Martedì, ore 17.35 arriva una chiamata al telefonino. “Domani vieni a fare lo spot di Leone?”. “Non mi ci vedo ma se serve, vengo”. “Sì Serve”. “Ok vengo”. I ripensamenti sono tanti sino all’ultimo secondo, “chiamo e disdico tutto”. Invece, mercoledì’ mattina alle 5.30 ci ritroviamo in 5 in via Duca degli Abruzzi a San Salvo per partecipare allo spot.
Il tempo di un caffè e ci avviamo per raggiungere la vicina Vasto. Arriviamo in una stanza del Palazzo D’Avalos adibita a camerino. Sono già tutti al lavoro, parrucchiere, costumista, truccatrice, e via di seguito. Alcuni sono già vestiti con l’abito di scena (il pigiama e per alcuni anche la vestaglia) e attendono, in fila il proprio turno per passare dalla truccatrice e dal parrucchiere.
Tra le altre comparse ci sono amiche e vecchie conoscenze. Le classiche domande “e tu che ci fai qui?”. “Ah! Sapessi!... “. Il costumista ci osservava, se ci eravamo portati un pigiama da casa cercava di immaginarci con quel pigiama se gli sembrava ok lo indossavamo altrimenti ce ne procurava un altro.
Quando eravamo tutti pronti con pantofole e pigiami, struccati con giusto un filo di fard, e “spettinati ad hoc”, Francesca, una dello staff della produzione, ci conduce in piazza Diomede dove è già pronta una sorta di gru per le riprese dall’alto e stanno attrezzando delle tavolate per la colazione all’aperto. Tovaglie bianche che esaltavano i colori dei cesti di frutta, vasi di fiori e stoviglie.
Francesca è colei a cui dobbiamo rivolgerci per qualsiasi dubbio e necessità. Uno dello staff ci avvisa”adesso faremo delle cose molto noiose”. Cominciano a girare le prime scene. Ognuno portava in mano una tazza da latte, o un cesto di frutta, o una caffettiera, o una brocca di latte, o un vaso di fiori o una sedia e chiacchierando allegramente dovevamo incamminarci con passo spedito verso le tavolate. La scena l’abbiamo ripetuto più volte e in più angolazioni: talora restando fermi fino a un metro e mezzo dalla tavola, altre volte sedendoci e passandoci zucchero, frutta, succhi, biscotti e quant’ altro.
Finite le scene dall’alto tutti scendono dalla gru. Chiedo chi di loro è Leone Balduzzi. Lo ricordavo ancora bambino quando la mamma lo portava dalla nonna, una vicina di casa dei miei genitori, “za Minucc”. Conserva ancora lo sguardo sveglio di allora. Non è un regista che sale su un piedistallo ma si mischia con il suo staff, ascolta consigli di cameraman e collaboratori. Nel girare le varie scene diventa quasi uno spettatore ma con le idee molto chiare sui risultati da ottenere. Sono curiosa di sapere come e perché quel bambino ha scelto di diventare un regista che va riscuotendo diversi successi a livello nazionale. Chissà se questa vena artistica era nei suoi geni (probabilità non assurda se si pensa all’omonimo nonno paterno) o se è arrivata così per caso o nell’osservare lo zio materno (Angelo Pagano) che organizzava rappresentazioni teatrali.
Un quarto d’ora di pausa e nel frattempo arrivano anche i protagonisti compresi dei bambini. Si ritorna tutti in scena. Ora comincia davvero a diventare noioso ripetere una scena un sacco di volte anche perché adesso sono coinvolti dei bambini piccoli e quindi più difficili da gestire. Nel frattempo tra un ciak e l’altro, ci si scambiano esperienze di vita, sorrisi e battute. C’era Fiorangelo che con il suo, continuo parlare “teneva allegra la compagnia”. Una bellissima ragazza tunisina (non a caso il significato del suo nome è in italiano “sorriso”), presente come comparsa insieme al suo ragazzo, spargeva sorrisi a tutti e offriva biscotti anche ai passanti senza porsi troppi problemi. A un certo punto per evitare “colpi di scena non programmati” hanno deciso giustamente di transennare la zona.
I passanti si fermavano incuriositi a vedere lo spettacolo inaspettato in piazza. Per la pausa pranzo alle comparse arriva l’ottima pizza di uno dei panifici più famosi di Vasto.
Dopo la pausa si torna di nuovo in scena cambiando piazza e contesti di scena.
È incredibile il tempo, le persone, il lavoro, i macchinari e le professionalità che sono coinvolte per giungere a uno spot che dura solo trenta secondi. Spesso riusciamo a immaginarcelo ma viverlo, anche solo in minima parte è un’altra cosa.
Foto di Giomix68