Scuole medie, entra la bidella (si, allora la chiamavamo così). Qualcuno che prendeva decisioni aveva avuto la brillante idea di proporci la visione del film “Christiane F. - Noi i ragazzi dello zoo di Berlino” e lei ce lo comunicava. Nei primi due Rocky che ci fecero vedere alle medie il messaggio era semplice e, più o meno diceva: se ti alleni e urli ADRIANAAA fortissimo, se riesci a prendere una gallina e, soprattutto, se fai colazione con uova crude, magari prenderai botte per tutti i 15 round, ma alla fine rischierai persino di vincere.
Pensai subito che si trattasse di una sorta di documentario su un giardino zoologico tedesco. Ed infatti quello era! Solo che gli animali erano della nostra stessa specie (esseri umani) e le gabbie avevano sbarre invisibili ed oppiacee.
Un film in presa quasi diretta sulla vita di un gruppo di tossicodipendenti. Mi diede un colpo allo stomaco davvero forte. Un film rivoltante. Claustrofobico anche quando stavano in strada. E poi il messaggio qual era? Non drogarsi!? E ci voleva tutto questo carnevale per esprimere questo concetto!?
Ma, come disse un nostro illustre conterraneo, “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori” ed in quel mare di letame ho incontrato LUI. C'era nella colonna sonora e nel concerto in cui vanno i nostri eroi. E c'era l'inno urbano per eccellenza: HEROES. Quella chitarra distorta, continua e lancinante, quell'urlo, quel testo, quella speranza allucinata di nuotare come delfini.
In quel film, in quel concerto, Bowie sembrava essere il cantore del disagio (frettolosamente, ottimisticamente ed erroneamente definito “giovanile”). Vittima e carnefice, menestrello funebre e decadente di una generazione.
Passato il disgusto per il film decisi di approfondire la produzione di Bowie. Per inciso: erano tempi in cui, per approfondire, c'era solo carta. I computer stavano solo in banca o in ospedale ed i telefonini li vedevi solo alla tv quando trasmettevano “Spazio 1999”. Erano anni in cui il telecomando della televisione di casa tua eri tu!
Iniziai dalla trilogia berlinese ed andai sempre più indietro. Mentre mi accostavo alla sua sterminata produzione mi si apriva un mondo che non si è mai chiuso. La seconda voce più bella di sempre, gli intervalli di quinta, i passaggi da minore a maggiore, i fiati usati come violini...un genio! Negli anni ottanta la svolta pop (e che pop!) e la consacrazione di massa.
Un uomo tormentato che ha attraversato tutte le forme d'arte possibili, tutti i generi musicali e sessuali esistenti e che ha racchiuso le sue ossessioni in una serie di alter-ego e periodi. Attore, pittore, cantautore, polistrumentista.
Probabilmente l'artista più influente del secolo. Un uomo che cadde sulla terra e che ora sta tornando a casa.
“And the stars look very different today”