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Elezioni 4 Marzo

Sulle elezioni del 4 marzo e qualche considerazione sul PD

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Si considerino gli ultimi 10/15 anni e si cerchi di vedere cosa è cambiato. Non c'è più la classe operaia di una volta e non ci sono più i contadini di un tempo; non c'è più la classe media di una volta, non ci sono più i sindacati di un tempo, non c'è più la certezza del futuro, anche la speranza si è inaridita. Ma ci sono più disoccupati principalmente i giovani, crescono i precari, gli inoccupati, molte fabbriche delocalizzano, le migliori vengono comprate da capitali stranieri, i poveri crescono nel numero e nel livello di povertà, le periferie sono abbandonate, la ricchezza, se cresce, si concentra sempre più nelle mani di pochi a scapito dei molti. Conseguenza: tutti questi sconfitti dalla globalizzazione, dalla crisi mondiale e nazionale e dai trattati europei, rivendicano la priorità delle loro ragioni sulle ragioni dell'economia, sulle ragioni dell'Europa, sulle ragioni dell'euro, sulle ragioni dell'accoglienza degli extracomunitari, almeno di quelli che non fuggono da persecuzioni o da zone di guerra. E le rivendicazioni di milioni di elettori hanno peso nelle società democratiche.

Molti e il PD in primis, sostenevano e sostengono, giustamente, che chi ha a cuore i precari, gli inoccupati, i poveri, non può pensare ad altra soluzione al di fuori della crescita dell'economia nazionale. Ma chi queste ragioni  ha assunto e assume a propria identità politica, come il PD, avrebbe dovuto e dovrebbe anteporre la seguente domanda: mentre si aspetta che la crescita economica risollevi tutti, cosa si fa per la sopravvivenza temporanea di chi è rimasto indietro?  Questa domanda, piaccia o no, ha solo una risposta ed è anche una risposta nel pieno dei dettami della Costituzione, di solidarietà e di civiltà nello stesso tempo: garantire che tutti costoro, fino a quel momento, abbiano un reddito che preservi il minimo della loro dignità. Poi del livello, della modalità, del criterio dell'intervento si può discutere, ma non si può prescindere dalla necessità di assicurare a tutti gli italiani una vita minimamente dignitosa, altrimenti milioni di essi, spinti dalla mancanza di prospettive per la loro situazione disperata, saranno pronti ad avventurarsi su qualsiasi percorso che prospetti loro anche un mero barlume di speranza, o peggio possono "sposare" il "niente per me, niente per nessuno" e su questa china c'è un rischio grosso per la tenuta della democrazia stessa. 

A questa domanda ne segue un'altra, poiché non è il caso di aspettarsi grandi aiuti dall'Europa e dato che uscire dall'Europa significa un salto nel buio che potrebbe rivelarsi anche un disastro: da dove si prendono le risorse necessarie per garantire un'esistenza appena dignitosa a tutti i cittadini italiani e nello stesso tempo finanziare la ripresa economica? Anche in questo caso, c'è solo una risposta nel pieno dei dettami della Costituzione (che è fondata sulla socializzazione sia degli utili sia delle perdite) ed anche in questo caso si tratta di una risposta di solidarietà e di civiltà nello stesso tempo: dopo i tagli e la razionalizzazione della spesa pubblica, già affrontati con scarso risultato (si pensi agli sperperi, al doppione Camera e Senato, alle province, alle regioni, alle burocrazie, alle caste che si annidano nella pubblica amministrazione, alle lobby, ecc.) bisogna mettere in atto finanziamenti alternativi,  passare alla redistribuzione nazionale, e mettere in pratica l'aspetto fondamentale della nostra Costituzione che è inclusiva, sociale, keynesiana, che mette gli interessi della collettività al di sopra di qualsiasi altro interesse privato, societario, multinazionale, bancario ed anche europeo (molte norme dei trattati europei sono certamente anticostituzionali, ma i nostri integerrimi giudici dell'alta Corte Costituzionale hanno troppo da pensare ad altro).

