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La festa del Corpus Domini

Commento al vangelo

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La festa che celebriamo oggi, ossia la Solennità del Corpo e Sangue di Cristo, stuzzica (è proprio il caso di dirlo) la nostra riflessione su un punto a noi molto caro: il cibo. Oggi si parla ci un cibo, per la precisione, del cibo per eccellenza, l’eucaristia.

In questo giorno la chiesa punta la sua attenzione mediante la liturgia al mistero che tutti giorni celebra necessariamente, come un innamorato ha bisogno tutti i giorni di vedere e amare la sua innamorata. La liturgia di oggi, secondo una delle possibili letture che possiamo proporre, in filigrana ci mostra come i gesti che Gesù compie nell’episodio della moltiplicazione dei pani non siano altro che i gesti che i cristiani da duemila anni ripetono nelle sinassi eucaristiche.

Il tutto è raccontato con dovizia di particolari da Paolo, nella seconda lettura, il quale raramente riporta dei brani specifici del vangelo (anche perché molte lettere vennero scritte prima della stesura dei vangeli) ma in questo caso ci tiene particolarmente a dire che ciò che trasmette gli è stato a sua volta trasmesso da altri, e cioè il gesto del tutto particolare e inaspettato di Gesù. All’apice del dolore e del tradimento Gesù dona alla chiesa l’eucaristia, il suo corpo.

Ciò che donerà ritualmente verrà significato materialmente nel sacrificio del giorno successivo, quando il crocifisso davvero donerà il suo corpo per la salvezza dell’umanità. Il tema del dono ritorna nel vangelo di oggi, soprattutto nel dialogo tra Gesù e i suoi, cuore della lettura odierna. Gesù ordina qualcosa di incomprensibile e infattibile: date da mangiare alla folla. I discepoli (se non lo prendono per pazzo) si schermiscono, pensano di comprare, di andare fuori a prendere qualcosa per nutrirli, non comprendono che il vero dono è il dono pieno di se stessi. Cari fratelli, care sorelle, non è così anche nella nostra vita? Non lo è stato anche nella storia dei santi?

San Francesco continua ad alimentare una folla immensa di cristiani da 700 anni, e con lui tante altre figure che donando tutto di sé, offrendo quel poco che siamo nelle mani giuste, quelle del moltiplicatore, per mezzo dello Spirito Santo, sono in grado di nutrire folle sterminate e di raccoglierne anche il resto. Dietro questo racconto c’è il cammino del popolo ebraico raccontato nel libro dell’Esodo ( in particolare l’episodio della manna), quando è Dio stesso a nutrire il popolo affamato e recalcitrante; questa volta c’è Gesù, che si mostra vero Dio compiendo lo stesso gesto, ma questa volta per mezzo dei Dodici: “Date voi stessi loro da mangiare”.

È la chiesa che ci fornisce questo cibo, è la chiesa tramite di grazia! È la chiesa, corpo di Cristo, a sfamarci. Come diceva sinteticamente H. De Lubac, uno dei più grandi teologi del XX secolo: la chiesa fa l’eucaristia, l’eucaristia fa la chiesa. La nostra messa sarà davvero messa quando inizieremo a donare tutto noi stessi, a fidarci completamente di Gesù colui che ha inventato una nuova operazione matematica, quella della carità: per moltiplicare bisogna (con)dividere.

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