Due vedove sono protagoniste della santa Liturgia di oggi. La loro situazione sociale era particolarmente drammatica in Israele, prive di appoggi e soggette a prepotenze. Nella prima lettura, una si priva del necessario per assistere il profeta Elia. Nel vangelo, un’altra vedova si priva di quanto aveva, per fare l’elemosina al tempio.
Nel cortile del tempio di Gerusalemme c’erano tre cassette “ufficiali” per l’elemosina. Gesù osserva la gente e ferma il suo sguardo soprattutto sulle vistose elemosine dei ricchi e con sferzante ironia colpisce cinque loro boriosi e solenni atteggiamenti, avvolti solo all’esterno di religiosità e onestà, ma all’interno colmi di ambizioni e superbia. Desiderio di farsi vedere e notare, di accaparrarsi stima e ottenere vantaggi più o meno subdoli possono annullare molti anni di fede e di generosità. Il Signore non dà molta importanza all’azione che si fa, quanto all’intenzione con cui viene fatta.
Egli guarda il cuore, l’interno della coscienza. Se gli uomini possono essere tratti in inganno, Lui no. È necessario che nella nostra vita spirituale ci esaminiamo per verificare i motivi, le intenzioni con cui ci muoviamo, nei confronti di Dio e degli altri. Anche se non arriviamo ad atteggiamenti di ipocrisia, che simulano buoni sentimenti per ottenere apprezzamenti e favori, si possono insinuare lentamente, nelle nostre pratiche di pietà e nei gesti di amore verso gli altri, atteggiamenti di vanità, provocati dalla eccessiva stima di se stessi e dal desiderio frivolo e smoderato di lodi.
Gesù fa notare che, mentre i ricchi, nelle elemosine, non mettono in gioco se stessi e danno solamente “qualcosa” del loro superfluo e del loro patrimonio guadagnato ingiustamente (Divorano le case delle vedove Mc 12,40), la povera vedova dona il suo poco, che è tutto per lei, mettendo in gioco il suo presente e il suo futuro.
È la celebrazione della fiducia e della speranza, le virtù tipiche del povero delle beatitudini, di colui che non fonda la sua sicurezza nei beni materiali, ma solo sulla Provvidenza, come ci ha insegnato lo stesso Maestro: “Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Mt 6,33). L’elemosina della vedova è pulita: senza doppi fini, senza bisogno di ungere per la carriera, senza ritorni di immagine. Fa la sua offerta nell’anonimato più assoluto, nell’indifferenza più totale degli uomini! Ma c’è uno sguardo che la segue: quello di Gesù, che è una grande benedizione e una grande consolazione, per lei come per noi, quando agiamo per amore di Dio e degli altri, anche se ignorati dal mondo intero. Il Vangelo ascoltato si apre con una singolare notazione: “la folla numerosa lo ascoltava volentieri” (Mc 12,37). Perché? Gesù toccava il cuore della gente perché l’amava a tal punto da dare la sua stessa vita per loro.
Ascoltare il Vangelo, e ascoltarlo volentieri, è decisivo per la salvezza. Già il Siracide esortava l’uomo saggio ad “ascoltare volentieri la parola divina” (Sir 6,35). Il nodo del problema è sempre nel cuore dell’uomo. Ossia se sente il bisogno di essere salvato. L’indifferenza non è mai neutra; è molto di più, è abbandono.
Gesù ha fissato i suoi occhi sulla vedova che dava la sua offerta per il tempio. La vede mentre pone nelle mani del sacerdote due soli spiccioli. Nessuno, ovviamente, vi fa caso. Non è di famiglia nobile o di casa reale per attirare l’attenzione; non appartiene al mondo delle persone ricche o famose per essere notata. Non conta nulla. Se qualcuno dei passanti l’ha vista, l’avrà anche giudicata male. Cosa ha dato? Solo due spiccioli! Nulla, rispetto alle sostanziose offerte che i ricchi ostentavano. Ma quella donna, insignificante agli occhi dei più e magari anche disprezzata, è guardata con affetto e ammirazione da Gesù. Solo da Lui. Neppure i discepoli si accorgono di lei. Possiamo immaginare Gesù che al vedere la scena chiama gli amici perché rivolgano l’attenzione a quella vedova. Ai discepoli, distratti o attenti solo a ciò che fa impressione, Gesù insegna a guardare con amore e attenzione anche le cose più piccole. È lo stesso sguardo di Dio, che con sollecitudine si prende cura dei poveri, come abbiamo ascoltato nel Salmo 145, una vera icona dell’amore di Dio per i poveri. Con la solennità dei momenti importanti, ben diverso è il giudizio degli uomini!,
Gesù dice: “In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere” (Mc 12,44). Non ha trattenuto per sé neppure uno dei due spiccioli. Ella, a differenza degli altri e di tutti noi, ha amato Dio con tutta la sua anima e tutte le sue forze, sino a dare tutto quello che aveva. In una società che insegna a trattenere per se stessi, il dono della vedova e le parole di Gesù, perché si ha sempre bisogno delle parole del Signore, per capire anche le cose semplici, ci indicano quanto siano vere le parole di Gesù riportate negli Atti degli Apostoli: “Si è più beati nel dare che nel ricevere” (At 20,35). Questa povera vedova, al contrario dell’uomo ricco che “se ne andò triste” perché aveva molti beni e volle conservarli per sé (cfr Mc 10,22), donando tutto, ci insegna come amare Dio e il Vangelo. Ella si allontanò felice. Non era in verità vedova. Agli occhi degli uomini appariva tale. Su di lei si erano posati gli occhi d’amore di Gesù. Signore, concedimi di gustare la stessa felicità di quella vedova, sapendo dare il mio povero cuore interamente a Te.