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Può l’oro trasformarsi in piombo?

Intervento a latere in un dibattito politico tra sordi

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Pur se con versioni talvolta variabili, si dice: “La parola è d’argento, il silenzio è d’oro”.

Questa antica massima ci insegna che, in determinate circostanze, è assai più prezioso il silenzio rispetto a certi discorsi, spesso buttati lì come reazione immediata a qualcosa di cui s’è solo sentito dire o di cui s’è letto di sfuggita.

Cose che capitano sempre più spesso, soprattutto in questo tempo in cui l’imprescindibile necessità di una costante connessione alla rete condanna chi ne dipende a reazioni poco meditate... pur di testimoniare a se stessi (ancor prima che ai confratelli del network di turno) la propria presenza, se non anche la propria esistenza in vita.

La compulsione che ne deriva, per questi incontinenti “digitambuli” (il termine l’ha inventato Michele Serra, “Ognuno potrebbe” - Feltrinelli 2015), spesso determina ‘messe in onda’ di pensieri, frasi, discorsi o anatemi, più o meno disarticolati perché esenti dal preventivo vaglio di qualsiasi  rilettura (meglio se autocritica). E succede così, sempre più spesso, che sul web si debbano leggere anche le cose più improbabili, quand’anche non assurde. E il mio pensiero corre, inevitabilmente, al già citato vecchio adagio: quello del ‘silenzio d’oro’.

Ho già avuto modo di sottolineare, in altri miei interventi, che è assolutamente estranea alla mia volontà il desiderio di inserirmi nelle polemiche della politica cittadina. La polemica non mi interessa, soprattutto quando è fine a se stessa; testimonia in tal senso la mia ‘non residenza’ sansalvese che perciò non può essere sospettata di interessi di sorta. Da ospite quale sono, mi piace semplicemente cercare di capire il perché di certe cose che osservo e che mi rimangono incomprensibili. Fra queste, appunto, certa polemica fine a se stessa.

In ogni comunità civile e democratica è una certa logica che guida l’azione della maggioranza al governo e motiva la reazione della minoranza che si oppone: come in ogni gioco di ruolo che si rispetti ciascuno deve interpretare il ruolo che di volta in volta gli tocca. Questo però, a mio giudizio, non deve significare necessariamente conflitto. Sempre che entrambi i giocatori interpretino il loro ruolo fedelmente, a favore dell’intera comunità che li ha scelti per rappresentare (ciascuno secondo le proprie premesse/promesse) l’interesse dell’intera comunità, e non solo quello della propria ‘fazione’.

Utopia? Forse, ma che bello sarebbe! E quanto utile, per tutti!

Invece mi (ci) tocca leggere (travestiti da istanze di interesse generale) attacchi strumentali personali contro questo o quel politico locale; più propriamente polemiche che denunciano la loro ragion d’essere nell’esclusivo desiderio di gridare il nome di chi guida una giunta di cui si sente il bisogno di sottolineare il colore (penso, per esempio, all’arroventata polemica su palme e punteruolo rosso) giusto per puntare il dito contro qualcuno (il nemico).

Perciò mi chiedo: quando gli estensori di quei proclami specificano “amministrazione di centrodestra targata Magnacca”, pensano che ai cittadini di San Salvo non sia già sufficientemente noto a quale schieramento appartenga la maggioranza e chi la guidi? Come ho già detto, a mio avviso si tratta solo di propaganda politica (legittima, ci mancherebbe), ma certamente sterile per il futuro concreto della comunità.

Spero che, anche in questi casi, si tratti solo di compulsione da internet-dipendenza, ma temo che si tratti piuttosto di miopia strategica. L’immagine che questo battibeccare (improduttivo, secondo me) richiama alla mia mente è quella magistralmente descritta dal Manzoni (cap. III de I PROMESSI SPOSI):

“Lascio poi pensare al lettore, come dovessero stare in viaggio quelle povere bestie, così legate e tenute per le zampe, a capo all'in giù, nella mano d'un uomo il quale, agitato da tante passioni, accompagnava col gesto i pensieri che gli passavan a tumulto per la mente. Ora stendeva il braccio per collera, ora l'alzava per disperazione, ora lo dibatteva in aria, come per minaccia, e, in tutti i modi, dava loro di fiere scosse, e faceva balzare quelle quattro teste spenzolate; le quali intanto s'ingegnavano a beccarsi l'una con l'altra, come accade troppo sovente tra compagni di sventura.”

Paradossalmente, però, in rete capita anche l’esatto contrario. Mi riferisco, cioè, ai tanti interventi di interesse più generale che appaiono su queste stesse colonne che, però, non riescono a generare alcun dibattito. Quasi mai. E non parlo certo dei miei interventi, ma un po’ di tutto quello che sansalvo.net lancia in rete e... puntualmente resta senza commenti, non riesce ad innescare un dibattito, quale che sia, magari criticamente propositivo. Salvo forse, in casi limitatissimi, qualche insignificante e spesso non motivata nota: generalmente un rigo o poco più.

Credo si tratti della conferma di quella mancanza di identità cittadina vera di cui ho già scritto: è lo scotto pagato dalla città alla sua esponenziale crescita demografica dell’ultimo cinquantennio. Mancanza di identità che non riesce a coinvolgere nelle vicende di questa polis quell’insieme di individualità che la popola e che si limita a lamentare (quando lo fa, ma sempre e soltanto nel proprio ristrettissimo circolo di frequentazioni lavorative/familiari) carenze, disservizi, incongruenze, privilegi...

Queste considerazioni mi fanno temere, perciò, che un altro elemento distintivo di questa comunità possa essere la rassegnazione!

Elemento che caratterizza in genere molta parte della società meridionale, se è vero che nel mio amatissimo sud hanno potuto generarsi e prosperare (in misura assai più significativa che altrove) fenomeni che si chiamano clientelismi, mafia, camorra, ’ndrangheta, corruzione... È sufficientemente chiaro quello che desidero dire?

E allora rivolgo un invito ai lettori di questa rubrica, ma non solo a loro: è importante, molto importante, non cedere alla rassegnazione.

Perché le cose possono cambiare.

Ma cambieranno tanto più celermente e con maggiore incisività quanto più ciascuno di noi parteciperà al dibattito pubblico con convinzione e con i modi dovuti: è sufficiente motivare seriamente le proprie proposte senza limitarsi a gridare il proprio risentimento o a urlare la propria protesta (per legittima che sia) magari insolentendo Tizio o Caio.

Per concludere: se è vero che talvolta il silenzio è d’oro, un silenzio prolungato non rischia forse di diventare di piombo?

E allora?

Allora parliamo!

 

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