varia etnia, provenienti dal Bangladesh, Pakistan, Mali, Eritrea, Gambia e Ganha. Valentina fa parte dell’équipe multidisciplinare e si occupa principalmente delle attività ricreative, proponendo laboratori artistici esperienziali in cui l’arte è intesa come strumento per conferire forma e colore alle emozioni.

Intervista:

Quali attività svolgono i profughi quotidianamente nei centri in cui lavori?

I ragazzi dei centri di accoglienza partecipano regolarmente e con interesse alle lezioni di italiano e ai laboratori di arte e musica: sono canali espressivi utili per veicolare le emozioni e per trovare un equilibrio tra mondo interno e mondo esterno, perché c’è entusiasmo, istintività e quindi verità.Tutte le mattine i ragazzi, volontariamente, svolgono a turno lavori socialmente utili come la potatura degli alberi, la riqualificazione delle aree urbane, la pulizia delle strade e tutto ciò che gli si richiede. Sentono fortemente l’esigenza di rendersi utili e parte integrante del nostro territorio, perché loro per primi sanno di essere stati accolti e aiutati, è quindi un modo per dire grazie, per ricambiare l’ospitalità ricevuta.Inoltre il loro coinvolgimento in attività ricreative e sportive diventano un momento di confronto molto utile per un interscambio tra le diverse culture di appartenenza.

Qual è lo stato d’animo dei rifugiati?
Sono ragazzi intelligenti alcuni di loro parlano tre lingue (inglese francese e italiano), hanno il desiderio di integrarsi nel territorio che li sta ospitando, altri aspettano il permesso di soggiorno per andare via, per trovare lavoro fuori dall’Italia e altri ancora hanno avviato la procedura per richiedere asilo politico.
Faticano a raccontare come sono arrivati qua, tendono più a raccontare cosa li ha spinti a scappare, anche se i motivi li conosciamo bene. Mostrano con fierezza le foto dei loro familiari che sono stati costretti ad abbandonare. Alcuni hanno il terrore di vedere il mare ancora una volta, perché riaffiorerebbe in loro il ricordo della dura traversata che hanno affrontato.
Un ragazzo ghanese di venticinque anni spontaneamente mi ha raccontato la sua storia. Ha lasciato il suo Paese, una moglie e due figli piccoli per andare in Libia a lavorare. Lì ha trovato una situazione drammatica e dopo aver messo da parte i soldi che servivano per salire sul barcone ha lasciato la costa libica. Una lunga traversata in mare soffrendo il freddo e la fame e come se non bastasse l’imbarcazione si spacca sul davanti mentre si trovano vicino a Tunisi, mi dice che molti ragazzi sono morti, perche il loro cuore non ha retto alla paura. Il viaggio prosegue verso la Sicilia, dove sono accolti nel centro di prima accoglienza. Paura, sofferenza e disperazione che si alternano a sogni e speranze, alla forza e al coraggio di recarsi da solo in una terra straniera. Condividere con loro tanti momenti diversi arricchisce ogni giorno il mio tesoro emozionale.

Cosa pensi che possa fare l’Unione Europea riguardo agli sbarchi?
L’Unione Europea è formata da ventotto stati membri non solo dall’Italia, il nostro Paese sta facendo tanto per far fronte agli sbarchi dei profughi, ormai all’ordine del giorno, ma non può farsi carico da solo di questi esodi. L’UE deve fare di più, deve impiegare maggiori risorse per la grande emergenza che interessa la nostra nazione. In questi giorni si parla di missione militare per fermare gli scafisti prima ancora della partenza distruggendo i barconi. Penso che un efficace impegno nella cooperazione allo sviluppo al fine di andare ad agire concretamente sulle cause strutturali delle fughe sarebbe più auspicabile di uno scarso aiuto a fatto compiuto.

Cosa pensi dei commenti negativi riguardo alla presenza dei profughi in Italia e in particolare nella nostra zona?
Sui social leggo commenti di una crudeltà inaudita e mi domando come sia possibile, soprattutto tra i giovani, provare tanto odio e tanta rabbia. E’ vero che stiamo vivendo un periodo storico difficile, ma non esiste un momento sbagliato per fuggire dalla guerra, dalla crudeltà e dalla fame, ed è assurdo pensare che la causa del degrado generalizzato dell’Italia sia originato dalla loro presenza, la risposta va trovata altrove.
Non possiamo chiudere gli occhi davanti al dolore degli altri se si tratta di esseri umani, se fossimo noi al loro posto cambierebbero le prospettive? Queste persone che scappano rischiando la vita, perché in molti casi davvero l’alternativa è la morte, non vengono fino a qui per una gita di piacere! Mi domando perché quando i giovani di questo Paese vanno all’estero alla ricerca di un lavoro e di un futuro migliore sono considerati coraggiosi, mentre queste persone che lottano per la sopravivenza non sono degne di stima e di rispetto, perché non possono sperare come noi in un futuro migliore? Ho sempre creduto che i confini mentali siano più limitanti e delimitanti dei confini geografici. Jean-Jacques Rousseau sosteneva: "Uomini siate umani, è il vostro primo dovere; siate umani verso tutte le condizioni, verso tutte le età, verso tutto ciò che non è estraneo all’uomo."

Condividi su:

Seguici su Facebook