È di qualche giorno fa la notizia di un appello del Presidente della Pilkington Italia spa di San Salvo, dott. Graziano Marcovecchio, per il riconoscimento, cancellato dalla legge di stabilità 2016, del 10% supplementare per i contratti di solidarietà.
La cosa potrebbe sembrare degna di rilevanza e di appoggio da parte di tutte le forze politiche ma ha, al contrario, del ridicolo se pensiamo che viene fatta da chi degli operai non è mai interessato nulla se non sul piano del serbatoio elettorale per i componenti della sua famiglia.
I contratti di solidarietà in una azienda come la Pilkington di oggi non hanno ragione di esistere, una azienda che vanta oltre 2000 dipendenti e altri 700 nell’indotto, un’azienda che, nonostante la crisi del settore auto, ha commesse e innovazioni tecnologiche che la mettono ai vertici del settore industriale italiano.
Ma la cosa più ridicola è che Marcovecchio, che è bene ricordare essere da sempre esponente della destra vastese, anche se con un impegno di “retroguardia velata”, utilizza un famoso slogan degli anni ’70 “LAVORARE MENO LAVORARE TUTTI” per elemosinare quel 10% sull’integrazione ai contratti di solidarietà e paventare (ricattare ci sembra la parola più giusta) la fuoriuscita di 70 unità dalla produzione.
Ma a questo punto è necessario fare un po’ di storia. La Pilkington Italia spa venne costruita negli anni ’70 dall’EFIM, vale a dire dallo stato italiano, con il nome SIV (Società Italiana Vetro) e nonostante non abbia mai conosciuto vere e proprie crisi (basti pensare che il solo stabilimento di San Salvo riusciva a contenere le perdite degli altri stabilimenti sparsi nel mondo e soprattutto quello di El Ferrol in Spagna, voluto e realizzato per “accontentare” la politica clientelare del governo spagnolo) fu “svenduto” (210 miliardi di lire a fronte di un fatturato di 750 miliardi e un utile netto di 3,7 miliardi) negli anni delle dismissioni delle aziende di stato a poche lire all’attuale gruppo attraverso un paio di passaggi.
Pertanto questa azienda è frutto dei sacrifici dei lavoratori italiani e che il Marcovecchio non ha nessun titolo, se non quello affidatogli dalla borghesia capitalista, che si è appropriata di un’azienda costruita con i soldi dei lavoratori.
Ma come mai il dott. Marcovecchio non si è preoccupato dei lavoratori quando la sua azienda e sotto la sua direzione ha fatto licenziamenti fittizi nei confronti di onesti lavoratori?
Come mai il dott. Marcovecchio non ci dice come viene utilizzata la solidarietà e come è stata utilizzata la cassa integrazione di qualche anno fa. O forse i soldi che lo Stato emana attraverso gli ammortizzatori sociali servono per ripianare le multe che la Pilkington ha avuto nel 2008 (357 milioni di euro per violazione al diritto alla concorrenza), pagare ferie e festività ai lavoratori ecc ecc.
Se davvero il dott. Marcovecchio pensa che lo slogan dei comunisti degli anni ’70 “lavorare meno lavorare tutti” e da lui riproposto con forza nella lettera aperta del 9 gennaio sia valido e vada attuato, ci attendiamo che proponga al più presto:
- riduzione dell’orario di lavoro delle maestranze a parità di salario;
- il ristabilimento di tutte le regole democratiche di accesso al lavoro e il reintegro degli operai ingiustamente licenziati;
- l’eliminazione di qualsiasi appalto per lavori all’interno dello stabilimento, che sono fonte di ricatto sia nei confronti dei lavoratori, sia nei confronti dei titolari delle ditte appaltatrici “impossibilitate a partecipare alle elezioni per favorire qualche parente”, e il passaggio diretto dei lavoratori alle dipendenze della Pilkington