Circa un lustro fa, si affacciò all'orizzonte politico una cometa: un certo Renzi Matteo deciso a tagliare in un sol colpo tutti i nodi che strangolavano e strangolano la crescita dell'Italia, riuscendo, con le sue proposte, a colmare di speranza il cuore di milioni di italiani di sinistra e non.  Conseguenza:  riuscì a rimpinguare la platea elettorale di un PD, già allora in crisi, e ad avere anche lui grosse affermazioni elettorali.  Poi,  per colpa di chi o di che cosa (non è il caso di affrontare qui il problema), quella speranza è stata bruciata in gran parte.

Di che meravigliarsi! Semplicemente gli elettori, nelle ultime elezioni, hanno premiato chi è sembrato più motivato e sensibile nel prospettare soluzioni a tali problematiche, come già fecero un tempo verso le proposte di Renzi. Può piacere oppure no, ma la Lega e il M5s hanno mostrato propositi che hanno interessato milioni di elettori, principalmente di quelli di sinistra.

Contrariamente alla vulgata quasi generale: "gli elettori vogliono il PD all'opposizione", le cose stanno in un modo un poco diverso.  Il PD è stato certamente votato da quelli che lo volevano ancora al governo della Nazione, mentre è stato abbandonato da quelli che non ce lo volevano più, pertanto dire che gli elettori vogliono il PD all'opposizione si finisce per dare ragione a chi l'ha abbandonato e torto a chi l'ha votato, il che non sembra una saggia valutazione.

Si è voluto una legge elettorale maggioritaria, quasi come quella della cosiddetta  1^ Repubblica, dove si contava anche con meno del 3% dei voti, ora col 19% dei voti bisogna stare all'opposizione, interpretazione questa non degli elettori, ma dei dirigenti politici. Forse molti ritengono comodo stare all'opposizione in questo momento per risolvere problemi di potere interno. I voti, pochi o molti, vanno sempre spesi per migliorare le condizioni della Nazione,  o almeno ci si deve provare.  

Per quanto detto sopra, dove dovrebbe, oggi, guardare il PD? Prima di tutto verso il M5s che non è sinistra, ma che della sinistra ha raccolto l'elettorato e che dice alcune cose che alle idee della sinistra dovrebbero appartenere. Non per riprendersi i voti, non per appoggiarlo dall'esterno in attesa che cada, ma per proporgli un'esplicita alleanza centrata sulla determinazione di fare subito tutto quello che si può fare in Italia, mettendo al centro della vita politica una maggiore realizzazione della Costituzione. E poi, chi ha più filo tesserà la tela. E se al PD non piace il M5s come interlocutore, guardi pure dall'altra parte, ma deve provare almeno ad entrare in campo. Oppure il PD gioca solo se la fa da padrone?.

Diversamente, al PD non resta che la strategia oppositiva cui in tanti lo sollecitano dall'interno e dall'esterno del partito, una sorta di ritiro nell' Aventino con un velato risentimento punitivo nei confronti degli elettori, mettendo i propri voti al congelatore e impegnando le proprie forze per riorganizzarsi e sperare di tornare forte,  rinnovato e potente alle prossime elezioni (con quale legge elettorale?).

Bruciando adesso i ponti con il M5s, ed essendo certo di non poter riportare la maggioranza assoluta da solo alle prossime elezioni,il PD  sarà costretto, poi, ad accettare un accordo con FI e i suoi alleati,  magari senza la Lega di Salvini (numeri permettendo),  creando una maggioranza che sarà,  quasi certamente, improntata al moderatismo, attenta a non intaccare gli interessi consolidati delle caste (che si appoggiano anche al PD) che detengono potere ed alti redditi al di fuori di ogni criterio di merito, lobby che preferiscono un'Italia arretrata ad un'Italia più moderna che, per essere tale, inevitabilmente metterebbe in discussione i loro privilegi. Con tanto di benservito alla "Costituzione più bella del mondo", utile solo per fare sfoggio di vuota saccenteria nelle conferenze passerella e nei Talk Show televisivi propagandistici, ed essere brandita come clava quando la Costituzione torna utile agli interessi di chi il potere ce l'ha già e la certezza economica pure.

A chi giova? Dove si vuole andare a parare? C'è un disegno?

 

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