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Storia vera di una sedicenne costretta a sposarsi, diventa un romanzo

Ieri l'incontro con l'autrice presso la Casa Lavoro di Vasto. Nell'occasione due internati offrono il gelato per festeggiare il loro onomastico

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Tre anni fa, grazie all’impegno di una docente che per un anno aveva operato all’interno della struttura come insegnante curricolare, un gruppo di sei volontari ha deciso di far diventare la passione per i libri e per la lettura un impegno sociale e l'ha proposta come un percorso per gli internati della Casa Circondariale Lavoro di Vasto. Non sono sempre tutti presenti per i vari impegni di lavoro e di famiglia ma si raccordano in base alle loro esigenze e cercano di garantire la presenza e la continuità del servizio ogni mercoledì pomeriggio.

All'interno di questo percorso oltre a far leggere loro un libro a volte vi conducono anche gli autori. Ieri ha partecipato all'incontro Anna Valeria Cipolla D'Abruzzo autrice del libro “Nate con la coda”, un romanzo ispirato su una storia vera successa alla sua trisava nel 1800 e raccontatala dalla nonna quand'era bambina. All'età di sedici anni, di notte era stata portata in chiesa dai suoi familiari e col fucile spianato, costretta a sposarsi con un uomo molto più grande di lei. Da questo matrimonio sono nati dei figli che accudiva ma non amava perché li considerava frutto di uno stupro. Questi figli invece la amavano profondamente. A 32 anni si ammalò e morì. Quando l'autrice ascoltava questa storia ingenuamente diceva alla nonna “ma non si può cambiare il finale ?”. Ora che è diventata una scrittrice ha fatto diventare questa storia un libro e ne ha cambiato il finale.

L'autrice oltre a parlare del libro ha riportato agli internati anche la sua esperienza personale “io ho sempre letto e avuto una grande passione per la scrittura. Ma nessuno credeva in me! Tutti Mi dicevano che non sapevo scrivere. In età adulta poi mi è scattata una molla e mi sono messa a scrivere. E così ho cominciato a vincere premi letterari e scrivere libri. Anche voi dovete credere in voi stessi e adoperarvi per non ritornare più in questo posto”

Gli internati hanno risposto che non era così semplice perché fuori dal carcere vengono automaticamente etichettati come delinquenti e trovano tantissima diffidenza. Uno di loro ha raccontato che voleva trasferirsi in un altro paese, ma quando hanno saputo che era un pregiudicato non l'avevano voluto.

Alla fine dell'incontro due internati hanno voluto offrire a tutti i costi il gelato perchè volevano festeggiare il loro onomastico. Ieri era sant'Antonio. Uno dei due tra qualche giorno tornerà finalmente a casa dalla moglie e dai suoi due figli, uno di 4 anni e l'altro di soli 8 mesi.

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