Mio cugino Pasquale Di Giandomenico, era un cacciatore e nella sua casa non mancava mai un cane. Il cane di cui racconto la storia si chiamava “Tavo”, come il fiume che scorre al mio paese.
Era il tempo in cui Badoglio firmò l’armistizio senza pensare alle conseguenze dei nostri soldati sbandati e fuggiaschi. Pasquale si trovava a Gallipoli, e come gli altri soldati si misero in cammino per tornare a piedi a Moscufo, non precisando il giorno di arrivo a causa degli imprevisti che poteva incontrare.
La lettura della lettera avvenne ad alta voce come pure i commenti. Tavo guaiva ed ascoltava, ma nessuno ci fece caso perché i familiari facevano pronostici per il suo arrivo.
I discorsi sui soldati in cammino erano all’ordine del giorno e Tavo guaiva ed ascoltava.
Moscufo è situata in una collina, il trenino elettrico Penne-Pescara passava a 5 chilometri dal paese ed a quei tempi faceva servizio automobilistico, dalla stazione al paese, un camioncino con le panche e la stazione d’arrivo era fuoriporta dove abitavano i familiari e ….il cane. Venire a piedi e con mezzi di fortuna da Gallipoli era un’impresa, nè si poteva calcolare il giorno di arrivo. Tavo ascoltava, guaiva e muoveva la coda in segno di gioia. Ogni giorno all’orario stabilito per l’arrivo dell’autobus, si recava alla piazzetta per vedere chi arrivava. Poi tornava a casa e dormiva tranquillo vicino alla porta.
Un giorno il cielo era coperto e piovigginava per cui la porta d’ingresso era chiuso e il cane voleva uscire ma nessuno gli diede retta perché il terreno era bagnato e i suoi piedi avrebbero sporcato il pavimento appena pulito, ma appena gli fu possibile, scappò fuori, si nascose e non volle più rientrare a casa. “I soliti capricci dei cani da caccia”, dissero i padroni. Arrivò l’ora dell’autobus, il cane non faceva altro che entrare e uscire, era proprio irrequieto e mio zio commentò ancora “nostalgia della caccia … Si continuò il pranzo e alla fermata dell’autobus c’era Tavo che aspettava il suo padrone! Finalmente egli arrivò.
Fu una sorpresa e una mortificazione dell’amore umano in confronto alla fedeltà del cane. Tutti in famiglia videro rientrare in casa Pasquale preceduto dal suo migliore amico!
Lacrime di gioia ma anche di mortificazione e affiorò alla mente il vecchio detto: “più conosco gli uomini, più amo le bestie”.