Ai miei tempi le maestre di ruolo si ammalavano raramente e le supplenze erano un miraggio molto lontano. Quando mi arrivò la nomina per un intero anno scolastico in una sperduta contrada di Loreto Aprutino, mi sembrò di vincere un terno al lotto.
Come sempre, papà mi accompagnò in sede col trenino di Penne-Pescara, scendemmo alla stazione di Loreto e proseguimmo per la contrada Scannella, dove dovevo restare per l’intero anno scolastico. Cammina, cammina, cammina ma la contrada Scannella era ancora lontana. Per farla breve camminammo quasi un’ora prima di vedere un gruppo di case sopra la collina. Papà aveva captato il mio sgomento e come sempre cercava di convincermi dicendo che poter lavorare era una fortuna, ma le prime nomine erano sempre le più scomode, in compenso facevano guadagnare il doppio del punteggio. Finalmente arrivammo in sede e trovammo 15 bambini ad aspettarci ed un cane che chiamai Argo, davanti alla porta della scuola. I genitori erano tutti in campagna per i soliti lavori agricoli e i bambini aspettavano la maestra. Una vecchina seduta davanti a un grande cesto tagliava ramoscelli di ulivo per gli animali.
Gentilmente mi disse che se avevo bisogno di qualcosa, era a mia disposizione.
In breve tempo il sorriso degli alunni, la gentilezza della vecchina, il rispetto dei genitori degli alunni e la bellezza silenziosa della natura mi fecero ambientare.
Vivendo nella semplicità si scoprono altri valori. Ero felice di vivere a Scannella con quella semplice brava gente. Per carattere ho sempre cercato di guardare il lato positivo della vita. Ai primi di novembre, i miei padroni di casa mi dissero che se volevo stare un po’ più calda, potevo andare a stare con loro nella stalla. Accettai volentieri. La stalla non era un luogo sporco come spesso si pensa, si sentiva il ruminare dei buoi, qualche belato di di agnellino che non voleva dormire, l’odore del fieno, e la luce del lume a petrolio che illuminava il nostro “soggorno”. Si chiacchierava, si lavorava a maglia fino alle nove/dieci e poi ognuno andava a dormire nella propria stanza. Gli uomini andavano a dormire prima perché alle quattro dovevano alzarsi per andare ad accudire gli animali. Questo era grosso modo il mio vivere in semplicità. Ma accedevano anche delle cose che è giusto ricordarle e sorridere. Un certo “Zapito la civetta” riportò a Scannella una radio a batteria e da tecnico spiegò a tutti come funzionava e come attraverso le “onde elettromagnetiche” il suono arrivava a noi e ascoltavamo le canzoni.
Ci fu una serata di gala nella stalla tutti intorno a Zapito che manovrava la scatola magica. Zi Nicola, il padrone di casa, per tutta la serata restò vicino alla porta socchiusa e non si mosse per tutto il tempo che restammo là. Alla fine della trasmissione chiesi perché era rimasto sempre in piedi e lui mi rispose: “signora maestra tu si istruite ma j so furbe. Si li onde magnetiche ca dette Zapito, vonnè scappà , i er pronte a chiude bbone la porte. …Perciò avete sentite tutte quante la radio picché i nime so fatte scappà le onde magnetiche”. Altro che una lezione universitaria! Sorridendo andai a dormire.
Quando vivevo con loro mi sentivo serena e appagata. Trascorsi così un anno scolastico soddisfatta del mio lavoro guadagnando bene in salute e soldi. A giugno mia sorella, mio cognato e mia nipote Giancarla, vennero a riprendermi con la macchina. Non riuscivano ad individuare la scuola tra tante piccole case tutte uguali. Chiesero a un contadino che lavorava se sapeva dove abitava la maestra. Sabatino rispose: “io sono il figlio del padrone di casa della maestra e tutte le sere veniva nella mia stalla a trattenersi con le donne e restava fino a tardi…”
Grazie al riferimento della stalla, individuarono la mia abitazione e tornammo a casa per le vacanze.
Chi si accontenta di lavorare anche in posti disagiati, apprezzando la bontà e l’onestà dei semplici, non vede i disagi ma sente solo il calore affettuoso della gente.
Ricordi di tanti anni fa.